Alla fine sono usciti allo scoperto alcuni dei protagonisti della campagna elettorale, ovvero della cordata per Alitalia: dopo Banca Intesa, oggi è toccato a Ligresti.
Ma chiediamoci: come mai questi soggetti sono usciti fuori adesso? Perché prima hanno negato?
Innanzitutto, AirFrance-KLM si è ritirata (quindi niente concorrenza seria per acquistare Alitalia, quindi un prezzo più basso), il governo Prodi ha varato un prestito ponte (quindi i prossimi soci saranno agevolati), ma soprattutto Berlusconi ha vinto le elezioni (diventando quindi una sorta di airbag nel caso qualcosa vada male, visto che è lui a giocarci la faccia – e che, in extremis, potrà contare sull’aiuto dell’amico Putin). Anche i sindacati, forse, saranno contenti, visto che probabilmente si salverà l’ipertrofico personale di Alitalia (non ho nulla contro di loro, sono semplicemente troppi).
Forse saranno contenti anche gli italiani, per patriottismo: ma forse non avranno notato che Alitalia sarà salvata da noi, o meglio, dai nostri soldi. Il prestito ponte chi lo ha pagato? Lo Stato? E lo Stato da dove li prende i soldi? Dalle nostre tasche.
Dunque lo Stato ha prestato soldi ad un’azienda che lo Stato stesso ha amministrato in un modo terribile, stornando quindi denaro che teoricamente poteva tradursi in servizi per il cittadino. Adesso quei soldi serviranno a salvare un’azienda che subito dopo verrà privatizzata, a tutto vantaggio di tali privati.
Sappiamo già che lo Stato (e quindi noi) paga spesso multe per conto dei privati (ricordiamo che Berlusconi mette troppa pubblicità sulle sue tv, guadagnandoci, mentre l’UE ci multa proprio perché Berlusconi mette troppa pubblicità: lui guadagna, noi paghiamo, insomma). Ma il governo Prodi aveva forse alternative?
No, per vari motivi: innanzitutto, siamo ancora in campagna elettorale. Far fallire Alitalia significa uscire ancora più malconci dalle urne. In secondo luogo, l’alternativa al prestito ponte era il commissariamento, quindi una procedura agevolata per salvare l’azienda, ovvero licenziamenti più semplici, con lo scontento dei sindacati e dei lavoratori, ovviamente contro il governo Prodi (che condivide la colpa con Berlusconi e con se stesso, rispettivamente dal 2001 e dal 1996). In terzo luogo, il commissariamento avrebbe favorito la cordata di Berlusconi, visto che una volta rimessa in piedi quel che rimaneva dell’azienda, essa sarebbe stata un bocconcino ancora più prelibato.
Insomma, un simpatico gioco di potere e dispetti. Che paghiamo noi. E che, a quanto dicono giornali “comunisti” (ricordiamo che tutto quanto non è nel controllo di Berlusconi è comunista, anche i giornali più liberali di lui) come il Financial Times, The Independent, The Guardian, eccetera, oltre ad essere scorretto, è anche inutile.
Chissà, forse un giorno ci renderemo conto che la classe politica da quindici anni al potere è incapace, e che ormai giocano a scacchi sulla nostra pelle? E ci renderemo mai conto che le corporazioni (avvocati, industriali, commercianti, sindacati, eccetera) sono troppo miopi per capire che difendendo le proprie prerogative a tutti i costi, strangolano il Paese e soprattutto se stessi?
L’allarme continua a suonare, ma nessuno sembra sentirlo…
Dreaming Argentina…