Continua Panara:
Gli operatori finanziari si sono ovviamente scatenati contro [la Tobin Tax]: sono loro che guadagnano su ogni ordine di acquisto e di vendita e una tassa, anche se contenuta, inevitabilmente limiterà il numero delle operazioni perché le renderà meno convenienti.
Panara qui evidenzia di non sapere una beneamata cippa. Gli operatori non guadagnano da ogni ordine di acquisto e di vendita, anzi, spesso e volentieri ci perdono. Su dieci persone che iniziano a far trading oggi, nove avranno già perso tutto entro un anno. Il decimo, invece, sopravviverà (non si sa per quanto) perché ha capito che le perdite fanno parte del mestiere. La regola numero uno del trading è proteggere il capitale, e occorrono anni di studio e pratica per iniziare a guadagnare. La Tobin Tax non farà altro che buttare in mezzo alla strada il decimo di quel decile che riesce a vivere di trading (banche, hedge fund e tutti i nemici del popolo che volete se ne andranno altrove, come già detto). Si tratta comunque di migliaia di persone, e sono solo una parte di chi perderà il lavoro a causa di questa tassa.
Tornando alla metafora del latte (da non intendere dal lato consumo, ma come prodotto di un investimento in mucche, stalle, eccetera), sarebbe come mettere una tassa su ogni litro che il pastore riesce a mungere dalla mucca. Il pastore guadagna da ogni litro di latte che produce? No, guadagna solo da quelli che riesce a vendere, e solo dopo aver pagato tutte le spese per tenere in vita il bovino, la stalla e il resto. Allo stesso modo il trader guadagna solo quando riesce a chiudere un’operazione in positivo e, credetemi, non capita così spesso. Chi vive di trading di solito guadagna poco da ogni operazione di solito chiude in positivo fra il 60% e l’80% delle operazioni; chi guadagna molto, di solito perde due volte su tre o una su due. Un trader medio in un anno rischia di non guadagnare nulla. Tassare le perdite equivale a tassare il latte che non si vende e si è costretti a buttare. E se il margine del pastore era già esiguo, con la nuova tassa sul latte forse gli converrà abbattere la mucca e trovarsi un altro lavoro: in fondo in Italia ci sono così tanti posti di lavoro disponibili che dobbiamo importare disoccupati.
Suvvia.
Quelli che verrebbero a mancare non sono gli acquisti e le vendite degli investitori di medio e lungo periodo, che sono quelli che danno sostanza al mercato e i cui investimenti ricadono sull’economia, ma buona parte di quelli che comprano e vendono per lucrare sulla differenza delle quotazioni nel breve e nel brevissimo periodo.
Qui si tratterebbe di capire innanzitutto che significa “brevissimo, breve, medio, lungo”. Nel trading “medio periodo”può significare pure due giorni. Ma tralasciamo. La locuzione chiave, qui, è “dare sostanza al mercato”. Chi ha studiato la microstruttura dei mercati dei capitali (non Panara, così a occhio) sa che un mercato avente sostanza è un mercato avente liquidità, ovvero un mercato in cui è possibile comprare o vendere cose in grandi quantità, in poco tempo e per poca spesa. Una tassa come la Tobin Tax è fortemente distorsiva e contribuisce a togliere sostanza al mercato in quanto 1) aumenta la spesa per comprare e vendere una cosa; 2) diminuiscono le opportunità di comprare e vendere ad ogni livello di prezzo, sicché a) si troveranno meno acquirenti o meno venditori per ogni livello di prezzo, sicché è più difficile scambiare grandi quantità di una cosa, e b) ci vorrà più tempo per farlo. La Tobin Tax drena liquidità e perciò sostanza.
Questo ha effetti sull’economia reale in molteplici modi. Uno l’abbiamo già incontrato: i trader disoccupati e quelli che, pur non vivendo di trading, compravano e vendevano strumenti finanziari in modo tale da potersi permettere una pizza il sabato sera. Se migliaia di disoccupati e persone con minori capacità di spesa e quindi di consumo (la C di cui sopra, che fa crescere il PIL) non sono economia reale, io sono la Regina d’Olanda. Altro effetto sull’economia reale. Nella mitologia comune i derivati sono visti come lo strumento tipico della speculazione brutta e cattiva. Una buona parte (minoritaria) degli scambi in derivati è però relativa a coperture del rischio. Esempio: un’impresa che vende beni in USA, Cina, Brasile, Australia, e che perciò contribuisce ad aumentare il PIL (aumentando NX, ma non solo). Come dovrebbe essere risaputo, i pagamenti fra imprese (o fra imprese e ente pubblico, semipubblico, come vi pare) avvengono a x mesi, poniamo il caso “tre mesi”. Tre mesi fa il cambio euro/dollaro USA era a 1,21, oggi è a 1,29. Supponiamo che l’azienda italiana abbia venduto un bene per 100 dollari: se avesse incassato i soldi subito avrebbe ottenuto 82 euro (circa), mentre dopo tre mesi il valore di quei 100 dollari è sceso a soli 77 (circa). È il 6% in meno, e chi esporta non lo fa per pochi euro, ma in lotti un po’ più grandi, sicché le perdite possono essere rilevanti. Il problema (tecnicamente è un rischio strategico di ogni impresa che vende all’estero) viene risolto con l’utilizzo dei derivati: in modo molto brutale, compro euro contro dollaro, sicché se l’euro sale del 6%, i 5 euro che ho perso poche righe fa li riguadagno sui mercati. E viceversa. In questo modo io azienda so che fra tre mesi mi arriveranno 82 euro e chissenefrega di quant’è il cambio: il rischio è annullato grazie ai derivati.
Ovviamente la cosa vale pure per le imprese importatrici. Ma pure per un tizio a caso che va a contrarre un mutuo, un prestito o ad acquistare una polizza, insomma ovunque ci sia un qualche tipo di rischio (ad esempio di tasso di interesse): per rendere quei contratti meno onerosi (anche per la normale donna della strada), la banca o l’assicurazione compra e vende derivati. E continuerà a farlo pure con la Tobin Tax: tanto verrà scaricata sul cliente, domestico o straniero che sia, che gli piaccia o meno la Tobin Tax.
Insomma, un tizio che va in banca col cappello in mano a chiedere soldi per comprarsi un monolocale pagherà la Tobin Tax, senza neanche il bisogno di comprare un BOT o un’azione.
Non siamo manco a metà articolo, e già abbiamo fatto danni a C, a I e a NX. Manca G, abbiate fede, saranno dolori pure per lo Stato.
Intanto complimenti a chi è arrivato fin qui, ma la tragedia del buonsenso continua.
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TOOBY FOR PREZ !!
Questo articolo dovrebbe essere stampato in milioni di copie e affisso dalle Alpi a Lampedusa, con fermata obbligatoria a Roma, sede del “boccoglione”, ovvero il coglione della Bocconi.
Sono totalmente d’accordo con te quando ti dichiari perplesso sulla possibilità che anche gli altri Paesi europei, Germania in primis, vogliano distruggere per legge la propria piazza finanziaria. Ma ce li vediamo i Tedeschi (ma anche i Francesi, gli Spagnoli ecc.) che per legge distruggono l’EUREX, uno dei tre maggiori mercati dei derivati al mondo ?
Alla peggio faranno come Hollande, una piccola tassa NON SULLE TRANSAZIONI, spacciata però come tale tanto per accontentare i talebani.
In Italia, al contrario, non è chiaro se per incompetenza o per calcolo, ci avviamo all’annientamento della Borsa.
La gente comune, opportunamente disinformata, crede la crisi sia originata dalle borse regolamentate ed in particolare dalla insignificante Borsa di Milano !!!
Visto che siamo nella patria dell’incertezza del diritto, vorrei porti un quesito sulla assurda via italiana alla tassazione delle transazioni finanziarie.
L’articolato della legge italiana è abbastanza confuso ed eccessivamente conciso e riprende malamente i contenuti della direttiva europea. In particolare, la proposta europea riguarda gli “enti finanziari” e non certo i privati cittadini. In quella proposta, gli enti finanziari soggetti all’imposta vengono individuati in base al cosiddetto “principio di residenza”.
La legge italiana non distingue tra privati cittadini ed enti finanziari ed applica indiscriminatamente il “principio di residenza” a tutti, senza dare chiare esplicazioni né fare dovute distinzioni, creando così il solito mostro giuridico. Infatti, una delle possibili e più gettonate e demenziali interpretazioni della legge è la seguente:
1 – se un pensionato fiscalmente residente in Italia compra oggi cento azioni ENI e le rivende fra un anno pagherà la tassa, sia all’acquisto che alla vendita. Se un hedge fund, fiscalmente non residente in Italia, compra e vende centomila azioni ENI cento volte al giorno non pagherà nulla.
2 – se un piccolo trader, con residenza fiscale in Italia, compra un derivato trattato su una borsa non italiana (su cui non c’è alcuna tassa sulle transazioni) dovrà comunque pagare la tassa. Ovvero, la legge italiana riesce ad imporre tasse su transazioni all’estero e non già su beni posseduti all’estero. E’ come se il fisco italiano mettesse una tassa sulla compravendita di un immobile a Parigi oltre che sul possesso di quell’immobile.
Ti sembra l’interpretazione corretta ?
Grazie e complimenti
Grazie per il tuo bel commento.
L’interpretazione è ovviamente corretta, ma credo di aver letto pure di peggio in quella legge, ovvero che basta che uno solo dei contraenti non paghi la tassa per annullare la transazione (articolo 12, comma 22 – ironico, vero?). Io in primo luogo non ce li vedo certi intermediari diventare sostituti di imposta: costa troppo. Sicché certi se non tutti i marketmaker diranno ai propri clienti: «Fatti vostri», o al massimo chiudono baracca e burattini e se ne vanno. In quel caso, un’operazione mi finisce in perdita, io avrei addirittura convenienza a non pagare la tassa, visto che mi verrebbe annullata, e così la perdita.
Ma poniamo pure il caso che io venda un’azione a un tizio all’estero: anche lui dovrebbe pagare la tassa, perché io sono italiano. E se non la paga che succede? Si annulla l’operazione anche a lui?
A me la Tobin Tax così come congegnata più che un mostro giuridico, pare semplicemente ridicola.
“.. ovvero che basta che uno solo dei contraenti non paghi la tassa per annullare la transazione (articolo 12, comma 22 – ironico, vero?)
In quel caso, un’operazione mi finisce in perdita, io avrei addirittura convenienza a non pagare la tassa, visto che mi verrebbe annullata, e così la perdita.”
Ma ce lo immaginiamo la Cassa di Compensazione e Garanzia che annulla un’operazione sui futures per “mancato versamento dell’imposta” ???
La neurodeliri a Palazzo Chigi, D’URGENZA !!!
Ma questa tassa non creerà semplicemente un mercato parallelo con transazioni fittizie, senza passaggi di titolarità fra gli attori?
I mercati paralleli ci sono già, si chiamano MTF. Chi-X, per dirne uno, già assorbe un quarto dei volumi europei.
Il rischio è che la liquidità si sposti sempre più nelle dark pools, dove è più difficile capire come si formano i prezzi, a discapito dei mercati “ufficiali” più trasparenti ma lasciati semideserti, che si limiteranno a prendere i prezzi dagli altri MTF, dove operano perlopiù i grandi attori.