Un’Italia malata

Sono rimasto molto soddisfatto dalle conferme indirette che ho ricevuto quest’oggi. Le pagine del mio blog riguardo il voto sono state infatti “riprese” sia da statistiche che da opinioni di quotidiani di altissimo livello.

Innanzitutto la mia analisi del voto è stata corretta, secondo quanto hanno dimostrato le statistiche che Consortium ha confezionato per RAI e SKY TG24; soprattutto, l’analisi smentisce categoricamente quanto ha affermato Diliberto, e conferma quanto ho detto sulla sinistra in Italia: gli operai e tutte le categorie che storicamente stanno a sinistra non hanno saputo rispecchiarsi in quanto proposto dal PD e soprattutto da La Sinistra – l’arcobaleno, e hanno votato a destra, soprattutto la Lega.

Ma questo ci riporta anche alla seconda conferma che ho ricevuto oggi: la fonte è il Financial Times: in questo articolo Guy Dinmore dipinge un ritratto di Umberto Bossi, ricordando sin dall’inizio che il voto ai partiti antisistema e xenofobi ha caratterizzato spesso la storia italiana quando si trova in un momento di difficoltà.

Ma queste conferme non mi faranno dormire sugli allori: l’Italia è sempre malata, e questo già lo sapevamo. E Berlusconi, lo ribadisco, non è la soluzione (come non credo possa esserlo questo centrosinistra): anzi, il Financial Times aveva già affermato che Berlusconi è il sintomo di questa malattia, non la cura. Per un principale motivo: è inaccettabile che in un Paese dell’Occidente un uomo possa detenere assieme al potere politico anche il potere mediatico, essendo quindi in grado di razzolare male utilizzando i media per predicare bene (oltre che per attaccare gli avversari, come i telegiornali Mediaset, Studio Aperto e TG4 in primis, ci dimostrano). Insomma, si manipola la realtà attraverso l’informazione. Questo non fa bene all’Italia, questo ci declassa da Paese del primo mondo, quello moderno e avanzato. Il conflitto d’interessi è il tumore d’Italia.

Non solo: la nostra debolezza offre il fianco agli altri Paesi del mondo, che ne approfittano. A cominciare, per esempio, dalla Cina, che ha boicottato le nostre mozzarelle per un puro fatto economico, non per un pericolo sanitario, che, pur esistendo, era più teorico che reale. Ma la Cina è riuscita a danneggiarci.

Ma ancora: una rassegna stampa internazionale del Sole 24 Ore non è migliore. Lasciate perdere quello che vi diranno: tutti questi giornali sono al lato opposto del comunismo. Il liberale The Economist ricorda che Berlusconi (che dovrebbe essere il leader dei liberali in Italia) è ancora inadatto a governare, ma al conflitto d’interessi e ai procedimenti giudiziari mai conclusi si aggiunge anche il fatto che la situazione economica italiana è molto difficile. L’Italia ha bisogno di una svolta liberale seria, che Berlusconi, già dal 2001 è stata incapace di dare: le prime timide liberalizzazioni le ha fatte il centrosinistra di Prodi nell’ultimo Governo. E c’è ancora molta strada da fare, ed è poco probabile che il governo Berlusconi IV, il prossimo, risulti in grado di risolvere la situazione. Anzi, la possibilità che Giulio Tremonti, l’uomo condono, diventi ministro dell’economia allontana questo auspicio; giusto oggi Tremonti ha affermato cose che non stanno né in cielo né in terra: «il testo [che Mario Draghi, governatore di Bankitalia, ha presentato per risolvere la crisi economica mondiale, nda] non contiene la realtà delle nazionalizzazioni che sono state fatte e che si faranno in futuro». Nazionalizzazioni? Ma siamo pazzi? Siamo tornati negli anni Trenta, sotto il fascismo? Senza contare che Tremonti vorrebbe ripristinare i dazi: assieme alle pressioni della Lega, questo potrebbe essere il colpo di grazia per la nostra permanenza in Europa (senza dimenticare la tendenza storicamente accertata che ha il centrodestra di spendere e spandere senza avere soldi, dimenticando i vincoli del Trattato di Maastricht).

Il primo banco di prova sarà Alitalia, ma la situazione è al limite del possibile: ormai sparita la cordata italiana, Berlusconi vorrebbe vendere, invece che ai francesi, all’amico Vladimir Putin, a patto che sugli aerei rimanga la bandierina di Alitalia. Staremo a vedere cosa succederà.

Non sono tuttavia sicuro che il centrosinistra di adesso possa fare di meglio: certo, il governo Prodi ha fatto molto bene sul fronte della finanza pubblica. Eurostat ci informa oggi che il centrosinistra ha decisamente migliorato la situazione dei conti pubblici: il rapporto Deficit/PIL è passato da 3,4% a 1,9% (però la Germania, che circa cinque anni fa era al nostro stesso livello, è scesa allo 0%…due anni di Prodi non possono fare miracoli, dopo che i governi Berlusconi se n’erano serenamente infischiati), mentre il rapporto debito/PIL migliora, passando al 104% (anche se la situazione è ancora drammatica – da questo punto di vista rimaniamo il peggiore Paese del mondo).

Anche il fatto che la Sinistra sia fuori dal Parlamento è sintomo della malattia del Paese. Ed è per questo che questo sintomo va curato: come ho già detto ieri vanno aperti subito i conti per dare un taglio al passato. Il comunismo è finito, bisogna rendersene conto una volta per tutte. La Sinistra deve riprendersi il PD, per diventare una grande forza riformista, non massimalista, ma moderna e laica, perché questo porterà ad una grande riforma anche nel centrodestra, a tutto vantaggio del nostro Paese. L’Italia deve prendere ad esempio la Spagna: negli ultimi dieci anni, con Aznar e Zapatero, la Spagna è cresciuta del 3% l’anno, e oggi, con la crisi in atto, scenderà sotto il 2%; che è sempre tantissimo, se pensiamo che l’Italia, rimasta indietro, crescerà solo dello 0,6% quest’anno.

Ma non solo: come ci fa notare il solito Sole, il governo Zapatero, nel solo ultimo anno, ha accumulato un tesoretto di 20 miliardi, e non avendo debito pubblico da smaltire, sarà usato per una politica macroeconomica espansionista (una manovra anticiclica, o keynesiana, in gergo), per sostenere la domanda: verranno tagliate le tasse, verranno costruite nuove case, senza dimenticare l’aiuto alla formazione, che nel medio lungo periodo aiuterà la Spagna a crescere sempre più e più velocemente, e non mancheranno i finanziamenti per le infrastrutture, che oltre a modernizzare il Paese, daranno lavoro agli spagnoli.

Ci aspettano due anni difficili: siamo in mano a Berlusconi, e possiamo solo sperare, almeno per come al vedo io, non vada troppo male. Il centrosinistra, tuttavia, dovrà approfittare di questa pausa per costruire una vera alternativa a Berlusconi, prendendo esempio da Zapatero. E per questo il centrosinistra deve epurarsi del vecchio, ovvero smaltire le ideologie anacronistiche e mandare a casa i vecchi, ormai troppo incollati alla poltrona per vedere cosa accade fuori dalla finestra e troppo collusi con i poteri forti, a cominciare dalla Chiesa, dai sindacati troppo radicali e dall’alta finanza. Tutti questi devono rendersi conto di essere interlocutori, non protagonisti, della vita politica. La politica deve essere sola, dialogare con tutti, ma decidere in modo che sia il meglio per tutti, non solo per la Chiesa, non solo per i sindacati, non solo per l’alta finanza, non solo per gli altri poteri, ormai sempre più lontani dal Paese reale preso nel suo complesso, che se ne frega delle prerogative, dei privilegi e dei guadagni che essi godono, ma che il Paese reale non può. Solo in questo modo il Paese può riprendersi: siamo quasi sessanta milioni, tutto questo è inammissibile.

Ma oggi non è così: la politica è mischiata e invischiata in tutto, alternativamente queste elite, assieme a tutte le corporazioni, la comprimono per soddisfare i propri bisogni, per difendere le proprie prerogative e i propri principi. L’Italia, sino ad ora, ha vissuto di rendita: i soldi del piano Marshall prima e del debito pubblico poi sono stati investiti a tutto vantaggio dei poteri forti. E forse molti dei miei lettori, o i loro genitori, o i nonni, ne hanno beneficiato. E a loro e a tutti chiedo: quel vantaggio oggi vi/ci ha salvato? Tutto questo ha fatto bene al nostro Paese, che da anni sopporta senza poter fare nulla? Siamo diventati più ricchi? Siamo diventati più felici? Siamo diventati più liberi? Siamo diventati più sereni?

La risposta a queste domande l’avete davanti agli occhi: è giunto il momento di dire no. L’egoismo, sia personale che corporativo, ecclesiastico, sindacale, non ci porterà da nessuna parte. Come da nessuna parte ci ha portato sino ad ora.

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