Immaginate un po’ quindi che succede se una banca ha in pancia miliardi di titoli di Stato di un Paese che passa da uno spread di 150 a uno spread di 500 nel giro di un anno: aumenta il rischio, aumenta il capitale che noi gli chiediamo di tenere in cassa. Per farmi capire, qualche esempio a numeri casuali: se investo un euro in BOT a tre mesi devo mettere da parte dieci centesimi di capitale; se lo investo in BTP a 10 anni devo mettere da parte 30 cent; se lo investo in mutui, 50 cent; se investo in derivati, devo mettere da parte un euro intero ogni euro investito.
I mutui, infatti, sono tutt’altro che sicuri, si veda la Spagna: proprio in questi giorni si sta verificando di quanti altri accantonamenti le banche spagnole avranno bisogno per resistere alle sofferenze provenienti dai mutui già concessi, figuriamoci se avranno soldi per emetterne di nuovi.
Per questo o le banche aumentano il capitale o diminuiscono il rischio, tagliando sugli strumenti rischiosi. Oggi le banche stanno tagliando sugli investimenti in titoli di Stato (perché il BTP a 10 anni rende il 7%? Perché le banche li stanno vendendo), mentre erogano meno mutui. C’è di peggio: a furia di chiedere regole sempre più stringenti si sta affrettando il passo verso le regole di Basilea III, che già da anni vengono viste come foriere di credit crunch.
Il credit crunch, in ultima analisi, rischia di generare una catastrofe: noi chiediamo alle banche di essere più rigorose, di non rischiare troppo, di mettere da parte sempre più capitale, ma di capitale ce n’è sempre meno, e sempre meno ce n’è per i mutui. In questo modo costringiamo le banche a non emetterne di nuovi, o addirittura a ritirare le linee di credito esistenti, mandando in crisi le aziende, costringendole a licenziare, di conseguenza le persone non potranno pagare i propri mutui e perderanno pure le case, le banche si ritroveranno nuove perdite, saranno costrette ad accumulare altro capitale come noi gli abbiamo imposto, quindi taglieranno, tra l’altro, su altri mutui e via di seguito, finché non implode tutto.
La ricetta per uscire da questo circolo, a mio avviso, è sempre la stessa.
Premessa: le banche servono. Punto. Senza banche si torna all’Alto Medioevo. Punto. Senza banche scompaiono milioni di posti di lavoro. Punto. Servono regole, ma non populiste.
Detto questo, vediamo che devono fare, a mio modesto avviso, gli Stati europei.
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Ma titoli di Stato a parte che rappresentavano una sorta di investimento a rischio zero e che ora sono diventati un mattone nello stomaco delle banche, non è che le banche hanno investito troppo denaro in investimenti rischiosi (e quindi ben remunerati), senza avere, diciamo, “un pacchetto di investimenti più bilanciato”?
È stato un bell’effetto domino. Subprime → titoli salsiccia → capitale eroso → banche in sofferenza ma ancora in piedi → crisi economica → banche in sofferenza → crisi dell’eurodebito → SBRANG!
Tendo a non ritenere possibile che le banche (praticamente tutte) abbiano fatto investimenti completamente non bilanciati, sarebbe uscito l’inferno dalla terra, se non in Italia, almeno altrove.
Quello che hai scritto a grandi linee lo capisco. Però a me servirebbe fare un altro passo indietro e capire perchè le banche debbano scegliere se investire tra titoli di stato o altro e perchè debbano investire. Anche se scritte male sono 2 domande in una 🙂
Spero di avere capito correttamente la domanda.
Detto in breve, ci sono persone che hanno più denaro di quanto gliene serva (e vogliono proteggerlo dal rischio di perdita di potere d’acquisto) e altre che ne hanno meno per soddisfare le proprie esigenze e le proprie aspirazioni, come una casa o un’impresa o un’autostrada (nel caso dello Stato) e che sono disposte a pagare un interesse. Senza le banche i due soggetti dovrebbero cercarsi tra loro, offrire garanzie elevate, cercare informazioni sulla controparte, tutta roba che rende molto difficile lo scambio del denaro.
Le banche si inseriscono fra le due controparti: raccolgono denaro da chi ne ha in eccedenza in cambio di un certo tasso di interesse e lo reinvestono prestandolo a un tasso di interesse superiore a chi ne ha bisogno accollandosi l’onere di cercare garanzie e informazioni sul debitore. La differenza fra i due tassi è la remunerazione della banca.
In questo modo i rischi vengono attenuati: se A presta 1000 a B perché questi possa aprire una gelateria, se B fallisce, A perde tutti i suoi soldi. Se invece 10 soggetti Ai mettono 1000 in banca, quest’ultima potrà dividerli in tanti pezzetti e investirli in un portafogli di attività adeguatamente bilanciato. Ad esempio potrà dare 5000 allo Stato, 1000 a B per aprire una gelateria, 1000 a C per comprare una casa, ecc, sicché se B dovesse fallire, il rischio che A perda tutti i suoi soldi è ridotto al minimo.
Ovviamente tutto questo ha un costo: bisogna pagare le strutture di raccolta ed erogazione del denaro (gli sportelli), gli impiegati, i servizi, le tasse, il capitale che gli azionisti pongono a garanzia delle passività della banca (ovvero se B fallisce, sono gli azionisti a dare i soldi ad A). Se le banche tenessero semplicemente i quattrini in cassaforte non potrebbero fare nulla del genere (ogni A che dà 1000 si aspetta di ricevere, diciamo, 1030, per cui se li tieni in cassa sempre 1000 rimangono), per cui sono “costrette” a investirli prestandoli ad altri soggetti, i quali le pagheranno, per esempio, 1050: 1030 andranno ad A e i rimanenti 20 verranno utilizzati per pagare le cose di cui sopra.
Ci siamo? 🙂
Perfettissimo 🙂
Però credo di aver centrato il punto. Non si danno i soldi alla banca per tenerli al sicuro dai malintenzionati come può essere ancora oggi nell’immaginario collettivo di molte persone, ma per investirlo e avere dei rientri di interesse.
Il fatto di tenerli lontani dai malintenzionati può essere uno dei motivi per portare i soldi in banca, però bisogna considerare che gli esseri umani hanno sogni, ambizioni e obiettivi vari, per cui desiderano mettere da parte del denaro per poterlo spendere in futuro. Lasciarlo sotto il materasso significa rischiare di perderlo a causa di una tassa piuttosto subdola, e cioè l’inflazione.
Ma questo vale più in generale per il risparmio, di cui la banca rappresenta solo una parte: per fare un esempio, in famiglia, quando nasce(va) un bambino, mio nonno prima e qualche zio poi intestava regolarmente al neonato uno o più buoni postali perché potesse utilizzare quei soldi quando sarebbe diventato grande.