Perché non leggo più il Fatto Quotidiano [e perché le banche non erogano più mutui]

La Grecia, il popolo greco, deve pagare per le proprie scemenze: hanno votato non una ma più volte dei criminali bipartisan che hanno falsificato i conti pubblici, nonostante i moniti dell’Europa, che dal dicembre 2004 sentiva puzza di bruciato e chiedeva alla Grecia di verificare i conti pubblici con cui (grazie al decennale governo di sinistra) entrarono in Europa, ma poi la destra, che andò al potere nel 2004, fece orecchio da mercante, e fu pure rieletta nel 2007. Ah, nel mentre il popolo greco si mise di traverso a ogni riforma su liberalizzazioni, privatizzazioni, tetti agli stipendi e riforma delle pensioni. Era il 2008, sapete com’è andata a finire. Trovate l’analogia con un altro Paese europeo.

Gli Stati devono ritrovare equilibri di finanza. I Paesi meno virtuosi, fra cui l’Italia, devono perseguire le riforme necessarie per far ripartire la crescita: come ho già detto in passato, non importa che quanto debito hai, ma che tu sia in grado di pagare gli interessi, e per pagarli devi crescere. Riforme, liberalizzazioni e politica fiscale restrittiva, ovvero riduzione della spesa per liberare risorse nel settore privato e favorire la nascita di nuove imprese e lo sviluppo di quelle esistenti.

La Germania deve smetterla [scusate] di ca*are il ca**o: o stimola la sua domanda interna o apre il portafogli e perequa gli squilibri che crea con il resto dell’area euro.

La BCE deve (con adeguata moderazione) essere libera di espandere la base monetaria per favorire la ricapitalizzazione delle banche e in seguito la crescita di M3, cioè far ripartire l’erogazione di mutui. Occorre cioè una politica monetaria espansiva che mitighi gli effetti della politica fiscale restrittiva.

Queste cose il Fatto non ve le dice perché non vendono, o ve le dice nelle ultime pagine, come foglia di fico, con qualche editoriale di Boldrin, Seminerio e pochi altri, mentre nella pagine interne è tutto un martellare di morte alle banche, è un complotto alieno, usciamo dall’euro e cretinate di astrofisici che si sentono padreterni perché il di loro genitore era un grandissimo economista, tutta roba che il solo pensiero potrebbe generare un buco nero che neanche il CERN.

Per questo ho smesso di leggere il Fatto Quotidiano: non ho bisogno di sentirmi dire quello che voglio sentirmi dire, specie se sono enormi cassiate, ma di sentirmi dire cose su cui possa riflettere. Le vignette di Mannelli, le strisce di Disegni e soprattutto le grandi inchieste giudiziarie non valgono l’euro e venti che servono per comprarlo, specie se mi tocca sorbire mezzo giornale di scemenze.

Sarà un 2012 difficile, non c’è proprio bisogno di buttarsi sul populismo. In un momento di crisi profonda il fascismo, di destra e di sinistra, è sempre dietro l’angolo, e non bisogna fornire all’opinione pubblica leggende metropolitane come “se usciamo dall’euro stiamo meglio” e “è tutta speculazione, signò” su cui gli aspiranti Mussolini possano fare leva.

Caro Fatto, servono fatti.

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6 Comments

  1. Ma titoli di Stato a parte che rappresentavano una sorta di investimento a rischio zero e che ora  sono diventati un mattone nello stomaco delle banche, non è che le banche hanno investito troppo denaro in investimenti rischiosi (e quindi ben remunerati), senza avere, diciamo, “un pacchetto di investimenti più bilanciato”?

    1. È stato un bell’effetto domino. Subprime → titoli salsiccia → capitale eroso → banche in sofferenza ma ancora in piedi → crisi economica → banche in sofferenza → crisi dell’eurodebito → SBRANG!

      Tendo a non ritenere possibile che le banche (praticamente tutte) abbiano fatto investimenti completamente non bilanciati, sarebbe uscito l’inferno dalla terra, se non in Italia, almeno altrove.

  2. Quello che hai scritto a grandi linee lo capisco. Però a me servirebbe fare un altro passo indietro e capire perchè le banche debbano scegliere se investire tra titoli di stato o altro e perchè debbano investire. Anche se scritte male sono 2 domande in una 🙂

    1. Spero di avere capito correttamente la domanda.

      Detto in breve, ci sono persone che hanno più denaro di quanto gliene serva (e vogliono proteggerlo dal rischio di perdita di potere d’acquisto) e altre che ne hanno meno per soddisfare le proprie esigenze e le proprie aspirazioni, come una casa o un’impresa o un’autostrada (nel caso dello Stato) e che sono disposte a pagare un interesse. Senza le banche i due soggetti dovrebbero cercarsi tra loro, offrire garanzie elevate, cercare informazioni sulla controparte, tutta roba che rende molto difficile lo scambio del denaro.

      Le banche si inseriscono fra le due controparti: raccolgono denaro da chi ne ha in eccedenza in cambio di un certo tasso di interesse e lo reinvestono prestandolo a un tasso di interesse superiore a chi ne ha bisogno accollandosi l’onere di cercare garanzie e informazioni sul debitore. La differenza fra i due tassi è la remunerazione della banca.

      In questo modo i rischi vengono attenuati: se A presta 1000 a B perché questi possa aprire una gelateria, se B fallisce, A perde tutti i suoi soldi. Se invece 10 soggetti Ai mettono 1000 in banca, quest’ultima potrà dividerli in tanti pezzetti e investirli in un portafogli di attività adeguatamente bilanciato. Ad esempio potrà dare 5000 allo Stato, 1000 a B per aprire una gelateria, 1000 a C per comprare una casa, ecc, sicché se B dovesse fallire, il rischio che A perda tutti i suoi soldi è ridotto al minimo.

      Ovviamente tutto questo ha un costo: bisogna pagare le strutture di raccolta ed erogazione del denaro (gli sportelli), gli impiegati, i servizi, le tasse, il capitale che gli azionisti pongono a garanzia delle passività della banca (ovvero se B fallisce, sono gli azionisti a dare i soldi ad A). Se le banche tenessero semplicemente i quattrini in cassaforte non potrebbero fare nulla del genere (ogni A che dà 1000 si aspetta di ricevere, diciamo, 1030, per cui se li tieni in cassa sempre 1000 rimangono), per cui sono “costrette” a investirli prestandoli ad altri soggetti, i quali le pagheranno, per esempio, 1050: 1030 andranno ad A e i rimanenti 20 verranno utilizzati per pagare le cose di cui sopra.

      Ci siamo? 🙂

      1. Perfettissimo 🙂
        Però credo di aver centrato il punto. Non si danno i soldi alla banca per tenerli al sicuro dai malintenzionati come può essere ancora oggi nell’immaginario collettivo di molte persone, ma per investirlo e avere dei rientri di interesse.

        1. Il fatto di tenerli lontani dai malintenzionati può essere uno dei motivi per portare i soldi in banca, però bisogna considerare che gli esseri umani hanno sogni, ambizioni e obiettivi vari, per cui desiderano mettere da parte del denaro per poterlo spendere in futuro. Lasciarlo sotto il materasso significa rischiare di perderlo a causa di una tassa piuttosto subdola, e cioè l’inflazione.

          Ma questo vale più in generale per il risparmio, di cui la banca rappresenta solo una parte: per fare un esempio, in famiglia, quando nasce(va) un bambino, mio nonno prima e qualche zio poi intestava regolarmente al neonato uno o più buoni postali perché potesse utilizzare quei soldi quando sarebbe diventato grande.

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