Perché non leggo più il Fatto Quotidiano [e perché le banche non erogano più mutui]

Da circa un mese non leggo più il Fatto Quotidiano, che pure ho letto sin dall’inizio dell’avventura e di cui apprezzo, comunque, il fatto che si tenga in piedi da solo, senza soldi pubblici. Però la linea editoriale, specie in materia economica, è vistosamente calata in qualità, e troppo spesso si cerca il populismo spicciolo (che fa vendere, specie nell’area di riferimento del quotidiano) che la ragione.

Non ricordo esattamente il casus belli per cui smisi di leggerlo (già negli ultimi mesi continuavo a leggerlo, ma con crescente disgusto), ma per rinfrancare la mia scelta è bastato vedere mio padre leggerlo ieri in treno.

Parto dalla fine. Nelle pagine interne ho scorto una foto dell’economista con idee strampalate di cui ho già scritto qui, il quale,intervistato, suggeriva un’idea populista quanto strampalata, e cioè la nazionalizzazione delle banche (così, tanto per aumentare le inefficienze del sistema, per stringere i tentacoli della politica sulle medesime e per creare nuovi Guarguaglini e relative buonuscite milionarie a spese del contribuente).

In prima pagina, invece, esplodeva il solito populismo: in taglio medio si ricordava che le banche ingoiano soldi pubblici e poi “ridono in faccia” a chi chiede un mutuo. E qui bisogna chiarire un po’, perché c’è evidente schizofrenia.

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6 Comments

  1. Ma titoli di Stato a parte che rappresentavano una sorta di investimento a rischio zero e che ora  sono diventati un mattone nello stomaco delle banche, non è che le banche hanno investito troppo denaro in investimenti rischiosi (e quindi ben remunerati), senza avere, diciamo, “un pacchetto di investimenti più bilanciato”?

    1. È stato un bell’effetto domino. Subprime → titoli salsiccia → capitale eroso → banche in sofferenza ma ancora in piedi → crisi economica → banche in sofferenza → crisi dell’eurodebito → SBRANG!

      Tendo a non ritenere possibile che le banche (praticamente tutte) abbiano fatto investimenti completamente non bilanciati, sarebbe uscito l’inferno dalla terra, se non in Italia, almeno altrove.

  2. Quello che hai scritto a grandi linee lo capisco. Però a me servirebbe fare un altro passo indietro e capire perchè le banche debbano scegliere se investire tra titoli di stato o altro e perchè debbano investire. Anche se scritte male sono 2 domande in una 🙂

    1. Spero di avere capito correttamente la domanda.

      Detto in breve, ci sono persone che hanno più denaro di quanto gliene serva (e vogliono proteggerlo dal rischio di perdita di potere d’acquisto) e altre che ne hanno meno per soddisfare le proprie esigenze e le proprie aspirazioni, come una casa o un’impresa o un’autostrada (nel caso dello Stato) e che sono disposte a pagare un interesse. Senza le banche i due soggetti dovrebbero cercarsi tra loro, offrire garanzie elevate, cercare informazioni sulla controparte, tutta roba che rende molto difficile lo scambio del denaro.

      Le banche si inseriscono fra le due controparti: raccolgono denaro da chi ne ha in eccedenza in cambio di un certo tasso di interesse e lo reinvestono prestandolo a un tasso di interesse superiore a chi ne ha bisogno accollandosi l’onere di cercare garanzie e informazioni sul debitore. La differenza fra i due tassi è la remunerazione della banca.

      In questo modo i rischi vengono attenuati: se A presta 1000 a B perché questi possa aprire una gelateria, se B fallisce, A perde tutti i suoi soldi. Se invece 10 soggetti Ai mettono 1000 in banca, quest’ultima potrà dividerli in tanti pezzetti e investirli in un portafogli di attività adeguatamente bilanciato. Ad esempio potrà dare 5000 allo Stato, 1000 a B per aprire una gelateria, 1000 a C per comprare una casa, ecc, sicché se B dovesse fallire, il rischio che A perda tutti i suoi soldi è ridotto al minimo.

      Ovviamente tutto questo ha un costo: bisogna pagare le strutture di raccolta ed erogazione del denaro (gli sportelli), gli impiegati, i servizi, le tasse, il capitale che gli azionisti pongono a garanzia delle passività della banca (ovvero se B fallisce, sono gli azionisti a dare i soldi ad A). Se le banche tenessero semplicemente i quattrini in cassaforte non potrebbero fare nulla del genere (ogni A che dà 1000 si aspetta di ricevere, diciamo, 1030, per cui se li tieni in cassa sempre 1000 rimangono), per cui sono “costrette” a investirli prestandoli ad altri soggetti, i quali le pagheranno, per esempio, 1050: 1030 andranno ad A e i rimanenti 20 verranno utilizzati per pagare le cose di cui sopra.

      Ci siamo? 🙂

      1. Perfettissimo 🙂
        Però credo di aver centrato il punto. Non si danno i soldi alla banca per tenerli al sicuro dai malintenzionati come può essere ancora oggi nell’immaginario collettivo di molte persone, ma per investirlo e avere dei rientri di interesse.

        1. Il fatto di tenerli lontani dai malintenzionati può essere uno dei motivi per portare i soldi in banca, però bisogna considerare che gli esseri umani hanno sogni, ambizioni e obiettivi vari, per cui desiderano mettere da parte del denaro per poterlo spendere in futuro. Lasciarlo sotto il materasso significa rischiare di perderlo a causa di una tassa piuttosto subdola, e cioè l’inflazione.

          Ma questo vale più in generale per il risparmio, di cui la banca rappresenta solo una parte: per fare un esempio, in famiglia, quando nasce(va) un bambino, mio nonno prima e qualche zio poi intestava regolarmente al neonato uno o più buoni postali perché potesse utilizzare quei soldi quando sarebbe diventato grande.

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