I gruppi “L’Espresso” (che contiene anche la Repubblica) e “RCS Group” (che contiene il Corriere della Sera) hanno deciso di creare un consorzio per la pubblicità sui siti dei rispettivi gruppi.
La creazione di questo consorzio (aperto anche ad altri operatori del settore) ha un obiettivo fondamentale: aumentare il potere contrattuale dei due gruppi, il che significa che loro (e gli altri che si associeranno) potranno guadagnare di più dalla pubblicità online (della serie: o ci paghi quanto diciamo noi o non avrai alcuna pubblicità sui maggiori quotidiani online italiani).
Il bello è che l’articolo (che poi è un comunicato stampa) linkato poco sopra afferma quasi trionfalmente: «Si tratta della prima iniziativa di questo tipo a livello europeo.» E ci credo: all’estero esiste una cosa chiamata “concorrenza”, oltre ad una legislazione in materia di media molto più liberale della “legge Gasparri” emanata dal precedente governo Berlusconi, che oggi regola il settore, il tutto a favore delle televisioni, in particolare della maggiore che vive di pubblicità, ovvero il gruppo Mediaset di proprietà del capo del governo di cui sopra. In quest’ottica questo consorzio può essere visto come un tentativo di sopravvivere, ma mi sembra che il rimedio sia peggiore del male.
Non mi voglio soffermare, poi, sull’effetto “allineamento” che si avrà fra i siti del consorzio (perché, dopotutto, gli inserzionisti non vogliono contenuti scomodi o poco attraenti).
Insomma, si ammazza ancora la concorrenza e il pluralismo nell’informazione, che in questo Paese non sono mai stati abbondanti.
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