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Il 24 dicembre 2008 il GIP Luca De Ninis ha scarcerato l’ex sindaco di Pescara, coinvolto in una Tangentopoli. Il giorno dopo tutti a dire che il sindaco di Pescara è un santo e che i giudici sono dei figli del demonio e che vanno impiccati sulla pubblica piazza, visto che si erano sbagliati. Fin qui la versione ufficiale come ci han fatto conoscere i giornali e i telegiornali: la versione reale, invece, risulta essere che il sindaco di Pescara è ancora più colpevole di prima, secondo il GIP, ma che poteva essere scarcerato perché si era dimesso e non era quindi pericoloso per le prove. (Aggiornamento: ecco il testo dell’ordinanza, vediamo fra me e uno di quei politici urlatori dice più cazzate).
Insomma noi abbiamo saputo tutto il contrario della verità!
Ad esempio, dopo la scarcerazione, il segretario del PD Walter Veltroni, il suo ministro ombra Lanfranco Tenaglia, la sua ombra Luciano Violante e vari altri esponenti del PD si sono incazzati di brutto. «Ehi, se l’hanno scarcerato vuol dire che non aveva fatto nulla! Giudici bastardi, non vi inviteremo più alle feste dell’Unità!»
E nel PdL, non essendo meno coglioni, tutti a solidarizzare con loro. L’ex socialista e piduista Fabrizio Cicchitto, con la sua consueta faccia da sbullonato (di cui abbiamo una diapositiva), diceva sornione: «AAAAAAAAAAH, avete visto, razza di pseudocomunisti, che la giustizia non funziona? È tutta colpa del governo Prodi, Berlusconi aveva ragione, sono dei pazzi, mandiamoli al rogo insieme a quell’eversivo di Di Pietro» eccetera eccetera. Ed è solo un esempio.
Questa manica di idioti bipartisan, anche se probabilmente idioti è riduttivo di fronte a tali livelli di stupidità e di incoscienza, parlavano senza sapere che cosa stavano dicevano. L’importante è parlare, dire qualcosa, anche stronzate (anzi, soprattutto stronzate).
Rileggendo l’ordinanza di scarcerazione, Marco Travaglio e il Giornale (che ritroviamo stranamente d’accordo) ci informano di una notizia sconvolgente, e che io ricostruisco così.
Il sindaco di Pescara viene arrestato: l’arresto è una misura di custodia cautelare, ovvero in questo caso serviva ad impedire che il sindaco utilizzando la sua posizione di sindaco, potesse nascondere o manipolare le prove della sua colpevolezza. Poco dopo, probabilmente consigliato dai suoi avvocati, il sindaco di Pescara si dimette. Non essendo più sindaco, Luciano D’Alfonso ha meno possibilità di inquinare le prove, e visto che era quasi Natale, il GIP lo rimanda a casa. Ma come scrive lo stesso GIP nell’ordinanza di scarcerazione l’impianto accusatorio (ovvero gli indizi e le prove raccolte contro D’Alfonso) sono ancora valide, anzi, sono ancora più forti!
In altre parole, secondo il GIP, D’Alfonso è ancora colpevole, ma visto che adesso non può inquinare le prove può tornare in libertà e passare il Natale con la sua famiglia ((Ah, questi giudici cattivi che fanno passare il Natale con i propri cari, vogliono proprio torturarlo!)) .
Non è stato scarcerato perché è innocente, tutto il contrario. I giudici non si sono sbagliati, come ci hanno detto i politici-buffoni del PD e del PdL. Questi qui non hanno fatto altro che strumentalizzare questa vicenda per convincere i cittadini che una riforma della giustizia addirittura cambiando la Costituzione è necessaria e urgente, proprio come ha detto ieri Berlusconi.
Ma tutto questo non è affatto vero: da dieci anni, le riforme della giustizia fatte prima dal governo D’Alema e poi dal governo Berlusconi sono state fatte senza toccare la Costituzione, con l’intanto di salvare gli amici dagli scandali di corruzione, come Tangentopoli o i numerosi processi di Berlusconi e i suoi amici siciliani.
Per salvare se stessi hanno aumentato a dismisura i tempi della giustizia o introdotto indulti vari, in modo da arrivare sicuramente alla prescrizione e non farsi neanche un giorno di galera. Poco importa se, alla fine, a rimetterci siamo noi cittadini quando chiediamo giustizia. Una vera riforma della giustizia dovrebbe consistere in primo luogo nell’abolizione di quelle pseudoriforme, dei veri crimini contro l’onestà.