Il Partito Democratico, in risposta alla candidatura di Beppe Grillo alla segreteria nazionale, ha risposto in due modi: dapprima è stato attaccato dall’apparato in vario modo, salvo l’unico razionale: è troppo tardi per iscriversi e candidarsi. Il motivo? Per me si sono cagati sotto e hanno parlato senza pensare.
In secondo luogo la Commissione di Garanzia gli ha rifiutato la tessera perché Grillo è a capo di un movimento politico ostile.
Grillo è indubbiamente il capo “spirituale” di un movimento politico. Ma che tipo di movimento è il grillismo? Volendolo far rientrare in una delle categorie americane (liberal, centristi e conservatori), i grillini sono indubbiamente liberal, e il programma presentato dalla Carta di Firenze combacia in molti punti con quello di un altro liberal più famoso, tal Barack Obama. Con questo non voglio assolutamente dire che Grillo sia l’Obama italiano: i due hanno tipi diversi di carisma, si pongono diversamente rispetto alla politica (uno è fuori, l’altro è dentro), eccetera. A noi interessa il programma.
Ora, i liberal sono cittadini che si pongono nell’area di centrosinistra, secondo le categorie italiane, che è oggi presidiata da due partiti: Partito Democratico ed Italia dei Valori (i comunisti non sono liberal). Sono questi i partiti di riferimento principali del grillismo. La differenza fra i due è la seguente: il Partito Democratico rappresenta un quarto degli italiani, l’IdV solo l’8%, questo significa che l’aspirazione di diventare (un giorno non lontano, si spera) partito di governo è più del primo che del secondo.
Data la legge elettorale vigente, l’elettore è naturalmente portato per il voto utile, ovvero tentato di votare forze in grado di superare lo sbarramento, ma soprattutto il partito che può aspirare a diventare ad esprimere un governo. In altre parole, l’elettore non vuole sprecare il suo voto votando formazioni microscopiche.
Arriviamo alla conclusione: il PD, rifiutando la tessera a Beppe Grillo, ha riconosciuto in lui la guida di un movimento politico ostile, movimento che però si troverebbe (in teoria) nella medesima zona politica dei democratici. In pratica, il PD ha dichiarato guerra ad una parte del suo potenziale elettorato.
Come si comporterà questo elettorato rifiutato dal PD? Alle ultime politiche ritengo di credere che i grillini si siano in buona parte astenuti, come da indicazioni del capo spirituale. Il resto si è disperso soprattutto verso Di Pietro, poi verso il PD e infine verso la galassia delle sinistre. Alle ultime europee, invece, gli elettori delusi del PD si sono probabilmente spostati verso gli altri partiti di riferimento, in particolare IdV.
Quali conseguenze avrà dunque questa dichiarazione di guerra contro i grillini? Molto dipenderà da come si comporterà Di Pietro: appare molto probabile che, nel percorso di consolidamento di partito iniziato dopo le europee (e quindi con la formazione di un programma politico organico e non solo basato sulla “pulizia”), accoglierà molte delle istanze dei grillini (in special modo giovani), riuscendo a intercettare un’altra fetta dell’elettorato liberal del PD. Sarebbe bello, ma è fantapolitica, vedervi convergere anche i radicali e i non comunisti di Sinistra e Libertà, ma le differenze sono ancora troppe.
Infine chiediamoci come reagirà il PD. Tutto dipenderà da chi verrà eletto segretario a ottobre, su cui tornerò in futuro. Ma personalmente nutro poche speranze a riguardo: Debora Serracchiani, che per molti rappresenta il futuro del PD, rispondendo a Grillo, ha usato parole senza dire praticamente nulla, se non: “mi dispiace, piccolino, ma queste sono cose da grandi”. La speranza sarà il programma di Ignazio Marino, che fino ad ora si è occupato solo di laicità. Il che è un bene, ma è ancora troppo poco.