Posto che Berlusconi se ne deve andare, che succede dopo?

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Di nuovo sul topic: perché le dimissioni di Berlusconi darebbero un filino di speranza ai mercati.

Come ho già detto spesso, l’Italia non è prossima al fallimento, ma è sulla buona strada per farlo. C’è ampio margine di manovra, ma finché c’è Berlusconi queste manovre non si faranno, lasciando spazio ad altri tipi di manovre, quelle che alzano le tasse e tagliano i servizi e che hanno come unico effetto di tappare lo squarcio del Titanic con lo sputo.

Serve tutta una serie di misure, fra le quali, ad esempio, tracciabilità “leviatanica” dei pagamenti (500 euro è già una soglia troppo alta), privatizzazioni, liberalizzazioni, tagli a pensioni e stipendi d’oro (certi top manager della Pubblica Amministrazione guadagnano stipendi che i loro colleghi stranieri impiegherebbero mesi ad accumulare) e cose così, più misure più importanti quali una riforma fiscale che rimoduli le aliquote, razionalizzi le tasse e favorisca una migliore redistribuzione del reddito. Magari buttando a mare gli studi di settore che favoriscono chi evade e strozza chi è in difficoltà.

Qual è il problema di tutte queste misure? In apparenza nessuno. Sono misure che possono essere attuate in un arco di tempo relativamente breve (il massimo è un paio d’anni per privatizzazioni e riforma fiscale), che non aumentano la pressione fiscale (anzi, dopo un po’ ne permette la riduzione), fanno cassa subito e stimolano la crescita. Perché Berlusconi non le fa, non le ha fatte e non le farà?

La risposta è semplice: sono misure impopolari nel breve periodo e sappiamo bene che ci troviamo a meno di due anni dalle elezioni, sicché, se anche Berlusconi decidesse di attuarle a beneficiare del loro effetto elettorale sarebbe l’esecutivo successivo, di colore diverso. Berlusconi non ha mai nascosto di rivolgersi al popolo degli evasori; sa bene che perdere il controllo delle aziende di Stato gli farebbe perdere il consenso (e i quattrini) che esse generano, in quanto forti elargitrici di favori agli amici; sa bene che perderebbe l’appoggio di quelle sanguisughe di Scilipoti e Irresponabili vari; sa bene che se fa la cosa giusta, perde le elezioni e segna la propria fine politica, per cui preferisce tirare a campare cercando scappatoie, pianti greci («mi sanguina il cuore») e ricerca di capri espiatori (tre giorni fa la crisi che è psicologica e non esiste, due giorni fa è l’euro, ieri erano le agenzie di rating politicizzate, oggi è Tremonti), puntando di giocarsi tutto nell’unica cosa che sa fare bene, la campagna elettorale. Per questo non può permettersi di perdere il consenso di quelli che si identificano in lui.

Per questo motivo i mercati non possono credere in Berlusconi, né in un qualsiasi altro governo che non veda appoggio bipartisan. Sicché le ipotesi che possono – forse! – salvare l’Italia sono tre: governo di unità nazionale guidato da un politico, governo guidato da un tecnico, elezioni.

Nei primi due casi, le riforme impopolari vengono imputate a tutti i partiti che hanno collaborato alla loro scrittura, sicché l’impatto elettorale sui partiti della maggioranza si riduce, anche se resta maggiore rispetto a quello delle opposizioni. E qui sorge subito un problema: c’è un problema di free-riding. Qualche partito, cioè, potrebbe attaccare tali riforme per ergersi a difensore dei cittadini e guadagnare consenso. Lo fece Berlusconi con la Bicamerale, quando facendo saltare il tavolo riuscì a resuscitarsi politicamente (grazie D’Alema, a proposito). Perché non dovrebbe farlo ora, nell’ora della disperazione? Perché non dovrebbe farlo Bossi, che pure non se la passa bene? Perché non dovrebbero farlo gli Irresponsabili, partito di soldi, poltrone e prebende? Potrebbe farlo pure Di Pietro (lo sta già facendo, in verità, chiedendo un governo che cambi la sola legge elettorale). Potrebbe farlo chiunque e ciò porterebbe questo Governo a saltare, finendo ad elezioni. Servirebbe, insomma, che in Parlamento ci sia una maggioranza di persone responsabili, ma, sinceramente, non ne vedo.

Più difficile esaminare il caso delle elezioni, perché non sappiamo quale sarà la legge elettorale che ci porterà alle urne, ma tento di semplificare.

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5 Comments

  1. concordo sull’analisi dei possibili scenari. anzi ritengo che le elezioni subito sia l’unico concretamente realizzabile che abbia una qualche speranza di fare qualcosa (tendo a essere ottimista sui rapporti di forza pd-idv-sel).

    sulla questione della tracciabilità mi piacerebbe che approfondissi la proposta perché su altri lidi (nfa) ci sono tesi ben fondate che la ritengono poco utile per via di come verrebbe applicata (il punto centrale  è “come si applica?”)

        1. Mi sono riletto l’articolo di Esposito, ma già nei commenti si nota bene che la tracciabilità funzionerebbe. Certo, non eliminerebbe l’evasione e comunque servirebbero pene più severe, ma funzionerebbe, perché la logica che c’è dietro è molto semplice: tutto il denaro che esce, a un certo punto, deve rientrare. Ovvero, nel mio negozietto posso far pagare tutto 99,99 euro in contanti, ma se mio figlio ha bisogno di un apparecchio per i denti (e il dentista non è mio complice) come faccio a pagarlo? (E se il dentista è complice il problema ricade su di lui: se deve pagare un avvocato? O deve comprarsi una macchina? O una casa? A un certo punto il sistema si rompe e rischi di riempirti la casa di contante senza valore, perché il denaro ha valore solo in quanto puoi spenderlo, ma se non puoi è un pezzo di carta pregiata, ma nient’altro).

          La prova che Esposito porta per dimostrare la non efficacia della tracciabilità è una sola, ovvero che servirebbero 30 milioni di poliziotti per controllare tutte le transazioni. Ciò non è poi troppo vero, per due motivi:

          1) non è che si controllano tutte le transazioni, ma solo quelle giudicate sospette (già oggi non si controllano tutte le dichiarazioni, ma solo quelle che fanno scattare l’allarme – di solito aziende che dichiarano meno degli studi di settore – perché per lo Stato anche se sei in crisi devi pagare le tasse come se non lo fossi);
          2) trovare quelle sospette non è per niente difficile: qualche settimana fa Superquark andò nel megabunker dell’agenzia delle entrate dove passa praticamente tutta l’Italia e tutto è sotto controllo, dalle transazioni bancarie al risultato di una partita di calcio in Turkmenistan. Era una cosa abbastanza impressionante per la mole di dati che veniva trattata senza che noi ne sapessimo alcunché (potevamo immaginarlo, ma l’effetto Grande Fratello resta).

          Insomma, basta addestrare il software a ricercare le anomalie (ad esempio, io AdE ho registrato versamenti solo per 10mila, ma poi hai comprato una casa da 100mila). Se qualcosa non va, scatta l’allarme, un poliziotto controlla e ti viene a chiedere spiegazioni, e se non sono sufficienti sono cavoli amari. Questa è la procedura già in vigore.

          È ovvio che non basta. Fra le cose che devi aggiungere per scassare il sistema dell’evasione ci sono anche l’inasprimento delle pene (un sistema tipo multa, multa, galera), l’introduzione della complicità dell’acquirente (perché se l’acquirente non è complice, non puoi evadere), il rafforzamento della condivisione di responsabilità civile e penale con il commercialista. Ma il problema del controllo è un falso problema, e già il sapere che esistono tutti questi paletti contribuisce a rendere meno conveniente l’evasione. Qualche pesciolino sfuggirà alla rete, ma questo succede ovunque, un sistema 100% infallibile non può esistere finché esisterà il contante (e non ne siamo neppure troppo sicuri).

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