Elezioni USA 2008: cambia la storia, Obama è presidente

Dopo due anni di primarie e di campagne elettorali, Barack Hussein Obama è il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti. Mc Cain ha riconosciuto la sconfitta (schiacciante).

Vorrei riservarmi qualche pensiero per domani, quando sarò più lucido, ma credo che questa sia una svolta epocale. Obama ha vinto, innanzitutto, grazie al popolo, che con le sue piccole donazioni, ha fatto volare il suo candidato. Le lobby ci sono rimaste male (e la Palin non potrà trasformare l’Alaska in un groviera).

Gli Stati Uniti hanno deciso di cambiare. Basta con Bush, basta con la guerra, basta con i tagli alle tasse solo per i ricchi. McCain, per quanto ci abbia provato, non è riuscito a smarcarsi da Bush (come avrebbe potuto, dopotutto?). Basta con il bushismo, insomma.

Obama non sarà esente da critiche, ma a conti fatti era l’alternativa migliore. Vedrò di approfondire meglio domani.

Alla fine vince, secondo i miei calcoli, con 352 voti quasi doppiando McCain, fermo a 186. Gli USA si ritrovano più uniti e McCain, nel suo discorso di commiato lo sta sottolineando. Anche in queste cose si vede la grandezza di un Paese (ogni riferimento all’Italia è puramente voluto, domani è un altro giorno, sentiremo gente saltare sul carro del vincitore).

Una cosa forse potrà sembrare sciocca, ma vorrei ringraziare gli elettori americani per aver tenuto la Palin lontana da Washington.

Altra cosa, se infiliamo in queste elezioni anche quelle per il Congresso, possiamo notare che il partito repubblicano esce distrutto da queste elezioni, essendo praticamente sparito dalle zone “evolute” del Paese (costa ovest, Grandi Laghi e nord est – Schwarzenegger, che pure ha successo in California, non può essere per i suoi natali la base per la rinascita del GOP). I repubblicani, insomma, si ritirano nel sud (come in Texas) e nelle zone rurali (come lo Utah).

Le prossime tappe, quelle finali: il 15 dicembre i Grandi Elettori, a Washington, eleggeranno formalmente il presidente Obama, che diventerà effettivamente presidente il 20 gennaio 2009, quando avverrà il passaggio di consegne.

Si spera che questo cambiamento epocale non dia luogo a svolte reazionarie come nei casi di Lincoln e Kennedy, giusto per dirne un paio. Non è proprio il momento per pensare a ste scemenze.

Una breve ricostruzione della notte elettorale e della biografia di Obama l’ho scritta qui.

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8 Comments

  1. obama ha vinto le elezioni Americane, grazie alla sua politica “Yes, we Can” e alla sua forza nell’andare avanti.
    Ma è anche stato favorito da un fenomeno, un effeto molla, male delle democrazie moderne. In un sistema dove ci sono 2 partiti, quando un partito fallisce va sù l’altro. Io non ho niente contro il bi-partitismo, anzi lo trovo utile, ma l’elezione di Obama era prevedibile. Anche se tifavo per McCain, lui si trovava la pesantissima eredità del governo Bush, con appena il 30% di consensi nel 2008, oltre che una gravissima crisi economica nel settore finanziario.
    Inoltre, penso che la decisione di ritirarsi dall’Iraq ora sia un’autentica cazzata; non si farà altro che far fermentare una situazione politica instabile

    tra un po’ pubblicherò un’articolo sul mio blog, se ti va di leggarlo http://leonardoleonardo.wordpress.com

  2. obama ha vinto le elezioni Americane, grazie alla sua politica “Yes, we Can” e alla sua forza nell’andare avanti.
    Ma è anche stato favorito da un fenomeno, un effeto molla, male delle democrazie moderne. In un sistema dove ci sono 2 partiti, quando un partito fallisce va sù l’altro. Io non ho niente contro il bi-partitismo, anzi lo trovo utile, ma l’elezione di Obama era prevedibile. Anche se tifavo per McCain, lui si trovava la pesantissima eredità del governo Bush, con appena il 30% di consensi nel 2008, oltre che una gravissima crisi economica nel settore finanziario.
    Inoltre, penso che la decisione di ritirarsi dall’Iraq ora sia un’autentica cazzata; non si farà altro che far fermentare una situazione politica instabile

    tra un po’ pubblicherò un’articolo sul mio blog, se ti va di leggarlo http://leonardoleonardo.wordpress.com

  3. >Ma è anche stato favorito da un fenomeno, un effeto molla, male delle democrazie moderne.

    Quello che tu chiami effetto molla in realtà si chiama alternanza, e non è un male, ma il massimo bene possibile. Giusto per farti un esempio, l’Italia repubblicana non ha mai vissuto l’alternanza, e oggi (e ieri, e l’altro ieri) abbiamo (avuto) in Parlamento, ma soprattutto al governo, le stesse persone che c’erano venti, trenta, quaranta, cinquanta e addirittura sessanta anni fa.

    Negli USA da sempre c’è alternanza, perché il sistema ha una struttura totalmente diversa: lì il governo è improntato più al pragmatismo che ad altro, le ideologie sono principalmente dei disegni astratti, che poi saranno i presidenti ad applicare come meglio credono. Da noi, invece, avevamo sempre in mente Marx, Smith, il Papa o chi per loro, per cui l’altro, il nemico, l’opposizione è sempre un pericolo. Altro che McCain che ricorda ai repubblicani che Obama sarà il presidente di tutti, qua abbiamo un Presidente del Consiglio (o se non lui, i vari Cicchitto, Bonaiuti, Gasparri e roba simile) che ogni settimana fa ricorda che i comunisti mangiano i bambini e che portano terrore e morte (salvo poi smentire, dimenticando che i comunisti sono scomparsi e che le sue politiche sono più socialiste di quelle di Stalin).

    Addirittura per favorire l’alternanza gli USA hanno emendato la Costituzione, poiché c’è stato un presidente che è stato rieletto quattro volte consecutive (Roosevelt) e che è morto in carica dopo quasi vent’anni di governo (uno smacco per una nazione che scelse Washington come presidente perché era sterile).

    >In un sistema dove ci sono 2 partiti, quando un partito fallisce va sù l’altro.

    Il partito americano non è il partito europeo/italiano. Il partito americano è solo una macchina elettorale, che ogni quattro anni per le primarie e le elezioni (a livello locale anche ogni due, se non sbaglio). Non dà indicazioni di voto, non impone leggi, non fa niente di niente. Ogni parlamentare e il presidente agiscono in base al proprio programma, alle proprie idee, alla propria coscienza. È questo principio della nettissima separazione dei poteri che rende gli USA la meno imperfetta democrazia del mondo: qui da noi, invece, i partiti decidono tutto, tanto che oggi non siamo in democrazia, ma in una partitocrazia, ma non con il significato dato in passato, come dopo Tangentopoli, ma in un significato del tutto nuovo: oggi i partiti decidono anche chi va in Parlamento, mentre prima almeno un’illusione di democrazia c’era.

    Ritornando in topic, quando cambia il partito al governo, negli USA, non fallisce un partito, ma fallisce una persona.

    >Anche se tifavo per McCain, lui si trovava la pesantissima eredità del governo Bush, con appena il 30% di consensi nel 2008, oltre che una gravissima crisi economica nel settore finanziario.

    Cala, cala, Bush è il presidente più odiato della storia americana, ma il suo effetto su McCain è stato minimo, visto che ha preso il 48% (mi pare) in termini di voto popolare (e questo dimostra quanto detto sopra). La crisi economica è stata colpa di Bush, favorevole al neoliberismo, il quale, in otto anni, è riuscito a vedere nascere, cresce e morire ben due crisi. Qualcosa vorrà dire. Ma McCain, in tutto questo, non è che c’entri molto.

    >la decisione di ritirarsi dall’Iraq ora sia un’autentica cazzata; non si farà altro che far fermentare una situazione politica instabile

    Gli americani vengono visti come un nemico in Iraq, e a loro volta vedono nell’Iraq solo morte per dei giovani americani. La democrazia non si può esportare, perché ogni popolo deve essere libero di autodeterminarsi. L’Iraq non era un pericolo per il mondo, e per questo Bush si è ritrovato da solo a combattere Saddam Hussein (insieme a un altro manipolo di ruffiani e coglioni – ogni riferimento a presidenti del consiglio italiani è ovviamente voluto). Bush è arrivato al punto di inventare le prove per giustificare l’attacco. L’Iraq era già in ginocchio. Adesso si spera che Obama ritiri le truppe (tagliando un bel po’ di spesa, tra l’altro), questo ovviamente non avverrà in pochi mesi, credo ci vorrà almeno un anno, durante il quale l’Iraq dovrà prendersi le proprie responsabili e decidere cosa diventare. Temo tuttavia che il ritiro sarà solo militare e non anche “economico”.

  4. >Ma è anche stato favorito da un fenomeno, un effeto molla, male delle democrazie moderne.

    Quello che tu chiami effetto molla in realtà si chiama alternanza, e non è un male, ma il massimo bene possibile. Giusto per farti un esempio, l’Italia repubblicana non ha mai vissuto l’alternanza, e oggi (e ieri, e l’altro ieri) abbiamo (avuto) in Parlamento, ma soprattutto al governo, le stesse persone che c’erano venti, trenta, quaranta, cinquanta e addirittura sessanta anni fa.

    Negli USA da sempre c’è alternanza, perché il sistema ha una struttura totalmente diversa: lì il governo è improntato più al pragmatismo che ad altro, le ideologie sono principalmente dei disegni astratti, che poi saranno i presidenti ad applicare come meglio credono. Da noi, invece, avevamo sempre in mente Marx, Smith, il Papa o chi per loro, per cui l’altro, il nemico, l’opposizione è sempre un pericolo. Altro che McCain che ricorda ai repubblicani che Obama sarà il presidente di tutti, qua abbiamo un Presidente del Consiglio (o se non lui, i vari Cicchitto, Bonaiuti, Gasparri e roba simile) che ogni settimana fa ricorda che i comunisti mangiano i bambini e che portano terrore e morte (salvo poi smentire, dimenticando che i comunisti sono scomparsi e che le sue politiche sono più socialiste di quelle di Stalin).

    Addirittura per favorire l’alternanza gli USA hanno emendato la Costituzione, poiché c’è stato un presidente che è stato rieletto quattro volte consecutive (Roosevelt) e che è morto in carica dopo quasi vent’anni di governo (uno smacco per una nazione che scelse Washington come presidente perché era sterile).

    >In un sistema dove ci sono 2 partiti, quando un partito fallisce va sù l’altro.

    Il partito americano non è il partito europeo/italiano. Il partito americano è solo una macchina elettorale, che ogni quattro anni per le primarie e le elezioni (a livello locale anche ogni due, se non sbaglio). Non dà indicazioni di voto, non impone leggi, non fa niente di niente. Ogni parlamentare e il presidente agiscono in base al proprio programma, alle proprie idee, alla propria coscienza. È questo principio della nettissima separazione dei poteri che rende gli USA la meno imperfetta democrazia del mondo: qui da noi, invece, i partiti decidono tutto, tanto che oggi non siamo in democrazia, ma in una partitocrazia, ma non con il significato dato in passato, come dopo Tangentopoli, ma in un significato del tutto nuovo: oggi i partiti decidono anche chi va in Parlamento, mentre prima almeno un’illusione di democrazia c’era.

    Ritornando in topic, quando cambia il partito al governo, negli USA, non fallisce un partito, ma fallisce una persona.

    >Anche se tifavo per McCain, lui si trovava la pesantissima eredità del governo Bush, con appena il 30% di consensi nel 2008, oltre che una gravissima crisi economica nel settore finanziario.

    Cala, cala, Bush è il presidente più odiato della storia americana, ma il suo effetto su McCain è stato minimo, visto che ha preso il 48% (mi pare) in termini di voto popolare (e questo dimostra quanto detto sopra). La crisi economica è stata colpa di Bush, favorevole al neoliberismo, il quale, in otto anni, è riuscito a vedere nascere, cresce e morire ben due crisi. Qualcosa vorrà dire. Ma McCain, in tutto questo, non è che c’entri molto.

    >la decisione di ritirarsi dall’Iraq ora sia un’autentica cazzata; non si farà altro che far fermentare una situazione politica instabile

    Gli americani vengono visti come un nemico in Iraq, e a loro volta vedono nell’Iraq solo morte per dei giovani americani. La democrazia non si può esportare, perché ogni popolo deve essere libero di autodeterminarsi. L’Iraq non era un pericolo per il mondo, e per questo Bush si è ritrovato da solo a combattere Saddam Hussein (insieme a un altro manipolo di ruffiani e coglioni – ogni riferimento a presidenti del consiglio italiani è ovviamente voluto). Bush è arrivato al punto di inventare le prove per giustificare l’attacco. L’Iraq era già in ginocchio. Adesso si spera che Obama ritiri le truppe (tagliando un bel po’ di spesa, tra l’altro), questo ovviamente non avverrà in pochi mesi, credo ci vorrà almeno un anno, durante il quale l’Iraq dovrà prendersi le proprie responsabili e decidere cosa diventare. Temo tuttavia che il ritiro sarà solo militare e non anche “economico”.

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