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Lo strano caso del dottor Genk e mister Rut

Questa mattina sulla prima pagina de L’Avvenire si parlava ancora del presunto archivio Genchi: il Copasir, il comitato parlamentare per il controllo dei servizi segreti, affermava che Genchi aveva intercettato anche il Quirinale e l’ambasciata USA. Subito dopo si diceva (sempre su L’Avvenire) che il governo sta pensando di apporre il segreto di Stato, per tutelare questi soggetti. Gioacchino Genchi, dal suo blog, fa una semplice domanda: «Ma invece che sparare numeri a casaccio perché non dite cosa c’è esattamente in quei tabulati?» e io aggiungerei un lucarelliano: «Paura, eh?»

Al che ho avuto una sorta di esperienza mistica, un’apparizione. C’era un certo pm, tal De Magistris (alle cui “dipendenze” ((Il termine è improprio, lo so, voglio solo rendere l’idea.)) lavorava un certo tecnico di nome Genchi), che nelle sue indagini su malaffari di dimensioni colossali, scopre che alcuni dei suoi intercettati comunicano con dei politici o delle persone del loro entourage, fra i quali ci sono anche delle persone vicine a tal Rutelli, coinvolto attraverso l’indagato principale, tal Antonio Saladino.

Rutelli è a capo del Copasir, che qualche tempo dopo si mette a indagare su De Magistris e Genchi (stranamente è una persona con contatti con gli indagati a indagare sugli indagatori, ma che volete farci, è un sogno, non deve per forza essere coerente). Dopo una decina di giorni, il Copasir trasmette questo dossier-scandalo al governo.

Al governo, intanto, stanno cercando un modo per far credere all’opinione pubblica che le intercettazioni vanno limitate al limite indispensabile, non per indagare, ma solo per trovare prove a carico di quelli che sono sicuramente colpevoli (a che servono allora le intercettazioni non lo so, non mi fate ‘ste domande, è solo un sogno). A un certo punto arriva sul tavolo cadendo dal cielo questo bel dossier, gli si appone il segreto di Stato in modo che non se ne possa sapere nulla per i prossimi trent’anni e il giorno dopo il capo del governo grida allo scandalo sulle sue sei televisioni, dicendo che milioni di miliardi di italiani sono stati intercettati e che De Magistris e Genchi sono dei mostri assassini del diritto e della libertà: accidenti, stava scritto nel dossier, sarà senz’altro vero.

Possiamo vedere quel dossier? No, segreto di Stato. La magistratura può indagare per dare a Genchi la giusta punizione, quantificando esattamente quanta gente vi fosse in quell’archivio? No, segreto di Stato. Potremmo stabilire la verità su quante persone siano in quell’archivio, prima o poi? Fra trent’anni ne riparliamo.

Intanto la legge sulle intercettazioni è fatta, De Magistris è andato a quel paese, i tabulati non si sa quanti nomi contenevano, i malaffaristi sono salvi e sono tutti contenti, compresi i criminali.

Al che mi sono svegliato. E mi sono posto alcune domande. Ho notato, ad esempio, che se il mondo reale fosse come la mia assurda esperienza mistica, per sapere la verità sull’archivio Genchi mi sarei dovuto fidare o di un tizio che spara cazzate a raffica o di un altro tizio che ha tutto l’interesse a gonfiare un caso per evitare che lui o qualche collaboratore finisca in galera.

Meno male che era tutto un sogno.

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