Ieri la banca mi ha informato che a gennaio mi verrà addebitata la patrimoniale 2012.
Sì, cari figlioli che l’avete richiesta, eccovela la patrimoniale, la seconda in un anno dopo l’IMU.
Si tratta di un simpatico prelievo sulla “ricchezza” (rido) finanziaria, lo 0,1% nel 2012 e lo 0,15% dal 2013. Poca roba direte voi. E direte male.
La patrimoniale, infatti, prevede un minimale di 34,20 euro per tutti i poveracci che posseggono meno di 34200 euro in banca.
Il giochino della patrimoniale è infatti molto interessante: se hai 34200 euro in banca (o investiti in quasi ogni altro modo), paghi 34,20 euro di patrimoniale. Se invece hai 1 (uno) euro in banca, paghi comunque 34,20 euro. Tutti gli altri pagheranno lo 0,1% del proprio patrimonio finanziario.
La storia è ancora più mostruosa se consideriamo la porzione del patrimonio che lo Stato incamererà. Se uno ha 1000 euro pagherà 34,20 euro, ovvero lascerà allo Stato il 3,42% del proprio patrimonio; chi invece possiede un patrimonio finanziario di 100000 pagherà 100 euro, ovvero lo 0,1% del proprio patrimonio. Ciò significa che non solo va a farsi benedire il principio di progressività dell’imposizione fiscale, ma pure un eventuale principio di proporzionalità: in altre parole, più sei ricco e meno paghi in rapporto al tuo patrimonio (fino a 22800 euro dal 2013). La mia aliquota reale sarà uguale alla somma delle aliquote di Berlusconi e di altri tre o quattro miliardari. Detto ancora altrimenti, come si vede in una simpatica tabella su questo sito di informazione circa questa rapina, nel 2013 20 milioni di italiani pagheranno il minimale (ovvero un’aliquota reale uguale o superiore a quella legale, compresa fra lo 0,15% e il 100%) e solo 1,8 milioni (i più ricchi) pagheranno lo 0,15% (sempre che non nascondano i capitali, cosa che più sei ricco e più è facile).
Come minimo, è una norma ingiusta e iniqua che contraddice in termini il “decreto salva-Italia” e andrebbe cancellata oggi pomeriggio. Ma l’obiettivo del nostro sistema fiscale non è la tassazione equa, bensì fare cassa a ogni costo, poiché una tassazione veramente equa minerebbe gli equilibri politico-economici dentro il Palazzo (nel senso che se la torta si rimpicciolisce poi sprecare denaro pubblico diventa più difficile) e non soddisferebbe i desideri di vendetta di classe di quelli che dal Palazzo sono esclusi. L’obiettivo, insomma, è la tenuta in vita di un sistema cancerogeno per il Paese, non la sua cura.
Questo spiega la ratio dietro al minimale: se mettessimo l’imposta proporzionale senza minimo, alla fine il gettito sarebbe ridicolmente basso, visto che i grandi patrimoni, con tutto questo parlare di patrimoniale, sono già andati a godersi il sole delle isole Cayman. Un’eventuale patrimoniale straordinaria, per la cronaca, avrebbe lo stesso effetto: finirebbe per colpire i poveracci o darebbe un gettito nullo.
Se poi pensiamo all’imposta sui profitti del 20% (o del 12,5% sui titoli di Stato), questi ulteriori 34,20 euro di batosta insensata rendono ancora meno conveniente risparmiare per la stragrande maggioranza degli italiani (e dei capitali italiani). E se non si risparmia non si investe, e se non si investe non si cresce.
Potete capire quanto io mi senta non solo rapinato, ma pure beffato (ma anche voi non vi sentite poi così bene, no?) considerando un altro aspetto della vicenda: i partiti nell’area di governo hanno approvato questa rapina e più che il mio voto meriterebbero sputi in faccia; i partiti al di fuori della medesima, specie a sinistra, continuano a invocare patrimoniali che alla fine della fiera pagherebbero i poveracci (ivi compresi chi continua a invocare patrimoniali su patrimoniali, perché l’Italia è il Paese dei Tafazzi), e più che il mio voto meriterebbero calci in bocca. Si direbbe che il buonsenso sia scarsamente rappresentato nell’agone politico, ma purtroppo non sembra neppure essere sottorappresentato.
E presto potrebbe arrivare la Tobin Tax, altra mazzata al risparmio, agli investimenti e alla crescita (e che colpirà chi la invoca, non gli sbeguladori). Anch’essa acclamata a gran voce, nonostante ci costerà migliaia di posti di lavoro e quindi di tasse e crescita.
Questo significa che una grossa parte dei partiti e del popolo italiano approva e invoca tasse sul risparmio in una congiuntura economica in cui si risparmia già pochissimo. Ma le tasse sul risparmio sono tasse sul futuro e noi stiamo andando belli tranquilli verso un livello di tassazione che il futuro lo distrugge. E non sto parlando di venti o trent’anni: checché ne dicano Grilli e Monti, io non riesco a vedere nel 2013 una crescita superiore allo zerovirgola, dopo un calo del PIL di oltre il 2% nel 2012 e senza esserci ancora ripresi dal tracollo del PIL del 2009 (-5%). Davvero ci serve l’ennesima zavorra fiscale?
Con altre tasse non si esce da questa crisi, bensì la si avvita e la si rende peggiore. E con le tasse sul risparmio e sugli investimenti si manda a quel paese pure la crescita di lungo periodo (il cui driver è il progresso tecnologico, che non cade dal cielo, ma viene dalla ricerca, e per fare ricerca servono investimenti, risparmi, soldi).
In altri Paesi il livello di tassazione da rivolta armata sarebbe già stato superato da un pezzo, qui da noi ci masturbiamo con le primarie, la legge elettorale a scaglioni ed election day per risparmiare 100 milioni, mentre con questi provvedimenti da camera a gas si soffoca una crescita economica nell’ordine di decine di miliardi.
Poi qualcuno si chiede perché sono così pessimista sul futuro di questo bizzarro, ignorante Paese: io propongo di tagliare le tasse in senso progressivo, e mi ritrovo una realtà fatta di tassazione sempre più regressiva, aggressiva e mortale.
E non solo non si minacciano ghigliottine, ma si continua con le chiacchierate da bar e gli scontri fra tifoserie, mentre si scrivono libri dei sogni e si cannoneggia la realtà con la demagogia.
«La luce in fondo al tunnel». Tutti ridono.
Qualcuno addirittura applaude.
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Sottoscrivo ogni singola parola. A suo tempo feci notatare questo abominio, ricevendo solo commenti indifferenti, quasi sprezzanti nel voler dire “se fosse questo il problema”. C’è tutto il tuo/Suo ragionamento sotto. Bravo chi riesce a farsi ascoltare.
Il problema è sempre un altro, ma le pecore che vengono tosate sono sempre le stesse, proprio perché ci facciamo distrarre dal pastore e dai vari “non è questo quello che chiede l’ovile”.
O smettiamo di essere pecore o aspettiamo il macello.
Grazie mille (il ‘tu’ va più che bene 🙂 )