Perché non leggo più il Fatto Quotidiano [e perché le banche non erogano più mutui]

Un altro dei cavalli di battaglia degli indignados alle vongole (di cui il Fatto si è spesso esposto come portavoce) è che le banche sono passate dalla finanza al servizio dell’economia alla finanza creativa prima e alla finanza cretina (cioè tutta matematica e poco buonsenso) poi. Verissimo.

Gli indignados chiedono regole più stringenti. Ottimo.

Le regole più stringenti ci sono già e le banche da tempo si stanno attivando per rispettare, ad esempio, queste regole qui. Però nel frattempo cosa è successo? Facile: c’è stata una crisi economica seguita da un’altra crisi economica; diversi Stati europei sono finiti nella m…, e i titoli di Stato di molti e sempre più Paesi sono passati dall’essere sicuri a quasi sicuri e dall’essere quasi sicuri a non valere più una mazza. Si pensi ai titoli italiani, allo spread e cose varie.

Sicché è partita la corsa al funding, ovvero le banche si sono messe alla ricerca dei quattrini necessari per rispettare le regole più stringenti che venivano loro imposte. Purtroppo, però, i soldi sono pochi e per rispettare i requisiti di capitale, le banche si sono mosse come potevano. Per esempio qualche mese fa Deutsche Bank ha coperto la propria esposizione sui titoli di Stato italiani per evitare il rischio di intaccare il proprio capitale, solo per ricordare il caso più eclatante. Altre banche hanno tentato aumenti di capitale (Unicredit in queste settimane ne sta tentando uno che tenderei a giudicare piuttosto disperato). Tuttavia gli strumenti convenzionali non hanno funzionato e qui è intervenuta la BCE con il quasi-QE delle settimane passate.

Con il quasi-QE la BCE ha quasi-aumentato la sua base monetaria (detto in termini spiccioli: ha quasi-stampato moneta), sperando in questo modo che almeno una parte di questi soldi freschi finisse nel circuito economico. Secondo Société Générale, però, sinora non si è avuto un aumento decisivo della massa monetaria M3 (che anzi è crollata), cioè della moneta creata dalle banche, con buona pace degli economisti austriaci scleroweimeriani (cit.).

Che significa: significa che le banche usano i soldi prestati dalla BCE per acquistare titoli giudicati come “a basso rischio” dalle regole stringenti che sono state loro imposte, e non per acquistare titoli a rischio un po’ più alto (sempre secondo le regole più stringenti di cui sopra), come ad esempio i mutui. Ricordate la crisi dei subprime? Bene, molti mutui che prima non erano subprime, a causa della crisi economica in cui siamo immersi, oggi lo sono.

Chiariamo la schizofrenia: oggi molta gente chiede che le banche non rischino troppo, ma anche che rischino emettendo più mutui di quello che serve. Botte piena e moglie ubriaca.

Esempio molto semplificato. Stando alle regole che sono state imposte alla banche (cioè dai governi, cioè da noi), le banche devono avere “in cassa” una certa percentuale dei soldi che hanno investito in altri strumenti giudicati come rischiosi. Più uno strumento è rischioso, più capitale devono avere in cassa.

Che succede se uno strumento finanziario sicuro o quasi diventa nel giro di un attimo della spazzatura?

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6 Comments

  1. Ma titoli di Stato a parte che rappresentavano una sorta di investimento a rischio zero e che ora  sono diventati un mattone nello stomaco delle banche, non è che le banche hanno investito troppo denaro in investimenti rischiosi (e quindi ben remunerati), senza avere, diciamo, “un pacchetto di investimenti più bilanciato”?

    1. È stato un bell’effetto domino. Subprime → titoli salsiccia → capitale eroso → banche in sofferenza ma ancora in piedi → crisi economica → banche in sofferenza → crisi dell’eurodebito → SBRANG!

      Tendo a non ritenere possibile che le banche (praticamente tutte) abbiano fatto investimenti completamente non bilanciati, sarebbe uscito l’inferno dalla terra, se non in Italia, almeno altrove.

  2. Quello che hai scritto a grandi linee lo capisco. Però a me servirebbe fare un altro passo indietro e capire perchè le banche debbano scegliere se investire tra titoli di stato o altro e perchè debbano investire. Anche se scritte male sono 2 domande in una 🙂

    1. Spero di avere capito correttamente la domanda.

      Detto in breve, ci sono persone che hanno più denaro di quanto gliene serva (e vogliono proteggerlo dal rischio di perdita di potere d’acquisto) e altre che ne hanno meno per soddisfare le proprie esigenze e le proprie aspirazioni, come una casa o un’impresa o un’autostrada (nel caso dello Stato) e che sono disposte a pagare un interesse. Senza le banche i due soggetti dovrebbero cercarsi tra loro, offrire garanzie elevate, cercare informazioni sulla controparte, tutta roba che rende molto difficile lo scambio del denaro.

      Le banche si inseriscono fra le due controparti: raccolgono denaro da chi ne ha in eccedenza in cambio di un certo tasso di interesse e lo reinvestono prestandolo a un tasso di interesse superiore a chi ne ha bisogno accollandosi l’onere di cercare garanzie e informazioni sul debitore. La differenza fra i due tassi è la remunerazione della banca.

      In questo modo i rischi vengono attenuati: se A presta 1000 a B perché questi possa aprire una gelateria, se B fallisce, A perde tutti i suoi soldi. Se invece 10 soggetti Ai mettono 1000 in banca, quest’ultima potrà dividerli in tanti pezzetti e investirli in un portafogli di attività adeguatamente bilanciato. Ad esempio potrà dare 5000 allo Stato, 1000 a B per aprire una gelateria, 1000 a C per comprare una casa, ecc, sicché se B dovesse fallire, il rischio che A perda tutti i suoi soldi è ridotto al minimo.

      Ovviamente tutto questo ha un costo: bisogna pagare le strutture di raccolta ed erogazione del denaro (gli sportelli), gli impiegati, i servizi, le tasse, il capitale che gli azionisti pongono a garanzia delle passività della banca (ovvero se B fallisce, sono gli azionisti a dare i soldi ad A). Se le banche tenessero semplicemente i quattrini in cassaforte non potrebbero fare nulla del genere (ogni A che dà 1000 si aspetta di ricevere, diciamo, 1030, per cui se li tieni in cassa sempre 1000 rimangono), per cui sono “costrette” a investirli prestandoli ad altri soggetti, i quali le pagheranno, per esempio, 1050: 1030 andranno ad A e i rimanenti 20 verranno utilizzati per pagare le cose di cui sopra.

      Ci siamo? 🙂

      1. Perfettissimo 🙂
        Però credo di aver centrato il punto. Non si danno i soldi alla banca per tenerli al sicuro dai malintenzionati come può essere ancora oggi nell’immaginario collettivo di molte persone, ma per investirlo e avere dei rientri di interesse.

        1. Il fatto di tenerli lontani dai malintenzionati può essere uno dei motivi per portare i soldi in banca, però bisogna considerare che gli esseri umani hanno sogni, ambizioni e obiettivi vari, per cui desiderano mettere da parte del denaro per poterlo spendere in futuro. Lasciarlo sotto il materasso significa rischiare di perderlo a causa di una tassa piuttosto subdola, e cioè l’inflazione.

          Ma questo vale più in generale per il risparmio, di cui la banca rappresenta solo una parte: per fare un esempio, in famiglia, quando nasce(va) un bambino, mio nonno prima e qualche zio poi intestava regolarmente al neonato uno o più buoni postali perché potesse utilizzare quei soldi quando sarebbe diventato grande.

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