Con volumi ridotti ai minimi termini complici le vacanze estive, i mercati archiviano una settimana piuttosto positiva: l’indice di riferimento italiano torna su livelli che non si vedevano da inizio aprile, idem per quello tedesco, che però è molto più vicino ai massimi da un anno. Ancora più positivi gli indici americani, che tornano ad affacciarsi su massimi ancora più lontani, ma decisamente non è tutt’oro quel che luccica: i mercati, con volumi così sottili, tendono ad essere sempre positivi in assenza di cattive notizie, come avvenuto nelle ultime settimane, ma la ripresa dei lavori nei prossimi giorni lascia presagire un po’ di preoccupazioni.
È di nuovo la Grecia a preoccupare, visto che, stando agli ultimi controlli da parte della Troika, mancano tagli per 2,5 miliardi (almeno) per risanare il bilancio, e la brutta notizia arriva in un periodo di turbolenza fra le cancellerie europee. La Finlandia e la Germania hanno ripreso ad assumere atteggiamenti duri contro Atene (e di riflesso verso gli altri PIIGS), lasciando intendere che se la Grecia dovesse uscire dall’euro “tanto peggio, tanto meglio”, mentre il premier greco Samaras comincerà in settimana un giro di incontri con altri capi di Stato e di governo europei per contrattare un allungamento delle scadenze dei prestiti.
Questo elenco di eventi torna a sottolineare quanta pochezza e confusione vi sia nella gestione della crisi europea, quanto poco sia stato fatto e quanto poco sono state comprese le conseguenze della “reversibilità” dell’euro cui si è scagliato contro il governatore della BCE Mario Draghi. L’uscita della Grecia altro non sarebbe che un “test”, così com’è avvenuto negli ultimi anni: è l’effetto domino che continua a far sentire le proprie conseguenze, mentre i tasselli continuano a cadere. Dopo Grecia, Irlanda e Portogallo, i mercati si attendono che sia la Spagna la prossima a chiedere il “supporto” della Troika, e dopo la Spagna toccherebbe all’Italia. Se la Grecia dovesse uscire dall’euro, il rischio che si accodino Irlanda e Portogallo e poi Spagna e Italia diventerebbe concreto, e in men che non si dica, si arriverebbe al collasso dell’eurozona.
Vale la pena di ricordare il meccanismo di propagazione della crisi. Un Paese, la Grecia, va in crisi (gennaio 2010), ma la gestione di questa piccola crisi è semplicemente priva di senso, tant’è che due anni dopo si arriva al primo default (in senso tecnico) nella zona euro. Chi aveva investito sulla Grecia perde un sacco di soldi e si scatena il sell-off (cioè la vendita a qualsiasi prezzo) dei titoli di Stato greci. Ci sono però altri Paesi in difficoltà, i PIIGS. Gli investitori temono che possa accadere lo stesso anche per altri Paesi e dunque cominciano a ridurre l’esposizione anche sui titoli di quei Paesi, facendo esplodere gli spread, prima dei pesci piccoli come l’Irlanda e il Portogallo, poi di quelli grossi (Spagna e Italia).
Il copione è lo stesso sempre: Germania e compagnia per prestare denaro a chi è in crisi impongono tagli che aggravano e avvitano la crisi, finché non arriva un default che non viene chiamato col suo nome solo per salvare la faccia. Le difficoltà si susseguono e mordono i Paesi più in difficoltà, fino al momento del crack dell’eurozona. La crisi greca, che poteva risolversi in sei mesi e modica spesa nel 2010 (con spread BTP-Bund a 150), è diventata una peste che si avvia a decimare un’area di qualche centinaio di milioni di persone. E tutto perché qualche ministro qua e là non si rende conto che l’euro potrà pure essere reversibile in linea teorica, ma in linea pratica c’è il rischio che venga sostituito dal baratto.
Oltre agli appuntamenti già segnalati, la settimana prossima si preannuncia piuttosto calma, almeno dal punto di vista dell’agenda macroeconomica. Per l’Europa si segnalano il PIL tedesco (atteso stabile e lievemente positivo sia sull’anno che sul trimestre) e l’indice dei direttori degli acquisti tedesco ed europeo (che dovrebbero confermare la tendenza alla contrazione delle due economie, specie nel manifatturiero) nella giornata di giovedì.
Negli USA sono invece da osservare le minute della FED, ovvero il resoconto dell’ultima riunione del comitato per il mercato aperto, tenutasi due settimane fa, che uscirà mercoledì. Nella stessa giornata e in quella successiva conosceremo come sta andando il mercato immobiliare, con l’uscita dei dati sulla vendita di case esistenti e di nuova costruzione. Giovedì occhio alle richieste di sussidi di disoccupazione, attese stabili, mentre venerdì da segnalare gli ordini di beni durevoli, che dovrebbero fornire informazioni sull’andamento del manifatturiero statunitense. Il dato è atteso in leggero miglioramento.
Photo credits | European People’s Party (Flickr: EPP Summit March 2012) [CC-BY-2.0], via Wikimedia Commons
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