La Manifestazione che salvò l’Italia

Funny Devil Dork GirlAccade che un giorno, organizzandosi chissà come, un bel po’ di gente cominciò a radunarsi nelle piazze di Roma, Milano, un po’ ovunque. Una vera e propria marea umana cominciò a chiedere che il vecchio se ne andasse.

L’ennesima manifestazione contro Berlusconi si direbbe. Ma c’è qualcosa di diverso. Qua e là dei vandali cominciano ad approfittare del bailamme per scassare qualche vetrina. I manifestanti pacifici, appena notano questa cosa, rincorrono i vandali e li sotterrano di mazzate. La polizia non è ancora arrivata e i manifestanti non vogliono che i tg addomesticati osino dare soltanto notizia dei vandali e non quella del loro messaggio, sempre lo stesso: “vecchio vattene!“. Stavolta i manifestanti erano determinati a farsi ascoltare.

I manifestanti erano così tanti che le questure dovettero ammettere che forse erano quasi sei o sette. Milioni.

Sempre più strano, uno non è in grado di capire chi è che ha organizzato ‘sta cosa: Grillo, il popolo viola, Di Pietro? Non sembrano essere stati pagati, quindi escluderei la Santanché.

Umberto Bossi, passando di lì per caso, nota che fra i manifestanti c’era un folto gruppo di giovani e vecchi, uomini e donne che lui conosce personalmente, uno per uno, perché lo seguono da sempre ovunque vada, leghisti di ferro. Bossi si avvicina, gli fa i complimenti, blablabla, Roma ladrona, ma i manifestanti lo fermano e gli dicono: “Umberto, a furia di stare a Roma sei diventato ladrone pure tu, ma c’è di peggio: per fare un piacere a degli allevatori ladri hai tolto i soldi ai malati di tumore, siamo leghisti, mica beduini”. Bossi è un po’ spaesato, sarà pure colpa per l’ictus, lo portano via.

S’avvicina Bersani, vede anche lui un folto gruppo di simpatizzanti del PD e capisce che si tratta di una manifestazione spontanea della sinistra. “Bravi ragassi, mandiamolo a casa”. “No, Pierluì, – rispondono loro – guarda che il vecchio che se ne deve andare sei anche tu: sei una brava persona, ma hai ancora farabutti come Veltroni, D’Alema, Violante che hanno aiutato Berlusconi per vent’anni, intorno a te o addirittura sopra di te. Dovete andarvene ora”. E anche Bersani, sorpreso, se ne va.

Tentano un approccio Fini e Casini, ma, pur essendovi loro sostenitori, capiscono che non è aria: non gli perdonano di aver sostenuto (loro e i loro elettori) Berlusconi per troppo tempo.

E finalmente arriva Di Pietro, è lui la mente dietro questa oceanica manifestazione, sicuro. Invece no: anche i suoi sostenitori lo prendono a male parole, per essersi troppo spesso rimangiato la parola data (tipo quando disse di voler togliere il suo nome dal simbolo del partito, o più in generale di togliere gli artigli dallo stesso), per la scelta dei parlamentari che subito si sono venduti al “nemico”, qualcuno gli contesta anche che dopo cinque anni ancora non è stata prodotta una proposta economica internamente coerente. Niente, neanche Di Pietro è il capo di questa baraonda.

Non sono i comunisti, ormai rimasti in tre o quattro a litigare su chi ha la falce e martello più bella, non sono i Verdi, ormai spariti sotto il peso delle loro stesse stronzate (i Verdi europei, invece, sono Verdi veri), non sono i micropartitini, non è neppure Grillo: Grillo si era presentato subito a Milano a salutare quei ragazzi (anche non ragazzi); stava improvvisando un comizio, ma dopo aver capito che quella tempesta umana non solo non lo avrebbe votato, ma avrebbe pure continuato a votare PdL, Lega, UdC, Fli, PD, IdV, fece per andarsene. Se ne andò definitivamente quando capì che comunque non sarebbe riuscito a vendere nemmeno un DVD. E allora andò a casa e scrisse un post in cui diceva che quei milioni e milioni di persone erano morti. Non aveva fatto in tempo a notare che in piazza c’erano pure i “suoi” consiglieri a cinque stelle.

La polizia intanto era arrivata, ma stranamente non reagiva. Non ne aveva motivo, e, a parte che erano troppi, veramente erano tanti, non davano neanche fastidio: semplicemente stavano lì, camminavano, stavano seduti a terra, qualcuno s’era portato il barbecue. Sì, perché ormai s’era fatta una certa, ma quelli ancora non schiodavano.

Rimasero lì per settimane a chiedere che il vecchio se ne andasse.

E finalmente il vecchio che se ne doveva andare capì: la piazza ce l’aveva con tutti loro, da Berlusconi a Di Pietro fino all’ultimo degli Scilipoti. La piazza fece ben capire che il problema non erano i partiti, non era chi c’era al governo e chi all’opposizione, il problema erano le persone, le stesse che da vent’anni pretendono di dire che hanno governato in Italia, quando l’Italia nello stesso periodo non era stata governata. Se il governo non faceva niente, in alternativa c’era un opposizione che non sapeva che fare; l’opposizione vinceva, non sapeva che fare, si spaccava, di nuovo elezioni, di nuovo il governo che non faceva niente tornava a governare.

Eh, ma mobbasta.

La piazza fece capire che non si trattava di una imponente manifestazione qualunquista, bensì di una grande dimostrazione di amore per la politica, la politica vera, quella che loro avevano smesso di fare da vent’anni. I manifestanti, intervistati dai cronisti, dicevano di essere disposti a votare gli stessi partiti che avevano votato nel 2006 o nel 2008, ma che se avessero candidato le stesse persone non le avrebbero votate. E che avrebbero continuato a protestare a oltranza.

Stavolta non si scherzava: se questi somari (i manifestanti, beninteso) non lavoravano, infatti, non c’era più carne da succhiare. Se non pagavano le tasse, il governo non poteva pagare gli appalti vinti dagli amici della cricca, mentre l’opposizione non poteva comprarsi l’iPad. La pacchia era finita: speravano potesse continuare per sempre, continuare per altri dieci o vent’anni a far finta di litigare per poi coprirsi a vicenda e inciuciare, tu salvi un Tedesco qui, io ti voto l’appalto là. Niente, puff, i pecoroni avevano capito il gioco, nonostante i media ci provassero, quelli non si strozzavano a vicenda. Anzi, c’erano due vecchi “facinorosi” dell’UdC e della Lega, gente che se n’era data di santa ragione in passato… che adesso prendevano il tè come due lord inglesi a Buckingham Palace; c’era questa ragazza vista a volte accanto a Berlusconi anni addietro, che adesso accettava la corte di un (ex) fan sfegatato di Di Pietro. C’erano dei leghisti, dei piddini e dei centristi che combattevano il caldo col Super Liquidator. Oh, questi, dopo dieci anni almeno, hanno capito che non devono ammazzarsi a vicenda, bensì mandare a casa quei bacucchi che li facevano litigare. Niente, era finita.

Allora il vecchio fece l’unica cosa che era possibile fare: fuggire all’estero. Berlusconi andò ad Antigua, Fini a Montecarlo, Casini alle Maldive, Bersani sulla barca con D’Alema, Di Pietro… beh, Di Pietro s’è perso perché non è riuscito a farsi capire da quelli cui chiedeva la strada, probabilmente sta parlando slovacco in Slovenia o sloveno in Slovacchia. Napolitano, tenuto sveglio dalla piazza, trovata la stilografica, sciolse le camere (un atto solo formale, dopotutto le aule si erano svuotate, il Parlamento già aveva cessato di esistere per mancanza di parlamentari).

Si andò ad elezioni, la gente abbandonava la piazza solo per andare a votare e poi tornava a protestare. I simboli sulla scheda erano più o meno gli stessi, ma non c’erano le stesse persone. Si fece lo scrutinio, qualcuno vinse, qualcuno perse.

Finalmente la manifestazione si sciolse, i manifestanti si salutavano calorosamente. I cronisti, intanto, facevano alla folla la stessa domanda.

“E adesso?”

E la risposta era sempre la stessa: “Adesso l’opposizione faccia l’opposizione mentre il governo governa. Non osino fare le porcate di quelli che c’erano prima perché la prossima volta ci arrabbieremo“.

Ci volle un po’ per ingranare, ma qualche anno dopo di scontri e di collaborazione fra maggioranza e opposizioni (finalmente su temi REALMENTE cari al Paese), finalmente tutte le scuole elementari avevano la carta igienica. Ruvida. Monostrato. Ma c’era. Riparare i danni fatti da quelli che c’erano prima, quelli che avevano infilato una cannuccia nella carne dei cittadini e succhiavano, succhiavano, succhiavano, riparare quei danni avrebbe richiesto ancora del tempo. Ma insomma, sapere che c’era la carta igienica a disposizione dei bambini ti spingeva all’ottimismo e a credere che, sì, riuscivamo a intravedere la fine del tunnel.

(Il lettore individui almeno sei particolari che rendono irrealistica la precedente ricostruzione)

Photo credits | D. Sharon Pruitt from Hill Air Force Base, Utah, USA (Free Funny Devil Dork Girl Creative Commons) [CC-BY-2.0], attraverso Wikimedia Commons

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3 Comments

    1. Già sogniamo troppo, dovremmo agire, invece.

      Ma purtroppo mi sa che ci toccherà scannarci a vicenda ancora per un po’.

      (Almeno)

      Ops. 🙂

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