Premessa doverosa: Cesare Battisti è nato nel 1954 (quindi non si tratta dello statista ottocentesco suo omonimo), ed è stato membro del nucleo dei Proletari Armati per il Comunismo. Soliti aggettivi usati a sproposito (che causano equivoci poi). ‘Sto tipo, dall’adolescenza a dir poco delinquenziale, era entrato un gruppo armato negli anni di piombo, che annovera attentati ed esecuzioni, per inseguire utopie prese troppo alla lettera.
Battisti in particolare fu accusato di aver commesso 4 omicidi. Nell’ordine, pare avesse ucciso un poliziotto penitenziario, un macellaio, un gioielliere e un agente DIGOS (quest’ultimo legato all’inchiesta sul precedente delitto). Arrestato nel ’79, nonostante professasse la propria innocenza, fugge due anni dopo in Francia. Lì riesce a cavarsela dall’estradizione in più riprese. Ora gode dello status di rifugiato politico in Brasile. E, dalla spiaggia di Copacabana, in piena immunità, rilascia interviste e dichiarazioni. Continuando a produrre romanzi gialli: negli ultimi anni doveva pur ricostruirsi una reputazione…
Negli ultimi giorni ha rotto di nuovo il silenzio: alla televisione tedesca dichiara: “Non arriverò vivo in Italia, ho troppa paura. Ci sono cose che si possono ancora scegliere, come il momento della propria morte.” Poi prosegue: “dopo 30 anni è assurdo finire in prigione per dei crimini che non ho mai commesso. Ero un militante come tanti, ma hanno fatto di me un mostro, un assassino…”.
Solite impressioni: “ce l’hanno tutti con me”. Ma bisogna sapersi accollare le proprie responsabilità. O dimostrare fortemente la propria innocenza sul campo, non evadendo e pregando per un asilo in terra straniera. Ammesso che non abbia ucciso di prima mano quella gente, si presume che Battisti conoscesse con certezza le azioni commesse dal gruppo cui apparteneva. Se non “braccio”, era complice di un’organizzazione terroristica che andava sgominata e condannata.
Ora, chiaramente, rimane all’ombra del Corcovado e non avrebbe intenzione di tornare nel Belpaese. Piuttosto preferirebbe il suicidio, perché “ci sono cose che si possono scegliere, come il momento della propria morte”. Questa è nuova. Non credo che Santoro, Sabbadin, Torregiani e Campagna (le quattro sue probabili vittime) volessero morire in quei determinati momenti…
È vero che si è bravi a parlare e criticare. Infatti penserei ad altri precedenti. C’è chi ha rubato “perché rubavano tutti”, governando lo Stato che diceva di amare. Nel quale, una volta in Africa, non è tornato nemmeno da morto. Dopotutto, fregare milioni di persone è un reato. Come l’omicidio, no?
Basta con i giustizialismi. Battisti ha ammesso la propria emozione negativa nel rincasare. Sarcasticasmente, visti i tempi, non dovrebbe aver paura. Potrebbe sperare anche in un posto in Parlamento.
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