Spulciando fra gli annunci della Camera dei Deputati, o meglio, delle sue commissioni, ritroviamo che oggi pomeriggio (2 ottobre 2008) la commissione giustizia si riunirà per discutere, fra gli altri, di un disegno di legge in materia di reati ministeriali, presentato l’8 maggio 2008 dal deputato Consolo. Si tratta, in sintesi, di una legge che vuole creare una sorta di immunità come il suo “papà”, il lodo Alfano, che garantisce già le quattro “alte cariche” dello Stato. Questa norma, invece, salverà i ministri della Repubblica italiana. Potrà sembrarvi strano, ma questo disegno di legge che crea uno scudo spaziale anche sui reati commessi dai ministri consta di appena un articolo. Vediamo che cosa dice.
In primo luogo, la legge che il deputato Consolo vuole modificare è la 219 del 5 giugno 1989. Il disegno di legge, come abbiamo già detto, consta di un articolo in due commi. Il primo comma prevede la modifica del comma 1 dell’articolo 2 della legge succitata. Al momento la legge afferma (subito dopo spiego cosa dicono in una lingua comprensibile) (in grassetto la differenza fra il testo corrente e il testo proposto):
Il collegio, sentito il pubblico ministero e dopo lo svolgimento di ulteriori indagini ove richiesto dal procuratore della repubblica ai sensi del comma terzo dell’articolo 8 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 , dispone l’archiviazione di cui al comma secondo del predetto articolo 8, se la notizia di reato è infondata, ovvero manca una condizione di procedibilità diversa dall’autorizzazione di cui all’articolo 96 della costituzione, se il reato è estinto, se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se l’indiziato non lo ha commesso ovvero se il fatto integra un reato diverso da quelli indicati nell’articolo 96 della costituzione; in tale ultima ipotesi il collegio dispone altresì la trasmissione degli atti all’autorità giudiziaria competente a conoscere del diverso reato.
Dopo l’eventuale approvazione del ddl Consolo, diventerebbe:
Il collegio, sentito il pubblico ministero e dopo lo svolgimento di ulteriori indagini ove richiesto dal procuratore della repubblica ai sensi del comma terzo dell’articolo 8 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 , dispone l’archiviazione di cui al comma secondo del predetto articolo 8, se la notizia di reato è infondata, ovvero manca una condizione di procedibilità diversa dall’autorizzazione di cui all’articolo 96 della costituzione, se il reato è estinto, se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se l’indiziato non lo ha commesso ovvero se il fatto integra un reato diverso da quelli indicati nell’articolo 96 della costituzione; in tale ultima ipotesi il collegio trasmette gli atti con relazione motivata al procuratore della Repubblica per la loro immediata rimessione al Presidente della Camera competente ai sensi dell’articolo 5 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1; a tale Camera e riservata la valutazione circa la riconducibilità dei reati a quelli indicati nell’articolo 96 della Costituzione.
In parole povere (in grassetto la differenza):
PRIMA: il collegio di tre magistrati verifica il presunto reato a carico del ministro: se il reato non esiste o è estinto, si archivia tutto e finisce lì. Se il reato è stato commesso nell’esercizio delle funzioni di ministro (come, per fare un esempio idiota, un’uscita infelice a Porta a Porta), la palla passa alla Camera o al Senato, che decideranno se far procedere la macchina giudiziaria. Se invece il reato è stato commesso come privato cittadino (come una rapina in banca), allora il collegio passa tutto all’autorità giudiziaria, perché il ministro venga processato come un normale privato cittadino.
DOPO: il collegio di tre magistrati verifica il presunto reato a carico del ministro: se il reato non esiste o è estinto, si archivia tutto e finisce lì. Se il reato è stato commesso nell’esercizio delle funzioni di ministro (come, per fare un esempio idiota, un’uscita infelice a Porta a Porta), la palla passa alla Camera o al Senato, che decideranno se far procedere la macchina giudiziaria. Se invece il reato è stato commesso come privato cittadino (come una rapina in banca), allora è comunque la Camera o il Senato a decidere se far andare il ministro a processo, come se il ministro non possa essere un privato cittadino.
Chiaro? Ancora più stringatamente: se il reato non esiste, il ministro vince. Se il reato esiste, decide la Camera, la cui maggioranza sostiene il ministro. E allora mi pare ovvio che a vincere sia sempre il ministro: infatti la Camera non dà quasi mai l’autorizzazione a procedere per nessuno e per nessun reato (mentre dovrebbe solo verificare se si tratta di una persecuzione da parte della magistratura). Come aveva detto Giuliano Ferrara nel 2002 (citato qui), se vuoi fare politica devi essere ricattabile. Siccome sono tutti (o quasi) ricattabili, votano tutti contro l’autorizzazione a procedere, perché una volta la magistratura becca te, domani potrebbe beccare me.
A conclusione di tutto, il secondo comma dell’articolo un(ic)o del Lodo Consolo: «Il comma 1 dell’articolo 2 della legge 5 giugno 1989, n. 219, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.»
Insomma lo scudo spaziale per i ministri vale per il passato, per il presente e per il futuro, “per tutti i secoli dei secoli, amen”. Alla fine vale la pena di ricordare che Giuseppe Consolo (che è vice presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere – quella che decide le sorti di deputati e ministri contro la magistratura) è avvocato di Altero Matteoli, guarda caso ministro e guarda caso sotto processo. In questo articolo ho elencato altri ministri che godrebbero di questa immunità.
A qualcuno serve qualche altra legge ad personam?
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