Esistono molti utenti italiani che ogni giorno si connettono alla rete, leggono giornali e blog, guardano video e talvolta pubblicano contenuti. Internet si sta evolvendo molto velocemente, e se una volta bisognava essere un tantino esperto per immettere qualcosa da far conoscere al mondo, oggi occorrono pochi secondi per scrivere un post su un blog, pubblicare audio e video, o addirittura per scrivere un articolo per informare o ancora, meraviglia delle meraviglie, per scrivere la più grande enciclopedia del mondo. E molto altro ancora.
Ma non è tutto ora quel che luccica, poiché l’Italia ha una pesantissima zavorra che limita lo sviluppo e la diffusione di internet e della possibilità di pubblicare contenuti, spesso e volentieri riguardante temi che possono influenzare l’opinione pubblica, aprire un confronto, opposizioni, nuove linee di pensiero e così via. Forse non tutti sanno che chi scrive qualcosa su internet ha sulla testa una spada di Damocle pronta a trapassargli il cranio come “ricompensa” di questo grande e meraviglioso potere di dire al mondo ciò che si pensa.
Internet ha certamente bisogno di essere regolamentato. Vediamo brevemente perché prima di passare al problema Italia. Pensiamo, in primo luogo, a reati orribili quali, per esempio, la pedopornografia, che va sradicata dal mondo come da internet. Ma scendiamo un attimo di livello: qui troviamo reati che vanno certamente puniti, ma con un minimo di buonsenso. Questo tipo di reati può essere la violazione del diritto d’autore, vale a dire l’uso, la distribuzione, la copia, la vendita, eccetera, di materiale (testo, audio, video, eccetera) da parte di qualcuno che non ne è il proprietario senza il permesso di quest’ultimo. Questo tipo di tutela è ovviamente necessaria: se non ci fosse la possibilità di proteggere il frutto del proprio lavoro, si potrebbe, in un certo senso, bloccare il progresso. Se non ci fosse stata questa possibilità non avremmo avuto tutte le invenzioni che utilizziamo oggi e non ci sarebbe motivo per inventare qualcosa per un domani. Infine scendiamo ancora di livello: qui ci sono i reati di opinione, ovvero reati commessi quando si esprime il proprio pensiero su qualcosa in modo illegale.
Passiamo adesso ad evidenziare le carenze critiche del nostro sistema, che riguardano gli ultimi due livelli.
Innanzitutto, diciamo una cosa in generale. Probabilmente molti di voi non sanno che gli italiani hanno tutta una serie di diritti, che però non conoscono. Essi (o meglio, gran parte di loro) vedono lo Stato come un grande papà che si occupa dei suoi figlioli, ma che non va mai disturbato: ci pensa lui a tutto. Tuttavia non è così: in Italia il fatto che lo Stato sia un difensore dei diritti e un fornitore di servizi per il cittadino è ancora una cosa lontana. Questo sia per una mentalità praticamente ottocentesca radicatasi nel tempo nel cittadino sia per un atteggiamento delle classi dirigenti che nel tempo si sono sempre più allontanate dal Paese che dovrebbero governare. Un esempio breve di vita vissuta per far capire a cosa mi riferisco: un solaio di un condominio era (ed è) diviso in tre parti, ognuna assegnata ad un condomino diverso. Un giorno uno dei tre condomini, avendo bisogno di spazio, si era (è) preso anche lo spazio degli altri, dopodiché aveva cambiato la serratura per accedere al solaio perché le cose che vi aveva depositato “sono cose preziose”. Gli altri due condomini stanno gentilmente tentando di risolvere la disputa e ogni tanto si fanno vedere per chiedere di poter accedere al solaio (che è di loro proprietà, ricordiamolo). Lo fanno in modo tanto gentile che ormai sono passati anni e la situazione non si è smossa. La soluzione vera, da prendere subito, perché può scattare l’usucapione, è rivolgersi ad un avvocato, quindi alla Giustizia e riprendersi ciò che è proprio. Ma questi non lo fanno perché non vedono lo Stato come un difensore, ma come un amorevole, ma fermo genitore.
Passiamo quindi al secondo livello dei possibili problemi di internet e come vengono affrontati in Italia: è cosa buona e giusta proteggere il lavoro di qualcuno, qualcuno che con quel lavoro magari ci guadagna da vivere. Esistono persone (come me) che rilasciano i propri contenuti sotto licenze speciali, per fare in modo che la diffusione dei propri lavori sia più o meno libera. Tralasciamo però la questione delle licenze libere, perché non voglio affrontarla, pur condividendola. Ci sono persone che non possono dare tutto gratis, altrimenti dovrebbero cambiare lavoro o morire di fame. Appare però lontano dalla filosofia di internet (che vuole che le informazioni siano libere di fluire quanto più è possibile da un capo all’altro del pianeta) che non si possa in nessun modo riprodurre o addirittura stampare cose che sono comunque disponibili a tutti sul web. Già, perché quando stampate qualcosa da un sito coperto da diritto d’autore in non rari casi state commettendo un reato (nessuno vi perseguirà per questo, tranquilli, è una situazione squisitamente teorica). In molti altri Paesi del mondo la legislazione è differente: se si riproduce qualcosa (ad esempio un quadro) in bassa risoluzione e senza scopo di lucro, allora lo si può fare. Questo è, in estrema sintesi, il fair use. In Italia una cosa del genere non esiste, tuttavia è stato approvato un comma bis per l’articolo 70 della legge sul diritto d’autore che definisce in maniera piuttosto fumosa una specie di fair use ad hoc per internet. A mio avviso si tratta semplicemente di uno dei due odiosi modi di fare legislazione: “una norma che dice tutto e non dice un bel niente” (l’altro modo è che “la norma successiva vieta ciò che la norma precedente permette” o, formulato in altro modo, “dato un insieme di regole, esiste sempre una regola che afferma l’opposto di quanto affermato da un’altra regola” – paradosso del Comma 22 o paradosso di Jourdain). Questa formulazione del comma 1-bis è stata, sempre secondo me, una concessione ad una potente corporazione, che potrà facilmente piegare la Legge e decidere essa stessa quando si tratta di fair use oppure no. Può pagarsi tranquillamente un esercito di avvocati. Come potete vedere, negli USA la situazione è più definita rispetto alle due righe italiane.
Primo gap fra Paesi “diversamente” civili.
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