Listini europei in deciso ribasso nel corso della settimana scorsa: l’indice italiano FTSE-MIB, che si era riportato sopra la soglia psicologica dei 17mila punti il 16 marzo, ha accumulato un ritracciamento che lo ha respinto in area 16500 (un calo di circa il 3%). L’area dei 17mila è fondamentale per il percorso di medio periodo che l’indice dovrà intraprendere, poiché di lì passa il massimo segnato nell’ottobre 2011, e il cui superamento porterebbe l’indice verso il recupero dei livelli perduti nel corso della tempesta che ha investito l’area euro l’estate scorsa.
Tale recupero resta, comunque, in dubbio, almeno nel breve periodo: il rischio più attuale, come sempre, viene dall’Europa, che, nonostante la fine dell’ennesimo atto della tragedia greca, continua ad avere le sue gatte da pelare. Il Portogallo continua a scricchiolare, andando anch’esso verso la ristrutturazione del debito, il che non sarebbe neppure qualcosa di così grave, visto come è andata (meno peggio del previsto) per quanto riguarda la Grecia, ma stavolta le macerie portoghesi rischiano di finire per ammassarsi sul vero pericolo chiamato Spagna. Anche a Madrid l’ottimismo rischia di spegnersi, visto che le cose vanno sempre peggio, e sempre crescenti schiere di analisti ritengono sempre più probabile la ristrutturazione del debito pubblico spagnolo, che è il tassello che spingerebbe il domino sull’Italia, che è la vera e propria arma letale sotto il gabinetto europeo, e che la scorsa settimana ha visto le lancette della produzione industriale tornare ai livelli degli anni Novanta.
Il problema è ben noto: se è vero che l’azione della BCE ha reso possibile allungare il tempo a disposizione per disinnescare la bomba, va comunque sottolineato che gli artificieri ancora non sembrano aver capito di che bomba si tratti. I tedeschi continuano a prendere a bacchettate sulle mani i partner europei, continuando a spingere perché si mettano in ordine i conti pubblici, anche a costo di una stretta fiscale, dimenticando che una stretta fiscale genera con enorme probabilità recessione, che genera nuovi squilibri nei conti pubblici, che richiede altre strette fiscali, che generano nuova recessione, ad libitum. Ma dimenticano pure che tali squilibri sono dovuti anche al fatto che la Germania stessa usa il resto d’Europa per vendere i propri prodotti, soffocando i partner. Per questo il futuro resta fosco, il presente essendo già pessimo, con l’Europa, almeno stando al PMI di cui si parlava settimana scorsa, sta per entrare in recessione.
Il quadro, tuttavia, non brilla neppure fuori Europa: come sempre vanno ricordati i problemi della Cina, che dovranno essere affrontati con riforme incisive prima che gli squilibri (e sono tanti) esplodano; lo stallo della politica americana fino alle elezioni di novembre; l’opzione militare contro l’Iran che Israele continua a porre sul tavolo mediorientale, con ciò che ne deriva per il prezzo del petrolio, che schizzerebbe al rialzo e con essa benzina, energia e altri prodotti fondamentali per sostenere la ripresa semmai dovesse arrivare (il PIL mondiale, infatti, cresce molto lentamente).
Per quanto riguarda l’agenda macroeconomica della prossima settimana, lunedì mattina conosceremo il dato sulla fiducia dei consumatori italiani, utile per predire se i consumi nei prossimi mesi riusciranno a trainare un po’ l’economia; in Germania, invece, verrà reso noto l’indice IFO, risultato di un sondaggio sulle imprese manifatturiere, edilizie e del commercio, che lascia intravedere le aspettative di questi soggetti circa l’attività economica nei prossimi sei mesi. Entrambi i dati dovrebbero attestarsi sui livelli precedenti, stando alle previsioni degli analisti. Nel pomeriggio, occhi puntati sui due capi delle principali banche centrali mondiali: alle 14 parlerà Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve USA, mentre alle 18 sarà la volta del governatore della BCE Mario Draghi. Entrambi i discorsi saranno seguiti con grande attenzione, in quanto potrebbero essere utili per comprendere le mosse delle due banche centrali sui tassi d’interesse, che grande influenza hanno sull’economia. Bernanke parlerà anche il giorno successivo, martedì, alle 18.45 e il 29 marzo, alla stessa ora.
Altri dati importanti usciranno mercoledì: nel Regno Unito, alle 10.30, verrà rilasciata una stima sulla crescita del PIL. Il Paese è a forte rischio recessione, dato che nel trimestre precedente la ricchezza nazionale si è contratta dello 0,2%. Alle 11, in Italia, verrà invece resa nota la statistica sulla fiducia delle imprese, prevista, come quella dei consumatori, sostanzialmente stabile rispetto all’ultima rilevazione. Alle 14.30, invece, sarà la volta del dato sugli ordini di beni durevoli negli Stati Uniti, indice dell’attività del settore manifatturiero, spina dorsale dell’economia. Il dato dovrebbe far segnare un calo piuttosto deciso, a segnalare che l’economia va verso un rallentamento.
Giovedì sarà giornata di dati sulla disoccupazione: altre a quelli pomeridiani USA, i settimanali “jobless claims”, le nuove richieste di sussidi (previste stabili a 350mila unità), al mattino la Germania renderà noto il proprio tasso di disoccupazione, che dovrebbe rimanere al 6,8%. Il piatto forte della giornata sarà, con buona probabilità, il PIL statunitense: il dato (finale), che uscirà alle 14.30, dovrebbe segnalare che la maggiore economia del mondo dovrebbe essere cresciuta del 3% rispetto all’ultimo trimestre del 2011.
Venerdì, al mattino, verranno resi noti alcuni indici sui prezzi al consumo e alla produzione (misure dell’inflazione) di vari Paesi europei e dell’Eurozona intera, fra cui anche l’Italia: l’indice dei prezzi al consumo in Italia dovrebbe attestarsi a +0,2% rispetto al mese precedente. Negli USA, come sempre nel corso del pomeriggio europeo, verranno rese note le statistiche sulle spese e sui redditi delle persone, utili per predire l’andamento dell’attività economica in futuro: il dato dovrebbe essere leggermente positivo e in aumento rispetto alla rilevazione precedente.
Photo credits | Angela M. Arnold, Berlin (Own work) [GFDL or CC-BY-SA-3.0-2.5-2.0-1.0], via Wikimedia Commons
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