Stando ai mercati l’Italia potrebbe diventare la Grecia entro il 2016, che è la stessa tesi che esponevo in questo articolo del 20 luglio scorso. Mi sono messo a pensare in che modo si potrebbe arrivare ad un simile scenario e perché è così probabile.
Negli ultimi mesi abbiamo avuto due manovre da un centinaio di miliardi, composte perlopiù (due terzi) di nuove tasse e di minori detrazioni fiscali (che, mi dispiace per Alfano, significa più tasse per tutti). Come ben sapete, più tasse significa sottrazione di risorse al risparmio privato, e questo crea problemi alle imprese, già in perenne deficit di capitali che ne blocca la crescita. L’aumento dell’IVA deprimerà i consumi, cosa che deprimerà ulteriormente la crescita. È dunque assai probabile che nei prossimi mesi assisteremo a una crescita ancora peggiore di quella che già stiamo subendo, e quindi rischiamo di finire in recessione.
Finire in recessione, dato che le manovre ritengono che l’Italia crescerà un pochino nei prossimi anni, implicherà che le manovre già varate non porteranno al conseguimento degli obiettivi (pareggio di bilancio, abbattimento del debito pubblico, eccetera). Sicché, con buona probabilità, i mercati torneranno a spingere verso l’alto i rendimenti dei nostri titoli di Stato e sentiremo parlare di Manovra atto terzo questo inverno, e quindi di una patrimoniale più grossa di quella già varata. La soglia del 6% di rendimento oltre la quale il debito non si può ripagare è vicina.
Oggi diciamo che l’Italia non può fallire perché ha un risparmio privato enormemente superiore (otto volte) il debito pubblico, per cui basta prelevare e i conti quadrano. Però se di manovra in manovra si comincia a rosicchiare questo risparmio privato (sia direttamente, cioè con l’imposizione fiscale, sia indirettamente, cioè le persone risparmiano meno per far fronte alle necessità quotidiane), alla fine questo risparmio rischia di sparire. Prima tassiamo le rendite finanziarie (senza riconoscere crediti per le perdite, beninteso), poi passiamo a chiedere tot euro al metro quadro per ogni casa ulteriore alla prima, poi per ogni casa e basta. Intanto facciamo condoni, mentre i capitali che possono, ovviamente, prendono la via estera (compresa la via estera legale – specie se i soliti irresponsabili continuano a battere sul treno “usciamo dall’euro”), deprimendo ancora la crescita. Se avete letto questo articolo, sapete che questa è la via greca al default.
Nel frattempo, magari, si tratta la vendita dei campioni nazionali (ENI, ENEL, Finmeccanica, eccetera) ai cinesi, ovviamente a prezzi di saldo, visto che le loro azioni saranno maledettamente depresse dall’andamento complessivo del Paese. Già adesso si parla della vendita di Ansaldo da parte di Finmeccanica, il che mi sa di necessità di fare cassa a ogni costo, anche quello dell’azienda.
Altro problema che al momento ci “salva” dal fallimento è il fatto che il debito italiano è per circa metà in mani straniere. Se un default greco sarebbe un colpo grave, ma tutto sommato assorbibile, quello dell’Italia non lo è: sarebbe una botta che riecheggerebbe nei secoli in tutta Europa. Allora che si fa? Intanto si aiuta l’Italia come si può, come fa la BCE con gli acquisti di titoli di Stato (il QE3 sostanzialmente varato ieri serve ad altri scopi). Poi si lascia pian piano scadere il debito, si lascia che il peso nel portafogli diventi via via più leggero un po’ vendendo un po’ non rinnovando, e intanto ci si copre acquistando SCDS e se ne compra sempre meno a tassi più alti (perché, ve lo dico sinceramente, a questi prezzi un piccolo azzardo lo farei pure io, certo senza andare in all-in). A riprova di ciò, il bid-to-cover, cioè la copertura della domanda sull’offerta alle ultime aste di titoli di Stato si è quasi dimezzata rispetto alle precedenti. Tanto se le cose vanno bene all’Italia, pazienza per gli alti tassi perduti, ma c’è sempre tempo per comprare BTP in futuro. Ma se le cose continuano ad andare male?
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“La persistente, arrogante forza con la quale Berlusconi resta incollato alla sua poltrona è di per sé portatrice di aumento di spread e di tassi di interesse pagati dall’Italia”Ormai si leggono su (quasi) tutti i giornali articoli che invitano Berlusconi a dimettersi. Supponiamo che lo faccia, e che indichi a Napolitano di dare l’incarico di formare un nuovo governo ad Alfano. Il quale compone un governo, come si suol dire, “fotocopia” o quasi.Ecco, dato lo scenario, mi spieghi perché lo spread dovrebbe scendere? Perché gli investitori dovrebbero riacquistare la fiducia persa nella possibilità del nostro paese di onorare i debiti contratti?O forse piuttosto non sarebbe il nuovo scenario politico più incerto, potenzialmente foriero di instabilità, elezioni anticipate, maggiore frammentazione in parlamento, e quindi addirittura maggiore incapacità di prendere misure impopolari?
>dato lo scenario, mi spieghi perché lo spread dovrebbe scendere?
Non scende. Visto che gli operatori non sono dei cretini, un governo Alfano con una maggioranza simile verrebbe visto come un governo Berlusconi, per cui lo spread non scende in modo “automatico”. Al massimo aspetterebbero di vedere quali misure attuerà e se troveranno consenso sufficientemente ampio.
>non sarebbe il nuovo scenario politico più incerto, potenzialmente
foriero di instabilità, elezioni anticipate, maggiore frammentazione in
parlamento, e quindi addirittura maggiore incapacità di prendere misure
impopolari?
Certo, ma intanto la pressione sul Paese si fermerebbe: se il governo cade non è che smettiamo di piazzare i nostri titoli di Stato.
Cosa del genere è successa in Spagna, il cui spread, dopo le dimissioni di Zapatero, è passato a decine di punti migliore del nostro (solo pochi mesi fa era tutto il contrario). Dopo le elezioni spagnole (e le nostre, eventualmente) i mercati si regoleranno di conseguenza. Rivince Berlusconi? Vediamo che fa. Vince la sinistra? Vediamo che fa. Parlamento bloccato? Vediamo se si mettono d’accordo e che fanno.
Finché Berlusconi rimane in sella, questa situazione di standby non c’è: i mercati già sanno che Berlusconi non fa perché non ha mai fatto e si comportano di conseguenza. Non sappiamo che cosa succederà dopo Berlusconi, ma sappiamo che finché dura Berlusconi le cose non andranno meglio. E lo stiamo vedendo dopo due manovre da 100 miliardi complessivi e una terza in arrivo.
Attenzione:
1. Zapatero non si è dimesso, ma ha indetto elezioni anticipate, e che la leadership nella prossima legislatura passa a Rubalcaba
2. i più si aspettano che dalle prossime elezioni esca una maggioranza PP e un governo Rajoy
Mettiamo assieme le due cose e paragoniamo la situazione a quella italiana: gli investitori sanno che all’attuale leadership ne succederà un’altra. E se Rubalcaba è l’ “Alfano” della situazione, e quindi forse non è del tutto credibile (ma se vincesse avrebbe la forza di un nuovo mandato degli elettori), l’alternativa PP è pronta chiavi in mano. Ovvero gli investitori sanno che a novembre ci sarà qualcuno, forte e legittimato, a guidare il paese.
Da noi invece si sa che dopo Berlusconi a destra si teme l’assenza di leadership, e a sinistra ancora non c’è un leader, una coalizione, un programma. Si sa che il PD sarà pronto nel 2013, ma non lo è ora.
Infilare in questo contesto un governo tecnico a me pare un salto nel buio. Dici che sappiamo che finché dura Berlusconi le cose non andranno meglio. Ma onestamente aggiungi che dopo di lui “Vediamo se si mettono d’accordo e che fanno”.
Ecco, vediamo che fanno. Io temo che al peggio non ci sia fine.
>1. Zapatero non si è dimesso, ma ha indetto elezioni anticipate, e che
la leadership nella prossima legislatura passa a Rubalcaba
Si va ad elezioni anticipate perché Zapatero si è dimesso. A Rubalcaba non passa la prossima legislatura, è “solo” il candidato del PS
>2. i più si aspettano che dalle prossime elezioni esca una maggioranza PP e un governo Rajoy
Certo, e?
>Mettiamo
assieme le due cose e paragoniamo la situazione a quella italiana: gli
investitori sanno che all’attuale leadership ne succederà un’altra. E se
Rubalcaba è l’ “Alfano” della situazione, e quindi forse non è del
tutto credibile (ma se vincesse avrebbe la forza di un nuovo mandato
degli elettori), l’alternativa PP è pronta chiavi in mano. Ovvero gli
investitori sanno che a novembre ci sarà qualcuno, forte e legittimato, a
guidare il paese.
Da noi invece si sa che dopo Berlusconi a
destra si teme l’assenza di leadership, e a sinistra ancora non c’è un
leader, una coalizione, un programma. Si sa che il PD sarà pronto nel
2013, ma non lo è ora.
Di nuovo, e? Non toglie che i mercati si metterebbero in standby in attesa delle manovre del prossimo governo. Se questo governo fa bene, bene, se continua sulla stessa strada di quello Berlusconi siamo punto e a capo, e le speranza che le cose andranno meglio si ridurranno drasticamente. Se restiamo con Berlusconi, siamo sicuri dell’esito, il secondo.
>Infilare in questo contesto un governo
tecnico a me pare un salto nel buio. Dici che sappiamo che finché dura
Berlusconi le cose non andranno meglio. Ma onestamente aggiungi che dopo
di lui “Vediamo se si mettono d’accordo e che fanno”. Ecco, vediamo che fanno. Io temo che al peggio non ci sia fine.
Dipende dal governo tecnico e dalla maggioranza che lo sosterrà, appunto. Ma finché Berlusconi resta, nemmeno la speranza c’è. Per questo l’unica cosa buona che può fare è andarsene. Se ciò che viene dopo gli somiglia, ci rimetteremo la corda al collo e amen.
“Si va ad elezioni anticipate perché Zapatero si è dimesso”
Zapatero non si è dimesso: si è recato dal Re, gli ha chiesto lo scioglimento anticipato delle camere, e questi, come esplicitamente previsto dall’ordinamento spagnolo, le ha sciolte.
In Italia si pensa comunemente che si sia dimesso, perché l’interpretazione predominante della nostra costituzione, che a differenza di quella spagnola non prevede esplicitamente questa possibilità, ritiene che il presidente della repubblica non abbia questo potere fintanto che un presidente del consiglio abbia la fiducia delle camere.
Attenzione: la cosa non è un mero dettaglio di diritto costituzionale, ma è importante chiarirla, perché sia il governo che il parlamento spagnolo sono tuttora nel pieno dei loro poteri, e in quanto tali possono varare le manovre che ritengono, e i mercati giudicare di conseguenza. In Italia non avremmo il medesimo scenario qualora Berlusconi si dimettesse ed aprisse una crisi di governo.
“Dipende dal governo tecnico e dalla maggioranza che lo sosterrà, appunto. Ma finché Berlusconi resta, nemmeno la speranza c’è”
Capisco e rispetto il tuo punto di vista. Io speranza in un governo tecnico a un anno e mezzo dalle elezioni non ne ripongo.