Senza voler difendere il rumeno Aleksandru Loyos, Alessandro Gilioli fa notare che nel caso dello stupro della Caffarella si sta superando ogni limite, e tutto perché altrimenti “la gente s’incazza mentre i politici attaccano la magistratura perché li ha scarcerati”.
Oltre alle quattro ragioni da lui espresse, però, ne aggiungo una quinta: il fatto che il DNA sia stato retrocesso da prova a indizio “perché i più prevalgono sui meno, dunque eliminiamo i meno”. Non ha senso: la scienza diventa eventuale, quasi un incidente di percorso, un ostacolo che si può aggirare. Il DNA non è un giocattolo, ma per questi magistrati sembra esserlo.
Insomma, si arriva a escogitare ogni tipo di sistema, anche quelli che scardinano il sistema, come la manipolazione legale del DNA, pur di trattenere in carcere un paio di rumeni per evitare che la gente urli alle scarcerazioni facili.
Dopo quindici anni di guerra della politica contro la giustizia, combattuta a colpi di delegittimazioni mediatiche e leggi volte a distruggerne l’efficacia nell’azione, la magistratura sta finalmente andando in tilt: non fa ciò che dovrebbe fare ma ciò che è meglio fare in base a ciò che la tv potrà dire.
Bravo Silvio, bravi tutti. Finalmente siamo tornati alla legge della giungla.
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