Oggi le Camere hanno nuovi Presidenti d’Aula. Si tratta di Gianfranco Fini (Camera) e Renato Schifani (Senato), entrambi del PdL (AN il primo, FI il secondo).
Sorvoliamo su Fini, che rimane un politico sopra la media (la media è di infimo livello, ma Fini riesce a distinguersi per essere meno peggio di molti altri colleghi). Passiamo invece a Schifani.
Renato Schifani è un nome, un perché. Una delle dimostrazioni della verità che in Italia i ruffiani fanno sempre carriera. Questo signore è una delle persone che quotidianamente attacca gli avversari politici, solitamente mentendo in modo spudorato (pardon, volevo dire “presentando la realtà in modo diverso”) e che provvede a correggere il tiro delle sparate che Berlusconi a intervalli regolari provvede ad emettere, affermando che il suo datore di lavoro (pardon, il leader del suo partito) è stato frainteso e correggendo le parole di Berlusconi, dicendo quello che Silvio voleva dire (solitamente, dicendo cose ben diverse dall’interpretazione che un essere umano normale darebbe alle parole emesse dalla bocca del Cavaliere).
Schifani, se da un lato è stato fautore della stabilizzazione del 41-bis (che comunque, per inciso, mi pare pure troppo morbido), dall’altro è stato uno degli autori dell’ignobile legge che rendeva sostanzialmente immuni le cinque più alte cariche dello Stato da qualunque pendenza con la giustizia (all’epoca, tuttavia, l’unica carica dello Stato ad avere pendenze era, guarda caso, il suo datore di lavoro, pardon, volevo dire Berlusconi).
Come mai, dunque, Schifani, con un curriculum simile, pur essendo uno dei più feroci avversari dell’opposizione, è stato eletto ad un incarico delicato e istituzionalmente imparziale, quale la presidenza del Senato (che, per inciso, è il vice del Presidente della Repubblica)? Perché ha preso più voti, d’accordo, ma perché proprio lui?
Noi comuni mortali non possiamo saperlo: possiamo solo ricordare che i presidenti delle Camere hanno una grande autorità sia nei lavori d’aula, sia, soprattutto, nella nomina dei vertici delle Autorità indipendenti (Concorrenza, Comunicazioni, eccetera). Questo rende Schifani l’uomo giusto al posto giusto. Non per gli italiani, certo, ma per Mediaset e le altre lobby è un toccasana. Questo secondo la mia modesta opinione.
Accanto a Schifani (che è un ex DC), altri uomini in carriera sono Fabrizio Cicchitto (ex PSI) e Sandro Bondi (ex PCI), oggi tutti e tre in Forza Italia-PdL. Anch’essi, come Schifani, attaccano ferocemente l’opposizione e correggono il tiro delle sparate di Berlusconi.
Cicchitto, dovendo coordinare Forza Italia, riceverà un incarico da Capogruppo alla Camera, quindi lasciamolo stare. Ma quello che mi preoccupa è Sandro Bondi: Bondi è l’autore di “Una storia italiana”, l’opuscolo che nel 2001 Berlusconi inviò a tutti gli italiani per raccontare in forma epica la sua ascesa. Un immane spreco di carta. Bondi, inoltre, è di casa a Villa San Martino, dove Berlusconi, solitamente, vive (ma non risiede: la sua residenza è infatti a Milano, suppongo presso la casa della sua defunta madre, visto che ha votato in via Scrosati, a due passi da Viale San Gimignano). Bene: si vocifera che Sandro Bondi diventerà ministro della Pubblica Istruzione. Sì, avete capito bene. Tuttavia, anche in questo caso, non riesco a capire per quale motivo questo signore sia fra i papabili. Laureato in filosofia a Pisa, Bondi ha sempre fatto il politico. Che c’azzecca lui con l’Istruzione? Vediamo i suoi predecessori: Fioroni è stato docente universitario, la Moratti è stata assistente universitario, De Mauro è un monumento vivente alla didattica, Berlinguer è ancora un docente. Bisogna tornare ai tempi del Governo Dini (1995-96) per trovare qualcuno in quella posizione e che non c’azzecca nulla (Lombardi, imprenditore). Quindi Bondi che c’entra?
Mi preme, all’uopo, osservare che il collegio “Consiglio dei Ministri” ha rilevanti poteri esecutivi e di indirizzo politico, oltre che di controllo sull’attività dei singoli minsitri. Ogni ministro ha diritto al voto. Fra i ministri, molti saranno della Lega, la quale è comunque un elemento destabilizzante della coalizione. Mettere un contrappeso di voti a comando, quale quello di Bondi, per esempio, può risultare vincente affinché il CdM riesca ad imprimere la giusta spinta all’indirizzo politico, il cui garante e coordinatore è il Presidente del Consiglio (probabilmente Berlusconi). Questa mi sembra, dunque, l’unica spiegazione coerente per capire per quale motivo Bondi potrebbe occupare tale carica.
Termino la mia disamina con Giulio Tremonti, probabile prossimo ministro dell’Economia. Io sono solo uno studente della materia, ma mi sembra che anche lui quel posto non dovrebbe occuparlo, in particolare per i danni che ha combinato nel precedente mandato. La nazionalizzazione di Alitalia paventata da Berlusconi (sarà questa la cordata italiana, nel senso che sarano gli italiani a pagare tutto questo scempio? E poi, dovrebbe comprarla le Ferrovie dello Stato, altra azienda statale pesantemente indebitata?) è al 99% una proposta di Tremonti, che di recente aveva difeso le nazionalizzazioni (prima che lo chiediate, sì, i partner europei cercheranno di buttarci fuori dalla UE, così affonderemo definitivamente).
La mia impressione, quindi, in questi primissimi giorni di legislatura, è che si stia creando già un sistema orientato al volere del padrone (ovvero Berlusconi). Uomini sbagliati nei posti sbagliati, almeno per la maggioranza degli italiani (siano essi sostenitori della destra o della sinistra-quasi-al-centro).
Ad onor del vero, una spiegazione alternativa c’è: che il centrodestra non abbia uomini come Fini, ovvero politici con un certo grado di decenza e competenza. Ma sinceramente non so quale delle due scelte sia più confortante.
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