Regionali 2010: pochi vincitori, tanti sconfitti

Si partiva da un 11 a 2 per il centrosinistra, si arriva con un 7 a 6 sempre per il centrosinistra.

Dunque, il PD perde, fesso chi dice il contrario. La vittoria era il 9-4, il pareggio 8-5: il risultato finale, invece, è una Waterloo. Unica nota positiva, nel riepilogo nazionale il PD non sembra perdere consensi (si rimane intorno al 26%, io sono abituato a cercare una luce in ogni notte).

Si potrebbe dire che, se il PD perde, il PdL vince: invece no, il PdL non vince. Anche ipotizzando un 30% in provincia di Roma (qualcosa meno di un milione di voti), nel riepilogo nazionale il PdL scende sotto il 30%, e la Lega ringrazia. Tuttavia non si può neppure dire che il PdL perde: alla fine governa la maggioranza degli italiani anche a livello regionale. Ma la cosa va un po’ allargata, perché…

La Lega Nord vince. Punto: due governatori nel nord e consensi record praticamente ovunque, dall’essere primo partito in Veneto a contare un consigliere regionale addirittura in Umbria. Nel riepilogo nazionale si ferma al 12%, percentuale che va un po’ diluita, ma che resta comunque sopra il 10%. Comanda la Lega, adesso. Resta tuttavia il problema che la Lega non ha alcuna volontà riformatrice vera, quindi, in sostanza, non è in grado di fare niente di buono per il Paese soprattutto nel lungo periodo. Ma è andata così.

Consolidano l’IdV e l’UdC, i cui consensi restano fermi. Con due differenze: l’IdV passa dal 1% del 2005 al 7%, intercettando quasi perfettamente i fuoriusciti dal PD (stessa cosa per PdL e Lega, comunque, dove la crescita della seconda è perlopiù a scapito della prima, a dimostrazione che l’elettorato italiano si sposta poco, e sempre nelle vicinanze), l’UdC resta ferma dov’era cinque anni fa. Non solo, ma l’UdC si rivela decisiva in sole due regioni, nel Lazio e in Puglia (anche se non sono convinto che tutti gli elettori della Poli Bortone si sarebbero travasati su Palese). Insomma, un fallimento per Casini.

Grillo mette a segno quattro consiglieri regionali in due regioni su cinque in cui si era presentato, ovvero in Emilia-Romagna e Piemonte. Si può parlare di vittoria, ma di vittoria di Pirro. Visto lo scarto con cui la Bresso ha perso (diecimila voti, poco più di un decimo dei voti presi dal movimento a cinque stelle in Piemonte), per vincere due seggi ne fa guadagnare dieci a Cota. Una politica più accorta, meno radicale, magari con partiti affini (come l’Italia dei Valori, che come dimostra la Calabria, poteva aspirare al 10% in molte regioni, soprattutto in assenza di Grillo) avrebbe permesso di avere rappresentanti nei consigli regionali di peso maggiore. Adesso, giusto per fare un esempio, intervenire sul progetto TAV, uno dei cavalli di battaglia di Grillo, sarà praticamente impossibile, mentre sarebbe stato più facile trovare ascolto e aiuto in una coalizione di centrosinistra che risulta vittoriosa grazie ai voti di Grillo.

Berlusconi perde. Dei sei governatori eletti, zero sono suoi “uomini”. Scopelliti in Calabria e Polverini nel Lazio sono in area AN; Zaia e Cota sono roba della Lega Nord; Formigoni fa storia a sé assieme a CL; Caldoro s’è girato un po’ tutti i partiti del mondo e va a Napoli a mettersi le dita nel naso: ecco, forse è lui il governatore più vicino a Berlusconi. Ma la resa alla Lega e all’area AN, più costruttiva e presente in mezzo alla gente rispetto al presidente del Consiglio, troppo impegnato a baciare mani a dittatori e a salvarsi dai processi, lo indebolisce e segna l’inizio del tramonto di Berlusconi. Adesso lo strapotere della Lega metterà in sofferenza l’area veramente moderata del PdL, già in fibrillazione prima, indebolendo una maggioranza già piuttosto fragile. Il rischio di andare al voto prima del 2013, nonostante sia più basso rispetto all’eventualità di una vittoria del centrosinistra ieri, c’è ancora, ma le elezioni che verrebbero fuori vedrebbero vincitore, con una certa probabilità, ancora Berlusconi, a mio avviso, ma con una Lega pronta a reclamare mezzo governo. E lì sarebbe una disfatta per l’Italia.

L’unico che può dire di aver vinto è Nichi Vendola (a parte un bravissimo Burlando in Liguria). Dopo aver vinto le primarie contro il PD ha vinto anche le secondarie contro la destra, come dice lui. Adesso ha la strada spianata per un Vendola 2013, nel tentativo di esportare la sua fabbrica fuori dalla Puglia. Bersani, nonostante resista, è ridotto ai minimi termini: nei prossimi anni Vendola deve cercare di trovare consensi nel meglio delle seconde file del PD, a cominciare, ad esempio, da un Civati, rieletto a Monza e nella Brianza. Aiutarli a rendersi più visibili agli italiani, buttando fuori dai teleschermi, in attesa di mandarli in pensione nel partito, le persone che comandano a sinistra da venti, trenta o quarant’anni. Vendola non può prescindere dal PD, è vero, ma è necessario che il centrosinistra del futuro non sia un’accozzaglia di partiti messi assieme dall’antiberlusconismo (che non è comunque nulla di male, se non il rifiuto di una politica deviata), bensì un progetto di ampio respiro che miri a riportare legalità, vere libertà e fondamentali, concrete riforme per l’Italia, che ci permettano di tornare in Europa. Questo significa anche essere costretti a rinunciare a qualcuno: comunisti e UdC, se volessero fare parte di questo progetto, dovrebbero entrare nel ventunesimo secolo, ma in tutta sincerità la vedo dura.

Brava la Bonino, che ha lottato fino all’ultimo: senza di lei, altro che quasi pareggio!

Adesso, intanto, si dice che finalmente Berlusconi potrà governare, visto che non ci sono più elezioni importanti fino al 2013. Io me la rido: questo tizio continua a promettere le stesse riforme dal 1994, è stato al governo cinque anni consecutivi, è al governo da altri due, e non ha fatto nulla di quanto promesso, mai. La differenza fra il prima e il dopo è che adesso Berlusconi, nel chiedere le leggi che gli servono per salvare sé stesso, le sue televisioni e le sue aziende, sarà costretto ad andare a Pontida e concedere alla Lega qualunque cosa, affidando ad essa le volontà riformiste che però il Carroccio non può incarnare, per il semplice motivo che non ce le ha, che mira a tutt’altro.

L’Italia, in tutto questo, perde. Ma, diciamoci la verità, anche con un risultato diverso, avrebbe perso comunque: la dimostrazione di ciò è il fatto che il partito dell’astensione è il primo partito italiano. È il risultato empirico di una politica che non funziona.

Se l’articolo ti è piaciuto, puoi incoraggiarmi a scrivere ancora con una donazione, anche piccolissima. Grazie mille in ogni caso per essere arrivato fin quaggiù! Dona con Paypal oppure con Bitcoin (3HwQa8da3UAkidJJsLRfWNTDSncvMHbZt9).

3 Comments

  1. Analisi ineccepibile, specialmente per quanto riguarda il ruolo della Lega Nord. Volevo, se mi permetti, fare una considerazione su Vendola. Il buon risultato ottenuto in Puglia, specie in una situazione non rosea per il PD (che di fatto mantiene solo le regioni già rosse e non toglie nulla al centrodestra, che torna in maggioranza, con 11 regioni a 8), lo vedrebbe pronto per ottenere un ruolo maggiore, e quindi la poltrona che sta a Via Sant'Andrea delle Fratte, ma non penso che abbia la strada spianata così come si vuole pensare.
    Vendola è un comunista, non un uomo della sinistra democratica. Ha un passato nel PCI, poi nel PRC e adesso in quell'accozzaglia senza senso di Sinistra Ecologia Libertà, e questo suo essere un comunista potrebbe suscitare non poco imbarazzo nelle file più centriste, quindi tra i teodem e quelli con un passato da democristiani.
    Indubbiamente Nichi è carismatico, è il primo politico con un ruolo importante in Italia ad aver dichiarato la sua omosessualità senza problemi (e quanti ce ne sono che non lo dichiarano per paura di ritorsioni?), è abbastanza giovane e tutti i pregi che gli si possono trovare, ma potrebbe far storcere il naso a chi, come voleva a suo tempo Veltroni, preferisce un PD autonomo. Sicuramente, nell'eventualità di Vendola segretario (e magari anche candidato alle elezioni politiche del 2003 come PdC), ci sarebbe un ritorno all'Ulivo, ovvero a più partiti messi insieme da strane alleanze con il solo scopo di attirare quanti più voti possibili. Ma in realtà è un progetto fallimentare, e lo si è visto con il Governo Prodi II.
    In ogni caso, anche Bersani avrà vita breve. E questo, purtroppo o per fortuna dipende dai punti di vista, sarà l'ennesimo favore fatto a Silvio Berlusconi, al PdL, alla Lega e al Governo.

  2. In generale sono obiezioni giuste, ma la risposta la lascerò in un post già in cantiere. Grazie per il tuo commento.

Comments are closed.