Gheddafi se n’è andato. Sono stato zitto per tutta la durata della visita, sperando che magari qualcuno, tanto per fare qualcosa, lo arrestasse e lo portasse al Tribunale Internazionale a L’Aja. Adesso spero che il suo aereo cada come un piccione, tipo il Lockerbie (già doveva essere polverizzato dai missili americani vent’anni fa, ma fu salvato da un altro buzzurro, tal Bottino Craxi).
Gheddafi è venuto qui e ci ha preso per i fondelli. Ha incontrato solo il minimo indispensabile (Giorgio Napolitano), uno dei gola profonda del premier ben istruito a non metterlo in difficoltà (Renato Schifani), s’è fatto circondare di gnocche (Mara Carfagna) ed è andato ad adescare gli industriali: venite in Libia, così vi nazionalizziamo di nuovo tutto appena ci gira, tontoloni (il 7 ottobre i libici festeggiano ancora l’avvenimento). E a proposito di tontoloni, da quelle parti è passato pure il lìder Minimo D’Alema, a fare un saluto.
Non ha incontrato, invece, chi l’avrebbe messo in difficoltà ponendo questioni serie: uno dei leader dell’opposizione, Gianfranco Fini, che ormai il suo partito vuole ridurre a mera barzelletta, visto che sta costruendo un impianto ideologico per un destra che si possa definire destra e non pura merda (ed è una definizione buonista), come quella berlusconian-leghista. Quando Mahmoud Ahmadinejad fu invitato negli USA a parlare, non fu certo per giustificarlo, ma per sbattergli in faccia i suoi crimini. Questo ruolo doveva spettare a Fini, noi invece l’abbiamo accolto come un grand’uomo. Tutto per il suo petrolio (ma non dovevamo passare al nucleare?).
Ma chi l’ha fatto venire qua questo beduino, che chiamano in tanti modi (raìs, colonnello) per non dare la definizione esatta (dittatore), che Roberto Maroni ha deciso di non respingere? Perché dobbiamo sorbirci i deliri di questo coso? Andrea Ronchi, che difenderesti Israele anche se ti bombardasse casa, perché non ti sei messo su un incrociatore per abbatterlo nel tragitto?
Noi abbiamo un disperato, un tizio che immagino pianga sotto la doccia perché ormai neppure Daniele “giuro che una volta ero normale” Capezzone ([attenzione grande volgarità a seguire] che dalla bocca spara gli escrementi che il suo capo-padrone gli caga direttamente in gola), serve a molto. L’Italia è una barzelletta all’estero (ancor più dopo il caso Noemi). Silvio Berlusconi non ha più amici: il primo ad andarsene è stato Aznar, preso a calci per via di una menzogna; poi è toccato a Tony Blair, la cui moglie ci a fatto sapere che, quando il nostro premier burlone si mise la bandana, si mise in mezzo ai due scongiurata dal marito «Ti prego, non farmi fotografare vicino a questo buzzurro». E infine lui, il mitico George W. Bush, il più grande presidente USA della storia, secondo il nostro Silvio Banana. Anche lui, infine, abbandonato dai suoi concittadini (il presidente più odiato della storia) e sostituito da Barack “Tanned” Obama, che ha cercato di rinviare il più possibile la visita con la barzelletta semovente, e alla fine ha deciso di vederlo per solo un’ora, giusto per doveri diplomatici, ma senza piacere. Perché Obama, poveraccio, deve gestire un Paese in crisi, perché il nostro Silvio Beduino l’unica preoccupazione che ha è procurarsi una cassata di Viagra da undici chili e mezzo e trovare nuovi modi per mettere le corna alla moglie, perché la crisi in Italia non arriverà mai: se non fosse che gli serve un lodo Alfano, probabilmente starebbe a villa Certosa circondato da …enni pronte a fare il karaoke con lui dalla mattina alla sera.
Visto che i Paesi civili ormai ci ignorano, la nostra politica estera ci porta verso i dittatorelli: prima Vladimir Putin, adesso Gheddafi, aspettando Ahmadinejad, sempre che l’ENI non chieda aiuto con Hugo Chavez. Anche Benito Mussolini si alleò con un dittatore, in effetti: però, almeno, Adolf Hitler non era un banana.
Io l’avevo detto (il 21 maggio) che il declino di Silvio Berlusconi dopo le elezioni avrebbe dato il via alla sua reazione di anestesia nazionale. Le intercettazioni, le manette ai magistrati e il bavaglio alla stampa sono solo l’inizio.