Fare. O non fare. Non c’è provare.

Non voglio fare il solito trattatello economico-politico. Basti dire che per uscire da una crisi economica come quella greca avere i soldi per rifinanziare il debito a breve è il meno, come pure avere un piano per rientrare dal deficit. Il più è avere credibilità come sistema Paese, ed è per questo che le agenzie di rating non si fidano e poi declassano.

Occorre una classe politica e sociale in grado di dire alla gente: «Ragazzi, o facciamo così o vi pentirete di non avere accettato l’austerità». L’Irlanda l’ha fatto ed è praticamente fuori (non è un caso se, quando parliamo del prossimo a fallire, sentiamo parlare di Spagna e Portogallo, ma non del quarto PIGS). Quindi si tratta di scegliere fra tagli pianificati e tagli “non ci sono più soldi in cassa”.

In Grecia niente di tutto ciò: l’opposizione di centrodestra (quella dei conti truccati che ha spinto la Grecia ancor più a fondo) e i sindacati agitano la folla, sciagurati che non sono altro. Poi ci scappa il morto. Oggi sono carbonizzati, domani saranno di fame.

O l’austerità o la rovina, non c’è la terza strada.

Mi verrebbe da dire chi è causa del suo mal pianga sé stesso, ma purtroppo la Grecia è nell’euro. Ma qui ci vorrebbe una filippica (che non ho il tempo di fare) contro i Paesi che non vogliono rafforzare l’Unione Europea perché, altrimenti, verrebbero meno gli enormi vantaggi accumulati sino ad oggi (e sì, parlo della Germania: in questi dieci anni si è arricchita a nostre spese – dove noi siamo i Paesi mediterranei).

Se l’articolo ti è piaciuto, puoi incoraggiarmi a scrivere ancora con una donazione, anche piccolissima. Grazie mille in ogni caso per essere arrivato fin quaggiù! Dona con Paypal oppure con Bitcoin (3HwQa8da3UAkidJJsLRfWNTDSncvMHbZt9).