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Perché la mafia continua a non esistere?

Il prefetto di Parma nega che nella sua città ci sia la mafia.

Gianfranco Fini nega che alla Camera del Deputati ci sia la mafia.

Sono solo dichiarazioni recenti. Dell’Utri, a riguardo, è un capolavoro della cultura del negazionismo mafioso, tanto che Nonciclopedia, un’enciclopedia che vuole far ridere, ha dovuto inserire un avviso per rammentare ai visitatori che quelle citazioni di Dell’Utri, anche se fanno ridere, sono vere, verissime. Citazioni che potete trovare su Youtube per sentirle in viva voce, tipo qua o qua.

Dopo le parole, passiamo a elencare alcuni fatti:

  1. la mafia è ovunque girino i denari, perché è il suo business: una città non è immune dalle mafie perché non ci sono denunce o auto bruciate. Mentre l’estorsione (il pizzo) forse rimane relegata nelle regioni che hanno visto nascere Cosa Nostra, Camorra e ‘ndrangheta, le altre “aree strategiche di affari” si sono già estese ben al di fuori di quei confini: sfruttando l’enorme liquidità derivante dai traffici illegali, infatti, le mafie comprano negozi, industrie, vincono appalti per costruire (male) strade, ponti, oppure appalti per la gestione dei rifiuti, anche speciali, che puntualmente finiscono nelle campagne, accanto a pomodori e insalate. Le mafie, così, riciclano il denaro, penetrando nel tessuto economico, sociale e infine politico del Paese, non solo al Sud e non solo in Italia. Le televisioni non ne parlano, ma vicino Milano, a Quarto Oggiaro e a Buccinasco, sembra di essere a Palermo: se vai in questi Paesi e fai domande su argomenti delicati, non solo non ottieni risposta, ma cominci a sentirti osservato e invitato ad andartene. Appalti, droga, minacce e, ovviamente, omicidi;
  2. Forse alla Camera non ce ne sono, ma al Senato c’è puzza di mafiosi o amici di mafiosi: Giulio Andreotti (riconosciuto colpevole in via definitiva, ma prescritto – assolto secondo Studio Aperto, TG1-2-3-4-5, la Repubblica, Corriere, eccetera), Totò Cuffaro – condannato in primo grado, a maggio comincerà il secondo -,  Marcello Dell’Utri – condannato in primo grado, il cui processo d’appello sta diventando una farsa – sono tutti senatori; Renato Schifani, che ha avuto rapporti d’affari con mafiosi, è il presidente del Senato;
  3. Un sottosegretario del governo Berlusconi, Nicola Cosentino, è accusato di essere il referente del clan camorristico dei Casalesi da non uno, ma ben cinque pentiti;
  4. Visto, poi, che c’è anche gente che dice che la corruzione non esiste, ricordiamoci di Mario Chiesa, il cui arresto scatenò Tangentopoli e che oggi è stato trovato di nuovo con le mani nella marmellata: è stato arrestato per tangenti nelle gare d’appalto per la gestione dei rifiuti (ma guarda un po’ il caso…). La descrizione del suo metodo, poi, si discosta di niente dal metodo già applicato negli anni Ottanta da un altro grande corruttore, Adriano Zampini, della Tangentopoli torinese.

Anche questi sono solo fatti recenti. Andando più indietro ne troviamo di simili, e anche di peggiori: la storia del camorrista Raffaele Cutolo, che dirigeva la camorra dei tempi d’oro direttamente dalla sua cella-ufficio in carcere e con cui la politica si ritrovò a trattare durante gli anni di piombo; la ‘ndrangheta è scesa in campo in politica da almeno trent’anni, non si sa ancora chi ordinò gli omicidi di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, anche se qualche sospetto c’è. Eccetera eccetera.

In poche parole: le mafie sono la prima azienda d’Italia. Ogni anno guadagnano 90 miliardi di euro. Grazie al denaro e alle minacce rappresentano una forma di pressione altissima, alla quale nessuno può dirsi immune. Ci sono certamente imprenditori e politici, affamati dal denaro o impauriti dalle lupare, che finiranno sempre per arrendersi alle mafie. E continueranno ad esserci finché qualcuno, anche se in buona fede, negherà l’esistenza della mafia in questa o quella città o in questa o quella istituzione.

Piano piano, negando un po’ qui e negando un po’ là, la mafia finirà per non esistere davvero, almeno nella mente dell’opinione pubblica, ovvero il campo di battaglia della lotta alla mafia, perché la mafia è prima di tutto un modo di pensare.

E se la mafia cessa di esistere, non può più essere combattuta: non si può combattere qualcosa che non esiste.

Certe affermazioni sono davvero pericolose e irresponsabili: la mafia è ancora viva.

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