Ho seguito, negli ultimi giorni, due servizi sul referendum elettorale in onda sul TG1, sul TG2 e addirittura su TG Parlamento. Tre servizi incorretti, da precisare per evitare equivoci.
Il messaggio che è passato è che i primi due referendum (scheda viola e scheda beige) comporteranno i medesimi effetti sia alla Camera che al Senato, ma non è così.
Alla Camera il premio di maggioranza viene assegnato alla lista o alla coalizione di liste che prendono più voti in tutto il Paese.
Al Senato, invece, avviene la medesima cosa, ma solo su base regionale. Dunque chi prende più voti in tutto il Paese non è detto abbia la maggioranza dei seggi al Senato (è avvenuto, ad esempio, nel 2006, quando il centrodestra prese più voti nel Paese, ma la seppure risicata maggioranza al Senato spettò alla coalizione di centrosinistra). Il calcolo è più complicato: ogni Regione elegge tot senatori, chi vince prende il 55% di quei senatori. Questo significa che in Lombardia può vincere una lista, in Sicilia può vincere un’altra, nel Lazio un’altra ancora.
I servizi non rendono evidente questa differenza, che è pure fondamentale. Termometro Politico ha effettuato una simulazione con i dati delle ultime europee e il quadro è rassicurante quanto a tutela della Costituzione.
Mentre alla Camera il PdL avrebbe il 55% (e aggiungendo Lega Nord e Unione di Centro raggiunge i due terzi), al Senato questo non avverrebbe, neppure aggrappandosi a Lega e UdC.
Si tratta di una simulazione (le elezioni europee sono diverse e certi accorpamenti sono piuttosto brutali), ma rende bene l’idea sulla fondamentale differenza che passa fra due referendum che invece il servizio pubblico tratta come uguali. Le cose certamente cambierebbero in caso di ipotesi bicicletta, ovvero di partiti che si uniscono a creare una sola lista elettorale (PdL e Lega, PD e IdV). Ma in questo caso non cambierebbe molto rispetto al sistema vigente, visto che questi quattro partiti nel 2008 erano in coalizione, e questa volta si limiterebbero a porsi sotto lo stesso simbolo alle elezioni per poi separarsi immediatamente dopo. Come sempre.
Torno a ribadire: i referendum non cambierebbero granché il sistema politico, una vittoria del sì costringerebbe la Lega Nord a farsi promotore di una nuova legge elettorale, con Silvio Berlusconi ancora una volta costretto a piegarsi per non perdere l’ombrello dell’immunità e per non mandare al diavolo le varie controriforme in cantiere. Una vittoria del no e dell’astensione, invece, verrebbe (forzatamente) interpretato come un’approvazione della legge porcata vigente.
In ogni caso, cercate di votare sì all’ultimo quesito, scheda verde (anche senza ritirare la scheda elettorale degli altri due): l’impossibilità di candidarsi in più circoscrizioni, seppure non toglie di mezzo lo schifo delle liste bloccate, almeno eviterà che una grande fetta di parlamentari venga direttamente nominata dai capi di partito e da un piccolo numero di plurieletti.
Per una semplice guida al referendum, fate riferimento alla prima parte di questo articolo.