La tragica comicità di una seduta della giunta per le autorizzazioni della Camera

Prendendo spunto dal Passaparola di oggi, mi sono preso la briga di leggere il resoconto delle sedute del 17 e 18 dicembre scorso della Giunta per le autorizzazioni della camera (quella che decide se un deputato può essere intercettato, arrestato, eccetera). Volevo vedere se era comica (e tragica) come l’ha dipinta Travaglio (a inserire anche i link ai resoconti, visto che lui non l’ha fatto).

La prima seduta comincia alle 9.20 e finisce alle 9.50 (hanno lavorato per ben mezz’ora!). Si comincia con il presidente Pierluigi Castagnetti che riassume per sommi capi la storia (che riguarda il petrolio della Basilicata, ma non ci interessa) e la richiesta dei magistrati sulla base delle intercettazioni. Dopodiché viene ascoltato il deputato interessato, Salvatore Margiotta, il quale dice subito che il pm (Woodcock) ce l’ha con lui, ma che non vuole aggrapparsi all’argomento della persecuzione. Poi dice la sua versione dei fatti, sostenendo, in poche parole, che nelle intercettazioni il “Salvatò” citato non è lui. Infine si rimette ai colleghi per evitare che venga commessa un’ingiustizia.

In sostanza Margiotta si è autoassolto e chiede ai colleghi di fare altrettanto. A norma della Costituzione, i colleghi dovrebbero soltanto verificare se i magistrati stanno perseguitando il parlamentare, nient’altro. Il Parlamento non è un Tribunale.

Subito dopo Matteo Brigandì (Lega Nord) chiede a Margiotta se si sente perseguitato e Margiotta risponde di sì (meno male che non voleva aggrapparsi all’argomento della persecuzione). Quindi la seduta è aggiornata al giorno dopo.

La seconda seduta comincia il giorno successivo alle 8.35 e termina alle 10.05 con una pausa di cinque minuti (durata dei lavori: 85 minuti).

Comincia Maurizio Paniz (Popolo della Libertà) che in sostanza annuncia che il suo partito dirà sempre no a qualunque richiesta dei magistrati, com’era in principio e per tutti i secoli dei secoli. Una frase è degna di nota:

Egli e lo schieramento politico a cui si onora di appartenere staranno sempre a guardia delle garanzie di libertà che la Costituzione e la legge assicurano ai parlamentari e ai cittadini.

Peccato che se il cittadino normale viene colpito da un’ordinanza simile finisce in galera prima di subito, mentre i parlamentari hanno il privilegio di autoassolversi. Paniz, insomma, difende un privilegio che i parlamentari hanno e i cittadini no. Alla faccia della legge uguale per tutti.

Prosegue Antonio Leone (Popolo della Libertà), il quale parla delle intercettazioni effettuate fra Margiotta e sua moglie, capo della squadra mobile che dovrebbe indagare sul deputato (bel conflitto di interessi, vero? L’indagato è il coniuge dell’indagante, meraviglioso). Per Leone, evidentemente in stato di incapacità, i magistrati sono dei gran figli di ***, perché lo sanno tutti che fra moglie e marito non devi mettere il dito. Travaglio non stava scherzando, ha detto proprio così! Leone attacca i magistrati usando i proverbi! Incredibile…

Tocca quindi all’opposizione, con Pierluigi Mantini (Partito Democratico) che tanto per cambiare è d’accordo con i colleghi del PdL. Dice che i fatti in oggetto sono ormai vecchi di un anno e che quindi non c’è modo di inquinare le prove, né di fuggire (peccato che questo debbano stabilirlo i giudici, non lui). Poi afferma:

Il ceto politico tuttavia, dovrà riflettere in senso critico e – per quel che riguarda la sua parte politica – anche autocritico sull’anomalia italiana per cui un avviso di garanzia si trasforma immediatamente in una condanna definitiva.

Ma subito dopo:

[Mantini] crede opportuno un riequilibrio nell’esercizio dell’azione penale, tale per cui se sbaglia una personalità politica o amministrativa essa deve pagare. Ma nei casi di colpa grave devono pagare anche i magistrati.

A parte il fatto che quanto ha detto non vuol dire proprio nulla (traducendo ha detto che il cielo è azzurro, ma talvolta ci sono anche le nuvole), mi chiedo cosa c’entri con Margiotta.

Si ritorna alla maggioranza, con Luca Rodolfo Paolini (Lega Nord). Paolini afferma che, insomma, il quadro dipinto dai magistrati è credibile, però non vede che c’entri il Margiotta. E poi, mi dispiace, ma siamo fuori tempo massimo.

Di nuovo l’opposizione, questa volta con Aniello Formisano (Italia dei Valori) che ricorda ai colleghi che non si deve entrare nel merito dei fatti, chiedendosi se sia troppo tardi o se sia inutile, ma rispondere solo alla domanda: i magistrati stanno perseguitando Margiotta? Ma i suoi colleghi sembrano averlo dimenticato.

Poi parla Donatella Ferranti (Partito Democratico). Il suo intervento lo riporto integralmente:

auspica che la Giunta ritrovi oggettività e rigore di giudizio. In questo momento delicato commenti e generalizzazioni sono sommamente inopportuni. Non crede che i deputati debbano rispondere a comunicati stampa o al dibattito mediatico. Chi pensasse all’esistenza di un complotto o a trame eversive sarebbe in errore. Spera che i colleghi si vogliano astenere da affermazioni avventate che offenderebbero i parlamentari onesti.

Qui arriva la perla di tal Roberto Giachetti (Partito Democratico) che fa opposizione alla sua collega di partito (!) e dice che i parlamentari sono tutti onesti fino a prova contraria. Ora, a parte che in parlamento, fino a prova contraria ci sono diversi criminali condannati in via definitiva, al massimo i parlamentari, come i cittadini, sono innocenti fino a sentenza passata in giudicato.

Viene in soccorso al collega Giachetti il deputato Leone, del PdL, che chiede alla Ferranti se parla in qualità di magistrato o di deputato (che razza di domanda è?). La Ferranti continua dicendo che i politici dovrebbero smetterla di sentirsi perseguitati dai magistrati.

Interviene Antonino Lo Presti (Popolo della Libertà), il quale dice che non è vero, quello che stanno dicendo è che Woodcock è un idiota (parafrasi mia). Inoltre «non è possibile consentire che la dignità dei parlamentari sia gettata così in pasto all’opinione pubblica». Infine attacca l’Italia dei Valori, ritenendo aberrante che la Camera dovrebbe solo giudicare il fumus persecutionis.

Lorenzio Ria (Partito Democratico) fa notare che prima Lo Presti dice di non voler entrare nella questione penale, e poi invece lo fa; nota anche che Mantini, suo collega di partito, ha detto solo cose di carattere generale che non c’entrano un bel nulla. Infine chiede di rinviare la seduta al giorno dopo per permettere al PD di raggiungere una posizione unitaria (insomma, sono andati allo sbaraglio?).

Castagnetti sospende per cinque minuti.

Alla ripresa Marilena Samperi (Partito Democratico) continua a parlare di cose di carattere generale che non c’entrano niente, la parola passa di nuovo a Ria il quale annuncia che il PD voterà contro l’autorizzazione.

Elio Vittorio Belcastro (Misto-Movimento per le Autonomie) se la prende coi magistrati, che con Tangentopoli hanno portato alla fine di un’era, la corrotta Prima Repubblica (ma come abbiamo detto tempo fa, questo non è vero). Quindi ammette di aver letto le carte del caso Margiotta solo “superficialmente”.

Antonio Leone (PdL), come il suo capo, Silvio Berlusconi, ci tiene a dire che “è stato frainteso”, e che la Giunta per le autorizzazioni è il luogo giusto per parlare dei rapporti fra politica e giustizia (ma una volta non c’era una Commissione Giustizia?)

Pierluigi Castagnetti (PD) dice che secondo lui il quadro della vicenda non regge (si è autonominato giudice?). Una frase, in particolare, è degna di nota:

la sola affermazione del Ferrara fatta alla Zippo di aver promesso al Margiotta 200 mila euro è insufficiente a provare la circostanza

E infine conclude:

crede che la richiesta dell’autorità giudiziaria vada respinta. Ciò non in ragione di un privilegio di casta ma per la dirimente considerazione che su basi simili a quelle oggi prospettate dall’autorità giudiziaria nei confronti del deputato Margiotta nessun cittadino dovrebbe essere privato della libertà personale

Ma tutto questo non deve deciderlo lui, bensì i giudici, in tre dico tre gradi di giudizio!

Chiude Pierluigi Mantini (PD), che raggiunge l’apoteosi, contraddicendo tutte le tesi espresse dai deputati fino ad ora, eppure riuscendo a confermarle:

dubita che si possa parlare di una promessa di danaro. Ci si dovrebbe limitare a riferire di un’intenzione del Ferrara di consegnare la somma al Margiotta.

Chiaro? Prima dicono che il Salvatò di cui parlavano gli intercettati non era Margiotta, poi alla fine Mantini dice che il presunto corruttore (Ferrara) aveva solo intenzione di consegnare la somma al presunto corrotto Margiotta (magari contro la sua volontà).

In conclusione la giunta indica alla Camera di negare l’autorizzazione (con la sola opposizione dell’Italia dei Valori).

Questa è la tragica comicità di una seduta della Giunta per le autorizzazioni della Camera (nemmeno due ore di lavoro in due giorni).

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