Le opinioni degli economisti circa l’uscita dall’euro

Ieri sera un tizio scriveva in un commento a un mio articolo che gente tipo Krugman dice che uscire dall’euro non crea problemi. Ciò è falso, basta leggersi Fuori da questa crisi adesso! (Garzanti) dove Krugman dice chiaramente che l’euro è una ca**ata, ma che uscirne è una ca**ata ancora più grossa.

Ciò detto, riassumo di seguito le principali posizioni degli economisti circa l’euro. Due parole, tanto per non cascare in bufale pericolose.

È una tassonomia quanto più generale possibile, ovviamente al loro interno ci sono differenze anche profonde. Fra gli economisti ci sono:

  1. Quelli favorevoli all’euro (con un miliardo di sfumature diverse);
  2. Quelli contrari all’euro, ma anche all’uscita dall’euro, perché sarebbe una catastrofe (e che in ogni editoriale ci ricordano che siamo dei fessi);
  3. Quelli che sull’uscita dall’euro (facendo rigorose analisi su dati parziali e usando modelli vecchi di decenni) ci hanno costruito una rendita, ci vendono libri, fanno visite e conferenze e ogni tanto dicono cose del tipo “Stiv Giobs ha inventato il Super Nintendo”. Insomma, o populisti approfittatori o semplici ignoranti.

Conclusione: se qualcuno vi dice “gli economisti sono contrari all’euro” o addirittura “gli economisti vogliono l’uscita dall’euro”, sappiate che è falso. Euroscettici o meno, la maggioranza schiacciante degli economisti sa benissimo che l’uscita dall’euro è una catastrofe, dato che il processo è ingestibile (per motivi già spiegati su queste pagine).

Se poi qualcuno vi dice che “quell’economista NOME COGNOME è favorevole all’uscita dall’euro” fatevi dire precisamente dove ha detto una scemenza del genere. Ovviamente ciò non vale per i negazionisti di cui al punto 3.

Se trovate eccezioni, ovviamente, segnalatemele.

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8 Comments

  1. Non mi sorprende vedere uscire dalla penna di Bisin questo pistolotto
    intriso di ideologismo neoliberista. D’altronde lui è quello che si è fatto sputtanare pure da Keynesblog perché per il proprio tornaconto parlando di salari ha usato dati nominali e non reali. Insomma il degno portavoce della premiata ditta di noti
    cervelloni Giannino, Boldrin and co. In attesa della risposta di Bagnai, che sono sicuro non tarderà ad arrivare, ti pongo una domanda: tu stesso hai più volte denunciato i terribili danni della austerità espansiva (sigh), che senso ha ora continuare a difendere a spada tratta un sistema che si è rivelato fallimentare, soprattutto considerato che non esiste e non esisterà mai la volontà politica di cambiarlo?
    Constatare questo fallimento non significa per forza essere antieuropei o
    negazionisti. Antieuropeo è invece a mio avviso chi continua imperterrito a difendere questa disastrosa unione monetaria, contro ogni ragionevole evidenza. L’ha detto anche Stiglitz (a proposito,“Eccezione” trovata): “Unless Europe is willing to make those reforms , it may have to let the euro die to save itself…”
    http://www.project-syndicate.org/commentary/listening-to-european-voters–rejection-of-austerity-by-joseph-e–stiglitz#4wgBQ8ZoArGViuQP.99

    1. Attenzione a non usare l’uomo di paglia: Bisin ha idee che non condivido totalmente, ma porta con sé argomentazioni belle forti, ben riassunti dai grafici, schiaccianti.

      Non vedo incoerenza nelle mie opinioni: dico da sempre (cfr http://blog.tooby.name/2012/12/04/per-uscire-dalle-crisi-non-serve-svalutare-o-dollarizzare-bisogna-governare-bene/ ) che la moneta non c’entra niente. Dobbiamo governare bene noi in quanto italiani e noi in quanto europei. Al momento manca la seconda parte per uscire dalla crisi, anche perché non si è fatto nulla per risolvere la prima. È un circolo vizioso.

  2. Avevo lasciato un commento. Ma non è spuntato. Era il link di un articolo dove parlava del livello di sopportazione del tasso di cambio euro/dollaro per l’Italia

  3. Che l’euro sia forte lo sapevamo. Ma che sia tutta colpa dell’euro forte significa prendersi in giro. L’Italia (e vari altri bimbi) hanno problemi REALI, che poco hanno a che fare con la moneta, e che resterebbero tali pure se avessimo la lira o la conchiglia.

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