La Tobin Tax permetterà di tagliare le tasse sul lavoro?

Il mito

La ragione che spinge Boccia all’inconsapevole (spero) suicidio finanziario è l’encomiabile volontà di tagliare le tasse sul lavoro. SPOILER: non funzionerà, come sempre.

Vediamo il perché. La Tobin Tax attuale prevede un crollo delle transazioni pari al 30% sulle azioni e all’80% sui derivati, per un gettito stimato in, rispettivamente, 200 milioni e 800 milioni. Un miliardo totale (lordo, perché ci sono delle sottrazioni da fare, fra qualche paragrafo).

Ho fatto un sondaggio fra qualche conoscente che lavora nel settore, e una caduta del mercato dei derivati di appena l’80% è molto ottimista, poiché dato l’aumento dei costi diretti e indiretti anche l’uso “buono” dei derivati sarà ridotto. Una stima del 90% è già più realistica.

Ancora peggio va sulle azioni: da quanto ricordo, il lotto medio scambiato a Piazza Affari è di 10000 euro. Poniamo che si paghi appena un euro per un acquisto e una vendita. Con la Tobin Tax il costo della transazione aumenta del 500% (da 1 a 6 euro). Potete rendervi conto da soli che credere ingenuamente che il mercato crollerà solo del 30% è veramente il profumo della vita.

Fun fact: voci di corridoio fanno notare che i tecnici del governo sono ben a conoscenza della sovrastima.

Dunque il gettito, in base al disegno di legge attuale, appare già sovrastimato, e il miliardo che si spera di incassare è più uno specchietto per gli allocchi che realtà.

La proposta Boccia alza le aliquote, il che implica un’ulteriore compressione della base imponibile (e colpendo, come detto sopra, chi usa i derivati per scopi “buoni e giusti”). Alle aziende, infatti, potrebbe essere non conveniente usare i derivati per coprirsi da rischi relativamente piccoli: preferiranno evitare e affidarsi alla fortuna, il che è managerialmente stupido, ma inevitabile in un contesto normativo cretino. Boccia ha un MBA, ma si direbbe se ne sia dimenticato.

Comunque, a conti fatti l’effetto finale della proposta Boccia farebbe arrivare il gettito lordo (nel caso più ottimista) a 1,3 miliardi, non certo ai 3-4 miliardi. A meno che non si vogliano tassare pure le transazioni sui titoli di Stato: in quel caso magari arriviamo a due miliardi, solo che lo spread finirebbe su Giove. Una cena a base di polonio 210 sarebbe più salutare. Escludiamo almeno questa pazzia dal tavolo.

Facendo altri due conti (sempre spannometrici), possiamo subito notare che con un (fortunatissimo) gettito di 1,3 miliardi possiamo finanziare un aumento di 65 euro annui per i 20 milioni di italiani lavoratori dipendenti sotto i 60mila euro di reddito annuo. E se includessimo anche pensionati e lavoratori autonomi il dividendo della Tobin Tax si assottiglierebbe ulteriormente. Ma non complichiamoci la vita.

Direte voi che 65 euro sono meglio che niente. Peccato però che ci siano diversi ma.

Innanzitutto questo aumento verrà più volte divorato dalle nuove tasse che verranno a farci compagnia nel 2013. Si consideri la sola patrimoniale sulla ricchezza finanziaria, in arrivo a gennaio. In una famiglia della classe media in cui vi sono due lavoratori dipendenti e un solo conto corrente fruttifero, la patrimoniale fa sparire dai radar un quarto del bonus Tobin Tax. E stiamo parlando del caso migliore: i lavoratori dipendenti potrebbero essere meno (uno dei coniugi potrebbe essere disoccupato o autonomo o pensionato) e/o i conti correnti di più (ad esempio uno per coniuge).

Inoltre abbiamo considerato un gettito lordo di 1,3 miliardi, e da questo andranno sicuramente sottratti:

  • il minor gettito IRPEF e capital gain di chi perderà il lavoro a causa della Tobin Tax;
  • le maggiori spese per welfare per questi nuovi disoccupati;
  • il minor gettito IRES delle imprese che usano i derivati nel senso “buono”;
  • il minor gettito IVA relativo sia alle minori attività del settore che alle minori capacità di spesa dei nuovi disoccupati (20-30 mila persone).

Il gettito netto sarà di qualche centinaio di milioni inferiore al miliardo preventivato.

Alla fine della fiera, se si vuole ingrassare un po’ la busta paga forse converrebbe agire sulle tasse più subdole e odiose, come il minimale della patrimoniale; oppure redistribuire meglio il carico fiscale, oppure considerare qualcun altra di queste proposte. Sono tutte misure sicure e immediate, non basate su un gettito di fantasia. Se proprio si vuole punire la finanza, si usino provvedimenti mirati, però si eviti di sparare nel mucchio, perché chi rimane cadavere sotto il bombardamento della Tobin Tax sono i soldati di fanteria e i civili, non certo generali e colonnelli.

Invece no, si preferisce applicare in solitaria una tassa (la Tobin Tax) che assicura il prosciugamento del mercato dei capitali e quindi delle capacità di sviluppo delle imprese italiane, che presenta fortissime incognite in sede di applicazione (e infatti la Germania sta piano piano rimandando [è notizia di ieri che Berlino andrebbe verso una stamp duty sul modello inglese], lasciando il cerino in mano ai fessi che per primi applicheranno la pseudo Tobin Tax) e che in ultima analisi verrà pagata dai consumatori (le aziende che usano i derivati in senso “buono” scaricheranno i costi sulla clientela; le banche che usano i derivati nel senso “buono” scaricheranno la Tobin Tax su chi chiede mutui e prestiti, a copertura dei rischi sui medesimi). Ma andiamo verso la campagna elettorale e un’imposta così demagogica è succosissima e di sicuro appeal sulla plebe votante, nonostante, passata la sbornia elettorale, la stessa plebe andrà (andremo) incontro all’ennesima tosatura grazie a questa imposta.

Uomo avvisato, mezzo morto: condividetele queste informazioni, essere tosati come pecore non è obbligatorio.

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