Ovvero la generazione che piange pur godendo di privilegi. Questo post serve a far capire che c’è in Italia un grandissimo problema di equità intergenerazionale. Ma prima dobbiamo capire quali sono le generazioni in gioco, e sono tre:
- baby boomer. Nati fra il 1946 e il 1964, sono i figli del miracolo economico, quando la fine della guerra e la crescita economica portarono una ventata di ottimismo e mandarono a mille gli ormoni di coloro i quali uscirono adulti dalla Seconda Guerra Mondiale. Questa generazione ha toccato il suo apice negli anni Ottanta (segnatevelo questo fatto, ci servirà fra poco). Sono circa un terzo della popolazione ed hanno un peso enorme sulle due generazioni successive, un’influenza che ha dell’assurdo. Si pensi alla musica: giusto oggi xkcd ha pubblicato la vignetta qui a destra, che dimostra che le canzoni tradizionali natalizie altro non sono che successi commerciali di quando i baby boomer erano bambini; continuiamo, cioè, a rivivere il loro Natale, e non è l’unica cosa che essi hanno voluto rivivere (lo vedremo fra poco). Quando questi bambini sono cresciuti hanno ascoltato dai Beatles e Pink Floyd fino a Springsteen e Queen (solo per citarne alcuni), tutta roba che ha influenzato la musica fino ad oggi, e che ancora oggi vende e stravende (vale pure per l’Italia [ahimé]: per esempio mia madre, babyboomer, ascolta i Pooh e io so a memoria non poche loro canzoni);
- generazione X. È una generazione che viene definita prudente, nata fra il 1965 e il 1976, figlia di chi ha vissuto gli orrori della guerra da bambino. Per via di questa tara, è una generazione schiacciata fra quella precedente e la successiva, al cui confronto, stando ai demografi, non me ne vogliate, appare sciatta ed insicura. Viene chiamata anche [prima] MTV generation, ed è una generazione fortemente ancorata al passato, cioè ai babyboomer, che l’hanno influenzata per contatto. Rappresenta circa un sesto della popolazione;
- generazione Y. Detta anche generazione echo boomer, è nata fra il 1977 e il 1994. Si tratta dei figli dei baby boomer, e rappresentano la seconda ondata demografica, molto più piccola della precedente (forse non la si può neppure chiamare boom: in realtà il numero di nuovi nati, invece di continuare a calare come faceva da decenni, si attestò sopra 550mila l’anno – dopo il 1994 scese sotto questa soglia per poi ritornarvi negli anni Zero per via degli immigrati), e infatti rappresenta meno di un quarto della popolazione. È la generazione che, in altri Paesi, prenderà il comando nel prossimo decennio, mentre in Italia ci sono ancora i generazione X in lista di attesa*. È la generazione che sta finendo gli studi e sta per entrare nel mondo del lavoro. È la generazione dei precari. È stata influenzata dalla generazione del babyboom per via “genetica” (di padre in figlio, cioè).
*(Digressione politica: la generazione X è quella che dovrebbe stare scalando il potere, che sta facendo il proprio cursus honorum, lasciando, per ora, nelle posizioni di vertice i più anziani della generazione precedente [quella ancora al potere], come è normale che sia: infatti Merkel, Rajoy, Sarkozy e Obama sono nati nella seconda metà del babyboom, ma gli incarichi inferiori si stanno riempiendo di generazione X; addirittura la posizione di vertice inglese è occupata da Cameron, un “vecchio” X generation. L’Italia? Monti è quasi un babyboomer – è del 1943; mentre quelli di prima, Prodi e Berlusconi, appartengono alla “depression generation” (anni ’30), la generazione che in altri Paesi è stata uccisa dai babyboomer e che in Italia è stata lasciata al potere fino ai giorni nostri, sicché i nostri X generation stanno solo adesso cominciando ad occupare posti di secondo rilievo, in violenta controtendenza rispetto ad altri Paesi. Altri esempi: in Spagna per trovare un “figlio della guerra” dobbiamo tornare al 1996, quelli che sono venuti dopo sono tutti babyboomer e anche piuttosto giovani; in Inghilterra dobbiamo risalire a Major, fino al 1997; negli USA dobbiamo tornare indietro a Bush senior [Depression Generation], fino al 1992; in Germania Schröder era del 1944 ed è stato scalzato nel 2005 da un babyboomer; qualcosa di simile in Francia. L’Italia? L’unico premier babyboomer è stato Minimo D’Alema, del 1949, premier fino al 2000. No,non unico negli ultimi dieci anni: l’unico DI SEMPRE; prima di lui c’è Goria [1943], poi sono tutti anni Trenta, Venti e a seguire, segnatevela ‘sta cosa,la ritroveremo fra poco)
I baby boomer, dal 2010 al 2030 circa, andranno in pensione.
La pensione è un contratto fra generazioni: chi lavora oggi paga la pensione a chi ha lavorato ieri, attraverso i contributi e se non bastano (e non bastano) le tasse. Oggi i baby boomer e la generazione X (circa il 45% della popolazione) pagano la pensione a circa il 30% della popolazione (composta, in parte, dai babyboomer più anziani, compresi quelli che sono andati in pensione da teenager, con neanche 20 anni di contributi) Il rapporto è più o meno 0,7 pensionati ogni lavoratore e, a causa dei babypensionati e del privilegiatissimo metodo retributivo, il sistema è andato a putt… già dai primi anni Novanta (quando Dini came to town, ne parlavamo ieri l’altro).
Quando i babyboomer andranno tutti in pensione (2030), la generazione X e la generazione Y (circa il 35% della popolazione) dovrà pagare la pensione alla parte superstite del 30% (i centenari, sempre più numerosi) precedente più i babyboomer (circa il 35% della popolazione, a voler essere ottimisti – dal punto di vista dell’INPS). Ora provate a immaginare un sistema già in crisi quando il rapporto era 0,7:1, come può diventare nel momento in cui il rapporto arriva a 1:1 (per amor di precisione, dovrebbe arrivare al massimo a zerovirgolanovanterrotti a uno, e poi calare – ma avremo già perso 10 milioni di persone perché non si sfornano abbastanza bambini – e non se ne sforneranno a lungo, di questo passo).
Potrebbe già bastare così per mandare a quel Paese CGIL,CISL e UIL i cui iscritti sono prevalentemente pensionati (sicché l’improbabile trio difende quest’ultimi, non i precari, che sono l’1% degli iscritti). Ma purtroppo non basta così: diventa pure peggio nella prossima pagina dell’articolo.
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sono daccordo con la riforma delle pensioni, visto la situazione che incombe, ma si potrebbe fare molto di più per combattere l’evasione fiscale futura, facendo delle leggi dure che siano da deterrente. Ho un’idea chiara su come possa essere possibile per il futuro mettere in condizioni tutti di pagare il dovuto e portare in seguito ad un’abbassamento delle aliquote. Servono segnali forti da parte dei nostri governanti che diano un messaggio chiaro che la situazione è cambiata e chi evade è da considerare in futuro un’elemento da sanzionare duramente. Nel frattempo incrociando tutti i dati bancari e patrimoniali uniti al tenore di vita, si possono “invitare” a sanare per la passata evasione il dovuto senza sanzioni ed interessi. Scoraggiando per il futuro qualsiasi tentativo di occultare ricavi. Si raccoglierebbero nel giro di pochi mesi somme ingenti da destinare a fare programmi come quelli svizzeri di rilancio dell’economia con invito alle aziende straniere e non che assumono, forme agevolate fiscali per un certo numero di anni, Questo permetterebbe di attrarre investimenti, aumentare l’occupazione e quindi stimolare i consumi. Nel frattempo fare la riforma delle pensioni senza esasperare le situazioni umane più gravi, adeguando l’aliquota dello scudo fiscale almeno al 20%.
Sono una babyboomer (1962) e sono contenta di avere finalmente trovato scritta (e bene!) una cosa che penso da tanto tempo: la mia generazione (insieme a quella dei miei genitori) ha mandato l’Italia a catafascio per un misto di insipienza, paura e ignoranza.
I motivi per cui questo è successo sono vari: educativi, culturali, esperienziali.
Comunque sia, ho tre figli (94, 96 e 99) e ho già fatto loro un discorso serio: fate la vostra vita (possibilmente all’estero dove ho già mandato la 94 a studiare per un anno) e lasciatemi andare al mio destino, qualunque esso sarà.
Spero vivamente che mi daranno retta!!
Credo sia il migliore consiglio che si possa dare a un figlio: lavorare per costruire la propria fortuna senza affidarsi a quella altrui, genitori compresi, è l’unico modo per sperare di trovare la felicità.
La questione, a mio avviso, è molto più complessa: al di là del dato anagrafico, c’è il fatto che in Italia i politici di un certo livello (diciamo da chi è nelle regioni in su) hanno perso il contatto con il Paese reale, complici in primis tutti i benefici di cui godono. Anche perché non mi sembra che le idee di Alfano (generazione X) siano differenti da quelle di Berlusconi (anni ’30). Puoi avere ragione sulle pensioni, anche se fare di tutta un’erba un fascio è sempre pericoloso (ti sembra giusto che uno che ha cominciato a lavorare a 14 anni che dovrà andare in pensione a 67, sicuramente avendo fatto un lavoro “pesante” – non “usurante” per cui avrebbe degli sconti, ma nemmeno uno “da scrivania”?), ma io sono dell’idea che come prima cosa lo Stato debba (far) rispettare le regole che già ci sono, quindi niente sconti in cambio di voti (vedi ICI agli Enti Religiosi), una seria e determinata lotta all’evasione fiscale (e non quella pagliacciata, per esempio, del limite di 500 Euro per la pensione in contanti – così facciamo un altro favore alle banche) e diminuzione degli sprechi (a cominciare dal numero dei parlamentari). Insieme a precisi e seri interventi di questo tipo, parliamo anche delle pensioni. Io, invece, ho la netta sensazione che i politici (ed economisti) che ci sono oggi in Italia facciano legge di quella che fu una battuta di Ettore Petrolini: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco ma sono in tanti.”
> Puoi avere ragione sulle pensioni, anche se fare di tutta un’erba un fascio è sempre pericoloso (ti sembra giusto che uno che ha cominciato a lavorare a 14 anni che dovrà andare in pensione a 67, sicuramente avendo fatto un lavoro “pesante” – non “usurante” per cui avrebbe degli sconti, ma nemmeno uno “da scrivania”?)
Mi rendo conto del problema, ma una scelta s’impone: o stringe i denti e lavora per pesare meno su figli e nipoti, o va in pensione e è costretto a mantenere il figlio disoccupato o il figlio precario, magari con nipoti pure. Purtroppo la sua generazione ha campato a debito e ha continuato a votare individui mediocri quando non ladri (quelli andati al governo, ma pure i comunisti avrebbero potuto smetterla di fare i comunisti per stare all’opposizione per sempre, cercando di fare come i francesi – che infatti andarono al governo coi socialisti prima della fine della guerra fredda), per cui qualcuno dovrà pagare.
>ma io sono dell’idea che come prima cosa lo Stato debba (far) rispettare le regole che già ci sono, quindi niente sconti in cambio di voti (vedi ICI agli Enti Religiosi), una seria e determinata lotta all’evasione fiscale (e non quella pagliacciata, per esempio, del limite di 500 Euro per la pensione in contanti – così facciamo un altro favore alle banche) e diminuzione degli sprechi (a cominciare dal numero dei parlamentari)
Non basta: gli interventi che vengono proposti, sommati e nella migliore delle ipotesi, sono nell’ordine di qualche decina di miliardi di euro, ma le pressioni sul sistema del welfare sono nell’ordine delle centinaia di miliardi. Non sto dicendo di rinunciare a recuperarli, ma di farlo tenendo ben presente che non basta.
>Io, invece, ho la netta sensazione che i politici (ed economisti) che ci sono oggi in Italia facciano legge di quella che fu una battuta di Ettore Petrolini: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco ma sono in tanti.”
Non so i politici, ma gli economisti hanno ben presente che chi si definisce povero, chi crede di avere poco, in realtà ha molto, e di poco ha l’idea di cosa significhi essere povero. I poveri sono relativamente pochi, quelli che sono tanti sono i ceti medi, che non sono poveri, sono semplicemente abituati male, abituati a campare a debito (e sono quelli che se Monti avesse fatto il prelievo sui c/c [che poi è l’unica patrimoniale che non è stata fatta, poi quella sugli immobili c’è, quella sui beni di lusso c’è, quella sulle attività finanziarie c’è] si sarebbero incazzati perché in banca hanno “appena” qualche migliaio di euro, starnazzando “perché proprio a me?” – e magari fanno come Vendola, che ha proposto – AHAHAHAHAHAH – una patrimoniale sui più “ricchi” che avrebbe portato via un quarto del reddito di chi è sopra i 100mila, il tutto oltre alle tasse che già quegli over 100k già pagano – e che magari se li sono meritati: per dire, [premesso che i miei nonni erano contadini e operai] mio padre e vari miei zii hanno abbandonato l’università e oggi sono semplici impiegati, ma comunque possono permettersi tantissime comodità da ceto medio, dal mandare i figli a scuola al tv al plasma, ecc., eppure si sentono poveri e dicono “perché proprio a noi?”; poi ho altri zii che hanno finito gli studi, si sono fatti il qulo quadrato e oggi sono medici e dirigenti di grandi imprese, e dovrebbero pure sopportare la vendetta sociale di chi da giovane si è fatto le pippe? E pure loro si chiedono “perché proprio a noi?”. Allora si capisce subito perché i nostri politici sono mediocri e poco o punto meritocratici: perché siamo mediocri NOI e la meritocrazia la usiamo solo nei bagni, come carta igienica o come collutorio).
Redistribuzione del reddito non è esproprio proletario e livellamento dei redditi, perché se l’impegno e il talento non vengono remunerati più di chi impegno o talento non ne ha, i primi se ne vanno. No, se ne stanno già andando.
La vera legge, in realtà, è che “Dobbiamo fare tutti dei sacrifici, ma prima li faccia qualcun altro, mica io, che sono povero. Ho un tv al plasma, un macchinone, mando i figli alle private, ma sono povero” [e qualcuno di questi non perde neanche occasione per sottolineare di essere comunista]. E alla fine, visto che tutti difendono in propri interessi e non quelli della comunità intera, tutto si risolve a chi più potere meno paga (potere in senso proprio, per esempio la lobby degli avvocati in parlamento, o meno proprio, come il potere dei numeri organizzati, tipo i pensionati e i lavoratori nel sindacato in generale; chi non ha né l’uno né l’altro non riesce ad emergere dagli starnazzamenti degli altri, i quali poi giungono ad un accordo che prevede che le lobby non si toccano, le pensioni non si toccano, l’articolo 18 non si tocca, ecc., e si tocca solo il retto di precari, disoccupati, ecc., quelli che non hanno l’organizzazione (la casta) per starnazzare e che poveri lo sono veramente.
Scusa, ma hai messo troppa carne al fuoco. Mi permetto solo di farti notare: il decreto sui beni di lusso (che mi pare ti sembri una buona mossa) per quanto riguarda le auto non considera vetture di lusso, tra le altre, AUDI Q7 V6 3.0 TDI tip. quattro edition (180 KW – € 65.794), BMW X6 xDrive 30d Futura autom. (180 KW – € 71.793), Porsche Cayenne 3.0TD Tiptronic (180 KW – € 64.851), BMW X5 xDrive 30d Futura autom. (180 KW – € 68.718), Mercedes GL 350 4Matic BlueTEC Sport 7 (155 KW – € 84.871), Mercedes S 250 CDI Biturbo Avantgarde (150 KW – € 89.157), BMW 730d Eccelsa autom. (180 KW – € 98.161). Io tutta questa equità non ce la vedo. Pur non essendo comunista.
>i trattamenti assistenziali non sono a carico del sistema pensionistico, ma del welfare
Come ho già fatto notare nell’articolo, non è solo il sistema pensionistico a pesare, ma è l’intero sistema del welfare ad essere insostenibile. Il SSN non è messo meglio, per dire.
Per cui l’INPS non dovrebbe fare assistenza e tutto ok, ma abbiamo sempre una torta che non cresce e sempre più bocche (in pensione o ammalate) da sfamare, e che nella maggior parte dei casi è sacrosanto sfamare.
>ci manca solo che i baby boomers restino ad occupare i posti che ci sono
Qui va nuovamente sottolineato che si tratta di un falso mito: non è mandando in pensione i lavoratori che si creano posti, anzi, questo accresce le tensioni sul sistema pensionistico e il lavoro rischia di distruggerlo.
La questione viene immediatamente evidenziata da questo esempio: in un sistema in equilibrio 100 lavoratori pagano la pensione a 100 pensionati. Uno dei lavoratori va in pensione e il suo posto viene occupato da un disoccupato. Ebbene, adesso abbiamo sempre 100 lavoratori che devono pagare le pensioni a 101 pensionati.
E attenzione: il fatto di dover pagare una nuova pensione in un momento di crisi potrebbe (ed effettivamente può) rendere maggiormente forte la ricerca di efficienza, per cui è maggiormente conveniente redistribuire le mansioni fra gli impiegati già presenti e quindi far sparire quel posto di lavoro (magari salvando gli altri).
Per cui non è neppure detto che far andare in pensione un lavoratore libera un posto di lavoro: di sicuro c’è solo che chi lavorerà dovrà pagare una pensione in più.
Tu mi dirai che magari un pensionato nel frattempo muore. Quando consideriamo che la speranza di vita cresce (e non abbiamo motivo di credere che si fermerà oggi) e arriviamo ai grandi numeri reali, in cui escono dal lavoro 800-1000mila persone e ve ne entrano 500-600mila appare evidente che il problema non si può risolvere favorendo l’uscita dei lavoratori, nemmeno nella fantascientifica ipotesi di piena occupazione, altrimenti andremmo tutti in pensione a 40 anni.
Per cui tre sole possibilità: o tagli le pensioni, o aumenti le tasse ai lavoratori, o crei nuovi posti di lavoro.
>la riforma delle pensioni così fatta, darà i suoi frutti più avanti nel tempo e solo in misura molto parziale da subito, con buona pace della situazione che incombe richiamata da Raffaele
La situazione che incombe non è solo l’emergenza di adesso, le tensioni si spalmano su un arco di tempo piuttosto lungo. Pensare solo all’anno prossimo è profondamente sbagliato, e anche perché facciamo così da decenni che ci troviamo in questa situazione.
>il mantra secondo cui difendono gli interessi dei pensionati, la categoria iscritta indubbiamente più numerosa, a scapito delle generazioni future, sia per l’appunto un mantra
Questo però si scontra con la realtà dei fatti: i pensionati hanno avuto linea morbida con le riforme (la morbidissima riforma Dini; Maroni voleva mettere lo scalone e i sindacati glielo hanno impedito; invece i precari sono rimasti precari). Non mi pare tanto un refrain populista, insomma: la realtà è questa.
btw i baby boomer sono quelli che hanno fatto il ’68 …
Certo. E quindi?
….solo macerie in cui i furbi al governo hanno sguazzato e ottenuto maggiori privilegi….e farci tornare più poveri e più controllati di prima.
Sei forte Olandese.
Ti leggo da qualche mese e devo dire che mi ho imparato molto di finanza/economia e al 98% sono sempre stato d’accordo con te.
Hai ragione anche stavolta, tutto vero, sono del ’53 e ho vissuto tutto questo. L’unica cosa che mi permetto di suggerirti è di operare sempre un distinguo perchè mica siamo stati tutti impiegati pubblici o privati. Ricordati che in entrambe le generazioni da te magistralmente descritte, almeno un ventina di milioni di italiani ha lavorato e lavora in proprio subendo il tutto.
Con questo non cerco scusanti per gli errori che abbiamo commesso, ma “ad onor di analisi” credo sia importante.
Per quanto riguarda la tua cruda e incisiva maniera di scrivere si, è vero che sei molto duro ma continua così perchè chi vuole capire di finanza sa he i numeri sono neutri non hanno sentimenti buoni o cattivi ma sono solo espressioni di fatti.
Ancora complimenti e ti passo una domanda:”….si potrebbe dire che l’Italia anzichè governata sia sempre stata saccheggiata dai governi ?”
E non solo dai governi, ci sono pure caste e mafie.
Grazie mille!