La scorsa settimana le pillole di storia italiana (qui le pillole precedenti) si erano fermate alle 16:36 del 12 dicembre 1969.
L’Italia sembra la Grecia. Ad eccezione della Sicilia (( Non che la Sicilia fosse esclusa dagli avvenimenti dell’epoca, è che il caos siciliano aveva, per così dire, vita propria: all’epoca, e da diversi anni, era in corso la prima guerra di mafia che, curiosamente, terminerà il 10 dicembre del 1969; le curiosità non termineranno qui. )) l’Italia, fino al 12 dicembre, si trovava in una situazione che ricordava da vicino quella greca, che pochi anni prima aveva visto la nascita della dittatura dei colonnelli a seguito del caos in cui il Paese era sprofondato. Anche lo Stivale non era da meno, ma fino ad allora, si trattava di attentati di piccola entità. Il 12 dicembre del 1969, però, tutto cambia: una bomba esplode presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana. È una strage di 16 persone e un centinaio di feriti, accompagnata da altri attentati minori in altre città italiane. Il colpevole, il giorno successivo, è bello e servito: gli anarchici, i comunisti, i sindacati, insomma i protagonisti del Sessantotto. Altri colpevoli presunti sono quelli della destra di Almirante. Occorreranno anni, decenni per arrivare ad una verità tuttavia ancora parziale: c’entrano gli estremisti di destra, ma soprattutto c’entrano settori dei servizi segreti italiani e stranieri, che si prodigarono a depistare le indagini secondo uno schema di cui ho già parlato in futuro.
Qual era lo scopo? Il copione era quello greco: fermare l’avanzata dei comunisti attraverso l’instaurazione di un regime repressivo, facendo insomma capire allo Stato, attraverso il versamento di sangue di innocenti, che al Paese serviva un altro Mussolini. La colpa, nell’immediato, cadde sugli anarchici (Pinelli, Valpreda), solo vent’anni dopo Zorzi, neofascista fuggito in Giappone, dove gode di immunità, ammetterà di essere stato lui a piazzare quella bomba. Nel 2005 la Cassazione assolverà lui e gli altri imputati, in sostanza per insufficienza di prove (o, meglio ancora, le prove arrivarono “fuori tempo massimo”) (( Divertente, nevvero? )) .
Finiscono gli anni del Sessantotto, cominciano quelli di piombo. Ma intanto il danno è fatto e inizia la caccia all’untore. I gruppi del Sessantotto, ovviamente, non ci stanno a essere spacciati in massa per terroristi: il clima passa da autunno caldo a inverno rovente, lo scontro si radicalizza e anche alcuni gruppi di sinistra cominciano ad armarsi per difendersi da quella che ritengono una vera e propria offensiva per qualcosa di cui non hanno colpa. Tuttavia, sul piano politico, arrivano importanti vittorie per i lavoratori (a cominciare, l’11 dicembre, dall’approvazione da parte del Senato dello Statuto dei lavoratori, che diventerà legge l’anno successivo) e il Sessantotto inizia a spegnersi: i sindacati, in questo periodo, diventati organizzazioni sempre più autonome, cominciano a conformarsi alla legge ferrea dell’oligarchia.
La fine del periodo d’oro. Arrivano dunque gli anni Settanta e le cose cominceranno a farsi ancora più difficili, non solo sul piano politico, poiché la crisi petrolifera farà venire a galla l’incapacità strutturale del sistema Italia di produrre ricchezza. Il boom economico era ormai un ricordo, e, passate le condizioni estremamente favorevoli che lo avevano generato, cominceranno a germogliare i semi di quella crisi strutturale che attanaglia l’Italia ancora quarant’anni dopo. Sulla situazione economica degli anni Settanta tornerò la prossima volta, poiché ciò che accadde allora è importante per capire oggi e non posso ridurlo a un paragrafetto.
Le Regioni, ovvero quel che ne rimane. Il 1970 segna un passo molto importante per la struttura del Paese: finalmente, con ben 22 anni di ritardo, vengono istituite le Regioni, come previsto dalla Costituzione. Tuttavia non si tratta delle regioni immaginate dai Padri costituenti: in tutti questi anni, infatti, lo Stato centrale ha preferito tenere per sé i poteri che sarebbero dovuti spettare alle Regioni, anche perché la DC non voleva che si venisse a creare una fascia rosso comunista (Emilia Romagna, Toscana, Umbria) che spaccasse in due il Paese. Per cui, quando nel gennaio 1970 finalmente qualcosa inizia a muoversi (che significa: finalmente arrivano i soldi alle Regioni (( Non vi suona nuova questa cosa, vero? )) ), il progetto di un’Italia regionalista è già annacquato e tornerà in voga soltanto verso la fine degli anni Ottanta, con la Lega Nord. In giugno si terranno le prime elezioni regionali, con esiti abbastanza scontati, ma che vedono la ripresa dell’area socialista, con effetti che nel lungo periodo saranno molto importanti.
Perché la DC finalmente apre alle Regioni? Per due motivi: in primo luogo, i comunisti fanno un po’ meno paura (sta per arrivare Berlinguer, e quindi l’allontanamento da Mosca) e, anzi, si riveleranno aperti anch’essi ad inciuci; in secondo luogo perché la DC stessa è diventata un grande partito, radicato nel territorio e con tanti “giovani” rampanti con interessi piuttosto eterogenei e che chiedevano di partecipare alla spartizione della torta. A livello di Stato centrale non era facile (già Rumor aveva portato il numero dei ministri vicino ai trenta, per non parlare dei sottosegretari), visto che la DC continuava a spaccarsi in correnti, per cui era necessario moltiplicare le poltrone per soddisfare interessi che ormai si elevavano a potenza.
Governi instabili e Parlamento attivo. Intanto si lavorava alle larghe intese, con i socialisti che tentavano l’avvicinamento dei comunisti all’area di governo, osteggiati fieramente dai socialdemocratici. La DC, dal canto suo, guardava anche ad alleanze con i liberali e il MSI. Facile dunque spiegare la precarietà del terzo governo Rumor, precarietà che continuerà ad indebolire il partito e che porterà la DC a lasciare la poltrona di premier ad esponenti di altri partiti: uno di questi, Craxi, inizia in quel periodo la sua scalata, conquistando la vicesegreteria del PSI nell’aprile del 1970.
Malgrado i governi instabili, però, il Parlamento, dominato da partiti sempre più forti, continua a lavorare e a compiere piccoli ma fondamentali rivoluzioni: in maggio anche la Camera approva lo Statuto dei Lavoratori, che diventa legge; pochi giorni dopo, visto che non sembra essere più possibile fermare la strada della legge che introduce il divorzio in Italia, la DC decide di aprire all’introduzione dello strumento del referendum abrogativo, con l’intenzione di sottoporre immediatamente (( E quando dico immediatamente intendo prima ancora. )) la legge sacrilega ad un referendum che, nelle idee campate in aria dei dirigenti DC, avrebbe ribadito la sacralità della famiglia. Non anticipo nulla se dico che si sbaglieranno di grosso: neanche loro capiscono più il Paese in cui vivono, e se ne accorgeranno presto.
Fuori dal Palazzo, intanto, la situazione resta molto tesa: i sindacati, all’inizio dell’estate, iniziano a preparare una nuova offensiva, costringendo alle dimissioni Mariano Rumor.
L’invasione delle piovre. Il brutto, però, avviene in Calabria: a seguito della decisione di costituire Catanzaro quale capoluogo di regione, a Reggio Calabria esplode un vero e proprio moto popolare, con otto mesi di scioperi, barricate, scontri con la polizia, attentati e addirittura carri armati. Dietro la protesta o, comunque, fra i suoi protagonisti, vi erano probabilmente gli stessi gruppi che avevano più o meno direttamente firmato la strage di piazza Fontana, ovvero quelli dell’eversione nera cui si aggiungerà la mafia calabrese, e infatti una nuova strage da anni di piombo avviene proprio da quelle parti, quella di Gioia Tauro. Si giungerà infine a una mediazione, dividendo i poteri regionali fra le due città interessate, e aggiungendo aiuti economici per “ricostruire” Reggio. Che ve lo dico a fare, quei soldi finirono in mano alla ‘ndrangheta, come ancora oggi accade, del resto (( Ponte sullo Stretto, per dire. )) . A ottobre, poi, Vito Ciancimino diventa sindaco di Palermo: alcuni colleghi di partito (DC) lo accusano di essere mafioso (dopotutto era un “attenzionato” dell’Antimafia), volano le querele, ma nel 1993 verrà condannato in via definitiva con tale accusa (non prima, però, di avere depredato la città). E, tanto per essere chiari, quei DC che lo chiamavano mafioso erano considerati dissidenti, poiché la segreteria centrale appoggiava don Vito. Una parola è troppa… (cit.), aspettando Andreotti (un paio d’anni prima di Ciancimino sindaco di Palermo era Salvo Lima, fra le altre cose andreottiano doc e vicino ad ambienti mafiosi (( E facciamolo, ‘sto 2+2! )) ). Le mafie, insomma, cominciano a diventare consce del loro potere, tanto che qualcuno comincia a pensare di sfidare lo Stato.
Prime cartoline dalla crisi economica. Intanto Emilio Colombo sostituisce Rumor come presidente del consiglio e, con un governo un po’ più stabile (durerà un anno e mezzo), si prepara ad affrontare un argomento fra i più caldi in agenda. Le difficoltà dell’economia italiana stanno venendo a galla ed è necessario operare una manovra che sia sia di stimolo che di rigore (il debito pubblico cominciava a preoccupare (( Oggi Tremonti ci metterebbe la firma per avere quelle preoccupazioni. )) ). In altre parole, più tasse per tutti, tasse che in molti casi paghiamo ancora oggi. Il decretone, tra l’altro, passerà alla storia come l’inaugurazione dei decreti omnibus, decreti che contengono un po’ di tutto. E che spesso non servono a niente, quando non fanno addirittura dei danni. Come il decretone, appunto.
Approvato il divorzio. Si giunge, infine, al primo dicembre: il Parlamento approva la legge che introduce il divorzio in Italia. Il giorno dopo (( Avevo detto prima di subito, o no? )) la DC e altri partiti conservatori, come promesso, innescano la procedura referendaria per la prima volta nella storia. La DC è convinta di vincere; il PCI è convinto che la DC vincerà, per cui preferisce non scatenare una “guerra di religione” (perché, ovviamente, anche la Chiesa cattolica interverrà nel dibattito, minacciando di mandare tutti all’inferno). Alla fine, vincerà il popolo italiano, che quattro anni dopo voterà per il NO, preferendo l’ipotetico inferno dopo la morte al sicuro inferno terreno della continuazione forzata di un matrimonio fallito. La politica riceve uno schiaffo che ha ancora oggi forti conseguenze (( Pensate un po’, i capi – Berlusconi, Fini e Casini – dei partiti che hanno ereditato l’area politica dei partiti del SÌ all’abrogazione del divorzio – DC e MSI – sono tutti e tre divorziati. )) .
Questo è stato, in breve, il 1970, un anno che ben può riassumere tutto il decennio successivo: crisi economica (di cui parleremo la prossima volta), politica instabile poiché più rivolta agli inciuci che al Paese reale e, ovviamente, il terrorismo rosso e nero saranno le chiavi per comprendere un Paese che si avvia verso un declino “sudamericano” che dura ancora oggi. E infatti il 1970 si chiude con un evento “curioso”: il 7 dicembre in Italia si tenta il colpo di Stato (( Che vede coinvolta pure la mafia (oltre a servizi segreti e P2) che deciderà anche di ammazzare Mauro de Mauro, giornalista, perché di tale golpe sapeva troppo. La reticenza del giornalista, che non rivelò i nomi dei golpisti che avevano parlato, potrebbe avere avuto effetto sul golpe stesso, e soprattutto sul suo fallimento. )) .
(Come si può notare da questo pezzo, gli anni Settanta si preannunciano convulsi, quindi continuare solo in ordine cronologico rischia di far perdere pezzi per strada. Per cui, delineando rozzamente la tabella di marcia, la settimana prossima riassumerò la situazione economica nel corso degli anni Settanta, che è la premessa per spiegare alcuni importanti avvenimenti successivi, che tratterò in ordine cronologico e che sono a loro volta la premessa per capire il tragico finire degli anni Settanta, che mi daranno l’occasione per riassumere i terrorismi e i poteri occulti che emergeranno in quel decennio. Sciolti questi nodi, con la fine degli anni di piombo, la storia si farà un po’ più lineare).
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