Ieri su MicroMega Paolo Flores D’Arcais è uscito con un articolo riguardante la creazione di una lista di sostegno a Ignazio Marino, chiamata “girotondi per Marino”. L’articolo parte con un’osservazione giusta, ovvero che non si può vincere con chi ha sempre perso, ovvero la nomenklatura che oggi è a capo del Partito Democratico e che ieri era nei DS e ne La Margherita, ovvero ancora i vari Minimo D’Alema, Walter Veltroni e i loro due successori, Pierluigi Bersani e Dario Franceschini. Quindi, a tutt’oggi, chi vuole cambiare il PD e (sperare di) mandare a casa la massa di falliti che lo governa, non può che votare Ignazio Marino. Questa, in sintesi, l’introduzione.
Seguono poi undici punti che formano il programma della lista. Accanto ad alcuni punti condivisibili, ce ne sono altri che lo sono un po’ meno e altri ancora che non hanno senso. Ho pensato di usare questa lista per cominciare a mettere un po’ d’ordine varie idee (per il momento in negativo, in seguito, quando non sarò più un pivello potrei cimentarmi in qualcosa di positivo) riguardanti il mio credo politico (molto pragmatico e poco ideologico, mi sa), e ritengo che agosto, mese in cui solitamente c’è meno gente a leggere, sia il migliore per questo tipo di seghe mentali (e dopotutto ho la scusante del caldo 🙂 ). Stavo pensando di commentare il programma di Marino stesso, ma credo che questo verrà più avanti. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano i miei lettori, che spero mi facciano notare dove potrei stare sbagliando nei commenti a questo e ai prossimi articoli. E allora cominciamo dal primo punto, ovvero:
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Misure anti-Casta:
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- abolizione delle province → per me è giusto e sacrosanto, sono enti teoricamente inutili, che hanno la sola funzione di soddisfare la Lega Nord e altri appetiti locali, visto che sono le uniche poltrone che riescono a conquistare (a proposito, avete notato che un partito infinitamente più piccolo della Lega, ovvero il Movimento per le Autonomie, ha una regione – la Sicilia – e la Lega neppure una? Vi siete chiesti perché?);
- una sola Camera legislativa di cento deputati → uscire dal bicameralismo perfetto è un obbligo, ma cento deputati sono pochi; per me il numero deve scendere intorno ai 400;
- un Senato di “difensori civici” formato dai sindaci delle prime 50 città e da quelli di altre 50 a sorte e rotazione fra tutti i comuni con più di 5 mila abitanti → I sindaci devono fare il loro lavoro nelle città; il Senato deve rappresentare le Regioni, come negli USA gli Stati dell’Unione. La differenza, per me, è nel numero da assegnare alle varie regioni, in modo da evitare che regioni come la Val D’Aosta abbiano lo stesso numero di senatori della Lombardia, per esempio prevedendo due o più fasce basate sulla popolazione, assegnando alle regioni di ciascuna fascia 3, 5, 7 senatori, per un totale di cento (o un suo intorno);
- Riduzione del numero dei consiglieri nelle assemblee regionali e comunali, e nessuna retribuzione (neanche sotto forma di rimborsi spese) → Populismo: nessuna o una bassa retribuzione significa esporre i politici alla corruzione;
- Limitazione o abrogazione delle varie assemblee di circoscrizione o municipio → Non ho mai vissuto un’esperienza del genere, non la conosco;
- Proibizione di consulenze, le istituzioni si servono dei loro funzionari → I funzionari della PA spesso o quasi sempre hanno conoscenze limitate all’ambito giuridico, quindi non capiscono niente di altri temi. Le consulenze servono, ma bisogna imporre dei limiti ed evitare che il ministro, il sindaco, eccetera chiami un parente o un amico e lo paghi troppo;
- Tetto al numero di impiegati comunali, e soprattutto di dirigenti e manager, in rapporto al numero di abitanti (oggi in Sicilia 5 o 6 volte di più rispetto a comuni “virtuosi” del nord). → Può essere una buona idea, all’interno di un certo grado di flessibilità (anche se so già che in certe realtà se ne approfitterà: serve controllo);
- Abolizione di benefit per gli ex (oggi un ex presidente del consiglio di un’era fa ha ancora diritto all’autista) → Mi pare giusto: una volta avere finito il proprio ufficio, uno deve ritornare a fare il suo lavoro o diventare un pensionato comune (anche se, probabilmente, con una pensione più alta).
- Legge elettorale con primarie incorporate al primo turno e dunque vincolanti → Questa non l’ho capita. Però serve una legge elettorale che ritorni allo spirito maggioritario (anche bipolare) e che soprattutto leghi il candidato al territorio, in modo che il cittadino possa sapere nomi e cognomi dei suoi rappresentanti e possa premiarli o punirli alla successiva tornata elettorale, al contrario di quanto accade oggi, dove i parlamentari sono strettamente legati ai capipartito che li hanno nominati e che hanno potere di vita e di morte su di loro, e che per questo sono propensi a dimenticare le richieste dei cittadini che li hanno (almeno formalmente) eletti. Con il maggioritario (non necessariamente bipartitico) è anche possibile escogitare un sistema di primarie che misuri i rapporti di forza fra i vari partiti della coalizione (ad esempio se in una determinata zona si deve lottare per cinque seggi, le primarie, magari con voto alternativo, possono distribuire tali seggi in base alla forza di ciascun partito della coalizione, incentivando quindi i partiti a scegliere candidati forti – perché altrimenti si perde – invece che delle mezze calzette che leccano i piedi del capopartito come buona parte di quelli che oggi siedono in Parlamento: si chiama concorrenza, ed è il contrario dell’inciucio);