Quella strana euforia dei mercati

four-bears-large-detQuella che vedete qui a fianco non è un’immagine stilizzata di qualcosa di osceno. È un pezzetto di un grafico fornito da dShort.com che mostra la scalata quasi verticale dello S&P 500, l’indice americano che viene ritenuto l’indice mondiale delle borse. Dal punto più basso al top di ieri sono passate appena un paio di settimane.

Ormai sono giorni che le borse macinano guadagni, dopo che per qualche giorno sembrava essere cominciata la corsa al ritracciamento dei minimi di marzo.

Invece no, continua il boom.

Che sta succedendo? Vediamo un attimo come si stanno comportando le borse europee in questi ultimi giorni: al mattino, quando Wall Street è chiusa aprono in frazionale rialzo o in frazionale ribasso, e rimangono incerte per ore. Fino a quando, alle 15:30, apre New York, e New York, puntualmente esplode di gioia. E le borse europee fanno lo stesso.

Oggi, ad esempio, Milano ha aperto in territorio negativo, è passata in positivo, per poi ritornare negativa con l’apertura di New York, anch’essa negativa.

Sembra, quindi, che le borse europee aspettino una direzione da Wall Street. Perché?

La mia impressione è che questa sia una bolla, solo in parte anticipatrice della ripresa economica e solo in parte legata alle trimestrali che stanno uscendo in questi giorni (trimestrali positive ma leggermente gonfiate, a mio parere – si pensi a Citigroup: ha realizzato un fortissimo profitto, dovuto principalmente alla vendita di una controllata, quindi quel profitto è legato ad una diminuzione del valore dell’impresa stessa). Le borse europee sono incerte al mattino e aspettano una direzione da Wall Steet perché non sanno quando questo rialzo drogato finirà, ovvero quando questi signori pieni di soldi presi a prestito decideranno che è il momento di realizzare i megaprofitti. I bassi volumi degli scambi aiutano.

Si aspetta che qualcuno stacchi la spina.

Questa bolla, infatti, è alimentata dalla letterale inondazione di denaro che le banche centrali hanno gettato sul mercato. Una volta raggiunti i minimi di marzo, quella liquidità è stata utilizzata non per far ripartire il circuito economico (ovvero prestiti – leggevo su Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa che le banche rifiutano prestiti anche per progetti fortemente promettenti), bensì per rifarsi delle perdite pregresse. E una simile massa di denaro può tranquillamente manipolare il mercato.

Si sta, insomma, riproponendo la situazione precedente alla crisi, ovvero l’ondata di liquidità ha generato la bolla immobiliare, che poi è esplosa, culminando con il traumatico fallimento di Lehman Brothers dell’autunno scorso.

Un esempio del fatto che non è cambiato nulla è che Morgan Stanley si è messa a cartolarizzare i titoli cartolarizzati, ovvero sta rimacinando la carne marcia che ha comprato coi soldi dei contribuenti per rimescolarla a carne meno marcia, e rivendere salsicce un po’ marce e un po’ no. Ma la cosa ancora più bella è che quei titoli sono venduti come salsiccia fresca di prima qualità. Amadori, dopo il “Pollo 10+”, le chiamerebbe “Maiale AAA”!

Il campo si fa sempre più minato. L’eventualità di una nuova implosione del mercato (forse anche prima dell’autunno) si fa sempre più concreta, distruggendo i germogli della ripresa.

Una parola sull’Italia: il duo delle meraviglie Silvio Berlusconi – Giulio Tremonti sta facendo correre il debito pubblico senza però imporre misure anticrisi vagamente paragonabili ai piani di stimolo varati negli altri Paesi del mondo. La strategia è aspettare a ripresa mondiale e farci trainare. Esemplare è un articolo addirittura in prima pagina sul medesimo Sole di cui sopra, in cui si legge: «È nella porcellana che il made in Italy, nell’anno della recessione mondiale, cerca la riscossa». E intanto ieri sera sentivo a SuperQuark che Area, il polo per la ricerca di Trieste, una delle poche punte di diamante rimaste in questo Paese disastrato, vende i brevetti ad aziende estere, che li trasformeranno in sonanti quattrini. Ma a noi , che ce frega, c’abbiamo la porcellana, la mozzarella di bufala, il sole, il mare e le sfogliatelle.

Nel caso migliore, la ripresa mondiale arriverà nel 2010 (quindi nel 2011 per l’Italia). Ma se questa ripresa tardasse, se gli speculatori riuscissero nuovamente a suicidarsi come l’anno scorso come appare abbastanza possibile, siamo proprio sicuri di riuscire a resistere altri sei mesi, con un debito pubblico che cresce al ritmo di 600 milioni di euro al giorno e che già raggiunge i 1700 miliardi di euro?

Che, visto che le cifre in euro non sembrano abbastanza impressionanti neppure a me, significa 3 291 659 000 000 000 (tre milioni di miliardi e oltre) di lire.

Dreaming Argentina.

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7 Comments

  1. Certo che l'episodio (se così possiamo chiamarlo) del mega-profitto di Citigroup che è stata ad un passo dal fallimento mi pare piuttosto ridicolo. E come al solito – correggimi se sbaglio – si continua a viaggiare a 250 km/h su una strada piena di buche, col rischio che ci crolli di nuovo tutto addosso e che l'economia rivada gambe all'aria. A chi giova? Agli speculatori che realizzano un guadagno temporaneo e, fallendo dopo, si suicidano, oppure c'è altro di mezzo? Ironico Superquark ieri sera: “Male che vada venderanno i brevetti all'estero, ma speriamo che restino qui”. Non sarebbe meglio evitare la probabilità che li vendano all'estero, piuttosto che costringerli ad andare oltre confine per realizzare un pur misero guadagno?

  2. Loro fanno ricerca di base. La ricerca applicata dovrebbero farla le aziende. Io scienziato faccio una bella scoperta, tu azienda applichi quella scoperta e la vendi in giro. Io Flaming scopro la penicillina, tu azienda farmaceutica la trasformi in pasticca, sciroppo, liquido iniettabile, supposta, aerosol e che cacchio ti pare e la vendi in tutto il mondo.

    Ma se le aziende hanno dimensioni microscopiche e vogliono continuare a produrre come fanno da secoli (e poi arrivano i cinesi a copiarli e falliscono, come a Prato), che razza di ricerca applicata vuoi fare? Nel caso della penicillina avrebbero detto: no grazie, non siamo in grado di isolare il principio attivo e commercializzarlo perché costa troppo, quindi continueremo a curarci con sanguisughe e preghiere.

    E allora via, il brevetto si vende alle aziende serie che stanno all'estero, e che se sono piccole fanno a gara per unirsi in consorzi di ricerca, invece di badare solo al proprio orticello.

  3. E pur di badare al proprio orticello ci si rimette? Che strategia stupida. Poi io sono un profano e non ci capisco una mazza, però…

  4. Da una parte l'iniziativa privata viene demolita dalle banche, come sempre, poi, perchè si dovrebbero mettere insieme per fare più “mercato”, quando poi le aziende vanno avanti, una volta “poolizzate”, con altri manager e/o dirigenti, e chi ci ha messo del suo per unificarsi poi alla fine ci si ritrova col culo per terra?

  5. Non ho capito: le imprese, se proprio non vogliono fondersi, dovrebbero mettersi assieme in un consorzio di ricerca, volto a dare un'applicazione pratica alla ricerca di base fatta nelle università.

    Una volta uscito il concetto di prodotto, le imprese del consorzio hanno tutte in mano il brevetto, e lì comincia la gara per farne uscire il prodotto migliore.

    Una volta sviluppato un nuovo tipo, ad esempio, di tessuto da parte del consorzio, un'impresa potrebbe farne scarpe, un'altra pantaloni, un'altra zaini, un'altra tende e così via.

    Le PMI all'estero sono inncoraggiate dallo Stato a fare in questo modo. Veramente non ho capito la tua obiezione.

  6. Si, mi hai capito, mi ero spiegato male io, in pratica e di fatto la tua risposta di adesso, è l'esatto opposto di ciò che intendevo io per parte nazionale, scusa la mia domanda un pò alla rinfusa.

  7. «È nella porcellana che il made in Italy, nell’anno della recessione mondiale, cerca la riscossa».

    Sì, quella dei salvadanai…

    Ho letto su Repubblica che un bel pò di casino riguardo i mercati lo stanno facendo i supercomputer. non ho il link sottomano, ma è interessante.

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