Settimana ancora in ribasso per le borse mondiali, con in particolare il DAX tedesco e il FTSEMIB italiano che perdono i supporti psicologici di area 7000 e 15000 rispettivamente. I motivi che hanno spinto al ribasso i listini sono fondamentalmente tre.
In primo luogo abbiamo la già nota questione del fiscal cliff statunitense, ovvero quella combinazione di tagli di spesa e aumenti delle tasse che riporterebbe in un baleno in recessione l’economia USA. Il presidente Barack Obama ha deciso di approfittare di un GOP allo sbaraglio dopo la sconfitta presidenziale per andare all’attacco, annunciando che avrebbe posto il veto su qualunque proposta non preveda un aumento delle tasse ai ricchi. I repubblicani sono stati perciò costretti a chiudersi sulla difensiva, rendendo noto di essere pronti all’accordo. La partita da giocarsi è estremamente delicata, poiché in caso di non accordo la parte più intransigente sarebbe immediatamente travolta dalle accuse dell’opinione pubblica, ma anche per questo motivo è plausibile credere che alla fine un accordo sarà trovato. Se sarà un buon accordo, tuttavia, sarà ancora da vedere.
Il secondo motivo è un generale deteriorarsi delle economie occidentali. In Europa si assiste a un calo generalizzato del PIL (l’Eurozona è tecnicamente in recessione, di nuovo), e solo Germania e Francia stanno dando qualche lieve segnale in senso positivo. Per quest’ultima, tuttavia, è già scattato un nuovo allarme: le ricette del governo socialista di Hollande appaiono fin troppo inadeguate alle sfide del mondo moderno, e anche il modello francese necessiterà di un forte ripensamento. Il Paese che Hollande si è ritrovato in mano è indubbiamente appesantito, specie in produttività e competitività, ma la risposta offerta sino ad ora non sembra essere quella giusta. Il Paese ha bisogno di impresa e lavoro, ma il governo socialista ha deciso che era il caso di alzare le tasse sui profitti delle imprese, sui patrimoni, sui dividendi e sui capital gain, contestualmente alzando i salari minimi. Qualche lavoratore dipendente magari se ne è rallegrato, ma bisognerà vedere quante imprese potranno sopportare un così feroce aggravio dei costi in una congiuntura tanto debole: quelle che non ci riusciranno, inevitabilmente, saranno costrette a licenziare o a chiudere. C’è di buono che una Francia con le spalle al muro aiuterebbe la causa anti-tedesca, ma purtroppo non la ricerca di una soluzione: la Francia è uno dei Paesi meno disposti a cedere sovranità all’Europa e uno di quelli più agguerriti a difesa delle proprie prerogative, basti pensare al bilancio UE, che, mentre taglia alla ricerca e allo sviluppo, lascia quasi intatti i finanziamenti alla Politica Agricola Comune, sussidi molto cari alla Francia, e, in altro senso, anche al resto d’Europa. Sembra il 1950.
Ultimo motivo è il ritorno dei conflitti nel Vicino Oriente. Israele sta muovendo guerra contro Gaza in una delle sortite che ogni tot anni vengono lanciate per eliminare i nemici di Tel Aviv. Questa volta però gli intenti potrebbero essere due: in primo luogo testare il sistema di difesa antimissile Iron Dome, in secundis disarmare nuovamente Hamas, in particolare di tutti i missili (specialmente iraniani ivi giunti clandestinamente), in modo tale che, in previsione di una guerra con l’Iran nei prossimi mesi, la difesa antimissile sia tutta pronta ad affrontare solo gli attacchi iraniani, senza dover necessariamente dividere l’attenzione fra due fronti. Considerando che fra gli attori del conflitto al potere vi sono i più integralisti, e che i pacieri tradizionali come USA e UE hanno diverse gatte da pelare in casa propria, parlare di pace sembra essere semplicemente utopia. I mercati ovviamente temono l’escalation, in particolare sui prezzi del petrolio,che potrebbero soffocare la già debole ripresa.
L’agenda macroeconomica di lunedì prevede pochi dati: al mattino gli ordini all’industria in Italia, previsti in contrazione su base mensile; al pomeriggio le vendite di case esistenti negli USA ci daranno qualche informazione in più sullo stato del debole settore immobiliare. Gli analisti si attendono un numero in linea con quello precedente.
Martedì sarà ancora il mercato immobiliare USA a richiedere attenzione: nel pomeriggio usciranno i dati sui nuovi permessi di costruzione rilasciati e sull’apertura di nuovi cantieri residenziali, attesi in questo caso in ribasso rispetto alla rilevazione del mese scorso.
Mercoledì, oltre a un’asta di Bund tedeschi a 10 anni, usciranno i dati sulle nuove richieste di disoccupazione USA, anticipati di un giorno a causa delle chiusure per la festa del Ringraziamento. Dopo un balzo sopra i 430mila a causa dell’uragano Sandy, gli analisti si attendono ora una lettura in discesa, ma superiore ai 400mila.
Giovedì, con le borse americane chiuse, la giornata sarà dominata dai sondaggi dei direttori degli acquisti del settore terziario. Le stime preliminari per Germania, Francia e UE resteranno più o meno sui livelli precedenti, a segnalare un prossimo rallentamento dell’attività economica.
Le conferme dovrebbero giungere venerdì, con le borse ancora a mezzo servizio data la chiusura anticipata di Wall Street. La Germania pubblicherà, infatti, il dato sul PIL che dovrebbe confermarsi in rallentamento, ma ancora positivo, mentre una nuova lettura degli indici IFO dovrebbero che il sentiment nella locomotiva europea è in deterioramento. In Italia qualche lieve buona notizia dovrebbe giungere dalle vendite al dettaglio.
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