Il ritorno di Prodi

Guardando Che tempo che fa ieri sera su RaiTre, ospite Romano Prodi, mi chiedevo come mai, dopo mesi di silenzio, fosse tornato in auge.

Voglia di rientro? Non credo.

Dalle sue parole si capiva facilmente che lui ce l’aveva con Walter Veltroni, ovvero con la sua linea, quella del partito a vocazione maggioritaria, il cui annuncio fece cadere il suo governo. Per questo l’addio di Veltroni ha riaperto la strada, se non a lui, almeno alle sue idee.

Ha detto una cosa molto saggia: il bipolarismo all’inglese non si può raggiungere emarginando gli alleati e costringendoli a una scelta, cioè “o siete con noi o siete fuori”, come ha fatto Veltroni. Alla fine il risultato è stato un partito né carne né pesce, che ha avuto come unico risultato la cacciata dal Parlamento della sinistra. Poi il veltrusconismo ha fatto il resto, uccidendo il Partito Democratico.

L’esperienza dell’Ulivo dovrebbe essere riproposta, emarginando non “tutti gli altri” ma solo coloro che non vogliono arrivare ad una compensazione ideologica per un assurdo “duroepurismo”, creando una decente ideologia di fondo del centrosinistra, che è l’anticamera di un vero partito unico sul modello anglosassone.

Lo scopo di Prodi, dopotutto, è sempre stato questo.

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