Il punto sulla proposta di legge di iniziativa popolare promossa da Beppe Grillo

Con questo articolo ripercorro le tappe finora percorse dalla proposta di legge promossa da Beppe Grillo nel corso di questa legislatura.

Tecnicamente si tratta del disegno di legge 3, che titola “Riforma della legge elettorale della Camera e del Senato riguardante i criteri di candidabilità ed eleggibilità, i casi di revoca e decadenza del mandato e le modalità di espressione della preferenza da parte degli elettori”. Più sotto riassumo i provvedimenti proposti nel ddl.

La proposta viene presentata dal senatore Lucio Malan (Popolo delle Libertà) e assegnata alla I Commissione Affari Costituzionali (e alla II Giustizia, per un parere), che ha iniziato l’esame il 22 dicembre 2008. In quella data Malan ha presentato la proposta, subito dopo la commissione ha rinviato l’esame. La seduta ha avuto la notevole durata di 25 minuti, dalle 14:30 alle 14:55, ma hanno fatto anche altro.

Durante la proposta, Malan ha rilevato diverse questioni di costituzionalità, che vado a riassumere e a commentare brevemente:

  • violazione dell’articolo 3 sull’uguaglianza dei cittadini. Malan rileva che non avrebbe senso limitare a due le legislature, ma ammette che vi sono casi analoghi (ma non simili) di ineleggibilità;
  • violazione dell’articolo 27 comma 2 della Costituzione, ovvero «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Il problema, ovviamente, è la rieducazione del condannato, insomma, chi ha pagato la sua colpa non può continuare a pagare, secondo Malan;
  • violazione dell’articolo 27 comma 2, ovvero «L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»;
  • si rileva che una legge ordinaria non può imporre obblighi (in questo caso, l’espulsione di un deputato) ad un organo costituzionale quali sono la Camera o il Senato;
  • violazione degli articoli 87 e 88 riguardanti gli obblighi e le facoltà del Presidente della Repubblica. Malan obietta che una legge ordinaria non può obbligare il Capo dello Stato a inviare un messaggio a una camera (trattandosi, appunto di facoltà e non di obbligo – l’art. 87 dice che il PdR può, non che deve) e che non si può porre limite o condizione al potere di scioglimento, che può essere esercitato solo dopo la consultazione con i presidenti delle Camere;

Noto due cose: in primo luogo alcune di queste eccezioni possono essere superate; altre invece no. Il problema, però, è che questa proposta di legge propone qualcosa (un Parlamento pulito) che dovrebbe essere un obbligo morale.

In secondo luogo noto che l’aver infilato nello stesso calderone norme piuttosto eterogenee rischia di affossare forse l’unica su cui non è stata posta un’eccezione di costituzionalità, ovvero la questione delle preferenze, che credo sia la più importante, visto che, attraverso di essa, i cittadini possono avere la possibilità di non mandare criminali in Parlamento (come le precedenti proposte prevedevano), diversamente da quel che abbiamo oggi, ovvero liste bloccate contenenti criminali sicuramente eletti. Insomma, ho come il sospetto che grazie all’incostituzionalità delle altre si affosserà anche questa. Già immagino che i giornali titoleranno “Le proposte di Grillo sono incostituzionali”, quando è vero solo per alcune e non per tutte, compresa l’ultima, che, ripeto, è quella secondo me fondamentale.

Il ddl è stato, da quel 22 dicembre 2008, all’ordine del giorno tutti i giorni in cui la commissione ha lavorato (diciamo, più precisamente, che tutti gli esami rinviati entrano “di diritto” nell’ordine del giorno dei giorni successivi). Come potete vedere pescando un ordine del giorno a caso, la commissione ha già accumulato una lista di lavori cominciati e non finiti chilometrica, su cui lavoreranno solo quando non avranno altro da fare (già lavorano tanto).

Il che non lascia sperare che il testo possa finire in aula entro questo secolo, anche perché la II Commissione Giustizia deve formulare un parere, ma l’esame lì non è neppure cominciato.

È vero, insomma, che le proposte stanno prendendo la polvere nella cantina del Senato da oltre un anno (la Commissione se ne occupò nel gennaio 2008, per ben due giorni, congiuntamente a una valanga di altre proposte attinenti alla riforma elettorale).

La cosa è spiacevole, anche perché la questione dei criminali in Parlamento è l’espressione dell’immoralità della quasi totalità della classe politica e della dirigenza di quasi tutti i partiti, ed avrebbe diritto ad una forte propaganda, almeno da parte dei parlamentari onesti, che evidentemente sono dei semplici soldatini.

La proposta di legge, lo ricordo, propone:

  • che i parlamentari possano svolgere solo due legislature;
  • che non possano essere elette persone che siano state condannate al carcere (con vari distinguo, che, se volete, posso aggiungere) in via definitiva o che abbiano patteggiato la pena;
  • che vengano sospesi i parlamentari che abbiano riportato una condanna, anche non definitiva (con gli stessi distinguo), e che la sospensione valga fino alla eventuale assoluzione;
  • che il Presidente della Repubblica abbia l’obbligo di invitare la Camera a sospendere un deputato;
  • che il Presidente della Repubblica abbia l’obbligo di sciogliere la Camera che non sospende un deputato;
  • che vengano ripristinate le preferenze per la Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica;
  • che (e credo sia una bella novità) che in caso di parità fra due candidati risulti eletto il più giovane.

Piccola nota a margine: grazie a questa piccola indagine ho scoperto che i parlamentari, quando lavorano in commissione, commentano volentieri le cose che leggono sui giornali, ne discutono e qualcuno s’incazza pure. Mi verrebbe da aggiungere: “invece di lavorare”.

I verbali delle Camere, ve lo giuro, sono spesse volte spassosi.

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