Voi sapete che, in una democrazia ideale, vi sono tre poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) che si controllano a vicenda e sono nettamente separati. Vi è poi il cosiddetto quarto potere, il giornalismo, che controlla gli altri tre.
In Italia esecutivo e legislativo sono legati in modo molto stretto, ma il capo dell’esecutivo (silvio Berlusconi) di recente è apparso molto insofferente verso il Parlamento, che ha giudicato pletorico, inutile e controproducente.
Ieri, invece, ha attaccato apertamente i magistrati e i giornalisti.
Ricapitolando: il capo dell’esecutivo minaccia il potere legislativo (che già è bello prono, essendo nominato dal capo dell’esecutivo stesso), quello giudiziario (che già non può controllarlo in virtù della legge Alfano) e quello dei media (che pure Berlusconi possiede in gran parte).
Insomma, il sistema dei pesi e dei contrappesi in Italia è già debolissimo, ma il capo dell’esecutivo (Silvio Berlusconi) si sente comunque incatenato, limitato da poteri che già non possono (o non vogliono) controllarlo.
In poche parole, si vuole dissolvere lo Stato di diritto e di democrazia liberale che l’umanità ha faticosamente conquistato in secoli di lotte e rivoluzioni.
Aggiungiamo la conquista delle posizioni strategiche in base alla fedeltà al capo (vedasi le ultime nomine RAI) e le elezioni che servono sempre più a ratificare nomine imposte dall’alto (nel PdL è già possibile sapere chi verrà eletto a Strasburgo, mentre i simboli elettorali delle elezioni locali presentano costantemente un “Berlusconi per X presidente”, come se il candidato fosse lui), e possiamo dire: bentornati all’ancien régime.