Continuano le prese di beneficio sui mercati finanziari mondiali, seguendo una strategia di attesa di novità di un qualche rilievo che però non arrivano, per fortuna o purtroppo.
Gli investitori sembrano essere generalmente pessimisti su diversi palcoscenici internazionali, primo fra tutti quello europeo e quello statunitense, ma per il momento l’effetto placebo fornito dalle banche centrali sta funzionando nel contenere il panico. Ciononostante il panico serpeggia e, a giudicare dai corsi azionari, saremmo in una fase di distribuzione che prelude a forti movimenti nelle prossime settimane e mesi.
I mercati, ad esempio, attendono notizie dalla Spagna, il nuovo buco nero europeo, che sta ancora cercando una via d’uscita dalla crisi che non passi dai soldi (e dai diktat) della Troika. Il problema è che c’è poco da fare: la manovra finanziaria di Rajoy, «la más austeras de la democracia», con buona probabilità (ovvero in assenza di correzioni da parte della politica monetaria) avrà un forte impatto negativo sul PIL, con poche o nulle speranze di risolvere la cronica fame di denaro fresco delle sue banche e degli organi amministrativi periferici. Dove il governo centrale vuole trovare questo denaro resta un mistero, e i mercati, nell’attesa, preferiscono alleggerire sull’azionario senza però far scattare il risk-off, grazie appunto alla potenza di fuoco minacciata dalla BCE. Il vertice europeo previsto per il 18 ottobre dovrebbe risultare sostanzialmente irrilevante.
Restano in campo altri motivi di incertezza già ben annotati, come la Grecia, che potrebbe ottenere maggiore tempo per spalmare la propria austerità, onde evitare la polverizzazione di una società già sotterrata da sprechi e corruzione; oppure gli USA, dove si attende l’esito delle elezioni del 6 novembre, anche se appare già chiaro che sarà necessario un accordo per evitare all’Unione l’austerità automatica del fiscal cliff. Sollievo dall’incertezza dovrebbe invece venire dalla Cina, la quale, nonostante il prossimo cambio della guardia, dovrebbe rimanere almeno nel breve-medio periodo, sul percorso di crescita economica già tracciato.
L’agenda macroeconomica prevede per lunedì l’indice dei prezzi al consumo cinese, che dovrebbe far segnare un rallentamento, importante perché la Banca Popolare Cinese possa riprendere la sua attività di stimolo ad un’economia affaticata. Nel pomeriggio conosceremo l’andamento delle vendite al dettaglio USA, che dovrebbero risultare ancora piuttosto piatte e in lieve peggioramento.
Martedì sarà reso noto il dato sulla bilancia commerciale italiana, prevista positiva ma in peggioramento rispetto alla rilevazione precedente. Conosceremo anche l’indice ZEW tedesco, che dovrebbe segnare un lieve miglioramento, pur rimanendo in territorio da aspettative negative. Negli USA prevista invece una sottile accelerazione dell’indice dei prezzi al consumo. La produzione industriale a stelle e strisce, invece, dovrebbe tornare in territorio lievemente negativo.
Giovedì il PIL cinese dovrebbe segnare l’ennesima, piccola contrazione, da+7,6% a +7,4%. Giovedì gli USA rilasceranno i dati sulle nuove richieste di sussidi di disoccupazione (attesi ancora sul 370 mila) e l’indice della Fed di Philadelphia sullo stato di salute del settore manifatturiero della propria zona di competenza, atteso anch’esso lievemente positivo.
Venerdì l’Italia rilascerà i dati sugli ordini all’industria, attesi ancora in peggioramento, ma tuttavia in crescita. Sarà interessante valutare anche il dato sulle vendite di case esistenti negli USA, per verificare se il mercato che ha generato la crisi finanziaria degli anni passati dà segni di ripresa. Le attese non sono positive.
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