Torno a scrivere dopo qualche giorno di astinenza per ovvi motivi. Appena in tempo per leggere una notizia apparentemente di secondo piano, coperta dalle vicende relative al terremoto, all’omicidio di Franco Ambrosio e tanto altro, compresa l’assoluzione di Brawn GP, Williams e Toyota per la presunta irregolarità dei diffusori. Senza escludere l’ennesima lite nella casa del GF, eh.
Notizia che sparisce dal sito del Corriere dopo essere stata nelle top news fino alla mattinata odierna (pubblicata ieri, è stata aggiornata anche oggi). Ma, dato che l’archivio è abbastanza importante per coloro i quali vogliano informare ed informarsi, ho la possibilità di recuperare il link. In tempo per analizzare la notizia in questione.
Senza andare tanto per le lunghe, la Lega Nord, che annovera nel Governo 4 ministri (Maroni agli Interni, Bossi al Federalismo, Calderoli alla Semplificazione normativa e Zaia all’Agricoltura), fa muro sull’accorpamento dei Referendum al 7 giugno, in coincidenza con il cosiddetto Election Day, ossia assieme alla tornata di voto per l’Europarlamento, per le Provinciali e Amministrative. Calderoli, uno degli esponenti più in auge del “Carroccio”, accostandolo alla vicenda del sisma “strumentalizzato” (come mettere la nutella sulla pasta col pomodoro?), giudica l’accorpamento “incostituzionale”. Sfogliando la Costituzione, però, non trovo alcun articolo che esplicitamente descriva l’impossibilità di adempiere alle due fattispecie. Stessa cosa vale per la legge ordinaria.
Dubbio di incostituzionalità che, invece, è stato posto a suo tempo sulla sua legge elettorale, guarda caso quella praticamente abrogabile dai quesiti referendari, in riferimento agli artt. 48 e 49 (diritti di voto e di associazione libera in partiti). La Consulta, nel gennaio 2008, garantì poi il parere popolare ma non l’antinomia della legge con la Carta.
Mentre i promotori del referendum continuano a puntarla sulle spese ulteriori dello Stato (valutabili nella misura di € 400 milioni), Cicchitto si unisce ai Padani, aprendo però al compromesso datato 21 giugno, giorno degli eventuali ballottaggi, per evitare altri sacrifici economici (l’emergenza in Abruzzo, la crisi economica non sono finite…). Ipotesi che ha visto un beneplacito bipartizan. Ma si legga cosa sostiene l’ art 34 della L. n° 352 del 25-5-1970: il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, indice con decreto il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno. Sarà stata una mia mancanza, ma non ho sentito alcun membro del settore legislativo o esecutivo diffondere questa dura realtà, così come non ho letto alcun editorialista obiettare sulla questione.
Giustappunto, ieri Crozza a Ballarò ironizzava così in presenza di Maroni: «Ma non doveva essere una puntata sul meglio dell’Italia…?». Il Ministro degli Interni, scurdannes’o passat’, definisce l’intevento del comico genovese «gratuito e meschino», ancora più fuori luogo in un periodo come questo (sempre “pasta con pomodoro e nutella”?).
Considerando anche le opinioni (autorevoli…) di tali rappresentanti (Maroni è stato tra l’altro smentito in diretta da Guzzetta, uno dei promotori del referendum, dopo essere stato definito «agrario» dal Ministro, quando in realtà è un costituzionalista) c’è da chiedersi quale sia davvero il meglio dell’Italia.
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