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Ricostruiamo la trattativa per Alitalia e vediamo per colpa di chi è fallita

Ricostruiamo passo dopo passo tutte le fasi della trattativa Alitalia, dalla presentazione del piano Fenice, sino alla rottura e alle sue conseguenze. Cercherò di minimizzare i miei commenti, che terrò alla fine di questo pezzo. La disinformazione dei telegiornali, purtroppo, è vastissima, e si ferma ai fatti di oggi senza guardare quelli di ieri, senza tuttavia dimenticare il clamoroso e dilettantistico (e secondo me, voluto) vizio di inserire nello stesso articolo sia i fatti che i commenti allo stesso. Facciamo quindi chiarezza su questa situazione, e ripercorriamone la storia in brevissime tappe.

Tutti gli articoli sono ripresi da la Repubblica, perché non ho tempo per spulciarmi tutti i miei numerosi feed. Posso tuttavia dire sin da ora che il feed delle ultim’ora del Corriere della Sera (che pubblica tutte le agenzie man mano che arrivano) contiene molte altre atrocità, che vi (e mi) risparmio.

26 agosto 2008: la CAI presenta il suo piano. Le condizioni sono durissime, sia per il Governo (che le accetta prima di subito) sia per i sindacati (che ovviamente danno battaglia). La trattativa, già da allora, non ha per nulla l’aria di essere una trattativa, ma un diktat.

28 agosto 2008: arrivano le reazioni dell’opposizione e dei sindacati. Tra gli altri va segnalata l’ANPAC (i piloti), che affermano di volere: «un confronto chiaro e costruttivo che consenta di evidenziare le enormi carenze del piano redatto in questi giorni ed eviti un conflitto sociale che potrebbe rivelarsi pesantissimo». I piloti guadagnano molto meno dei colleghi esteri, e chiedono che il piano cambi, poiché la loro scarsa produttività è stata causata da un management più politico che competente.

29 agosto 2008: Banca Intesa avverte che il sì dei sindacati è necessario. Poi i sindacati «sono pronti al confronto

con il governo su Alitalia ma sottolineano “con forza” che non può essere circoscritto alla sola “gestione degli esuberi”». A differenza della CAI, i sindacati non dettano condizioni, ma ordini del giorno (ovvero di cosa si deve discutere).

1 settembre 2008: dimostrando incompetenza e/o scelleratezza, il Governo afferma che il piano è indiscutibile. Alla faccia della trattativa. Si tratta del primo dei numerosi ultimatum che verranno dal Governo e da Fantozzi (il quale comincia bene la giornata dicendo che non c’è più benzina). La CGIL (i cattivi, secondo Berlusconi) addirittura dicono che va bene se il piano industriale è indiscutibile, l’importante è confrontarsi.

2 settembre 2008: ma non c’è solo la CGIL. Berlusconi dice che i sindacati DEVONO accettare, il ministro Sacconi lancia ultimatum, Fantozzi continua a dire che non c’è più benzina, gli allarmi (da parte del Governo e, stranamente, dei mass media) si moltiplicano e i piloti, alla fine, si inalberano: sono ovviamente disposti a confrontarsi, ma chiedono che il piano venga cambiato in due punti. Il primo è il taglio degli aerei, che non solo comporta risparmio, ma anche minori quote di mercato, e visto che puntavano sul medio-breve raggio, sarebbe stato regalare un altro vantaggio alle low cost. Il secondo è non lasciare le rotte intercontinentali. L’ho ripetuto anche io, all’infinito, che Alitalia (e nessuna altra compagnia di bandiera in qualsiasi altro Paese civile del mondo) non può competere con le low cost, e perciò deve puntare al lungo raggio. La CAI se ne strafrega, di me (ovvio) e di loro (imbecilli).

3 settembre 2008: il ministro Brunetta, novello Napoleone, getta benzina (ma non era finita? Fantozzi, la benzina ce l’ha Brunetta!) sul fuoco: Brunetta «critica l’atteggiamento di disponibilità con le organizzazioni dei lavoratori manifestato dall’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera». Chiaro? Per Brunetta i lavoratori non contano un cazzo: o fanno gli schiavi o vanno a casa. Ma che, scherziamo e ci mettiamo a trattare pure con questi sottuomini? (Scusate, mi sono lasciato andare…)

4 settembre 2008: finalmente esce fuori il piano. 65 destinazioni, di cui solo sedici intercontinentali. Sulle altre quarantanove i passeggeri potranno scegliere fra la costosa Alitalia e le low cost. Geniale!

5 settembre 2008: si scopre che il Piano è stato fatto alla cieca. I conti non tornano: la CAI non è riuscita a fare la somma (!) dei piloti di Alitalia e di quelli di AirOne. Non sanno fare un’addizione e vogliono gestire una compagnia aerea. Mitici! Sulle cifre il buio è totale.

6 settembre 2008: anche Epifani si inalbera per questi ultimatum. A sentire Fantozzi e il Governo, sembrava che gli aerei a un certo punto dovessero cadere in volo. Dice Epifani «Non c’è trasparenza sul numero degli esuberi, si parla di 3mia o 7mila ma 3mila o 7mila sono un altro conto» e inoltre «il rapporto tra i costi che pagano i cittadini, il piano di rilancio e la difesa dell’occupazione deve essere equilibrato altrimenti si da troppo vantaggio ai privati e poco al sistema della collettività. Oltretutto in questo modo non si lavora per il rilancio di Alitalia.» Secondo Epifani, insomma, tutto è stato messo in tavola per far magnare i privati alle spalle dei contribuenti. Avendolo urlato da mesi, non posso dargli torto.

8 settembre 2008: i piloti chiedono un tavolo separato, perché contestano il metodo utilizzato dal Governo. non vogliono rompere la trattativa, semplicemente trattare in modo diverso (come si dice, bisogni diversi vogliono soluzioni diverse). Il nuovo contratto prevede meno ferie, niente quattordicesima, meno riposo e più produttività. Insomma, già guadagnano molto meno dei colleghi all’estero pur lavorando ugualmente, e adesso dovrebbero lavorare molto di più per molto meno? Dovrebbero firmare un contratto suicida?

9 settembre 2008: continuano gli ultimatum. Per il ministro Matteoli «Giovedì (11, nda) dobbiamo concludere perchè i termini sono scaduti». Epifani non chiude, ma afferma che bisogna fare dei cambiamenti, come quelli sull’allargamento del perimetro (più voli lunghi che brevi). Per Angeletti la trattativa si può chiudere in due giorni se c’è volontà di arrivare ad un’intesa. I piloti dicono che va bene prendere il contratto dei piloti stranieri e tagliare anche il 30% di stipendio. Insomma, i sindacati vogliono trattare.

10 settembre 2008: Fantozzi ricomincia con gli ultimatum: o firmate o domani vi metto tutti in mobilità. I sindacati denunciano pressioni improprie da parte del governo.

13 settembre 2008: Fantozzi, il ritorno: altro giro, altro ultimatum «Potrebbero non darci più le forniture di carburante, ci potrebbero esser voli a rischio già da lunedì» perché non c’è carburante. Berlusconi finalmente si fa vedere e ci delizia con una frase assolutamente nuova e inedita: «Il destino di Alitalia è messo in forse dal comportamento irragionevole di alcune categorie di dipendenti e vediamo forte l’influenza della sinistra». Comunisti di merda! La CAI finalmente si fa rivedere e dice: «Noi rimaniamo sulle nostre posizioni e non ci muoveremo». Ma allora che stanno trattando a fare?

16 settembre 2008: (in ordine di apparizione) gli aerei continuano a volare, nonostante il nostro tragico Fantozzi. Berlusconi attacca preventivamente CGIL e sinistra. Il ministro Sacconi lancia l’ultimatum: chiudere entro mercoledì (17). I piloti affermano di volere l’accordo, anche se si tratta di perderci soldi. L’UGL vuole l’accordo. Per la CGIL la questione si è fatta politica (grazie, Silvio!), e vari sindacati cedono per questo motivo. Berlusconi lancia l’ultimatum (ancora): o si firma o Alitalia fallisce e tutti i dipendenti andranno a spasso. La CGIL protesta: ma Silvio è il presidente degli italiani o degli industriali? Lo Sdl protesta, perché le trattative sono state solo parziali. Fantozzi lancia un nuovo ultimatum: stavolta sono finiti i soldi. La CAI non lancia ultimatum, ma fa sapere che il 18 decideranno di ritirare l’offerta. Il ministro Sacconi ammette che la CAI non vuole trattare. Fantozzi lancia un altro ultimatum: o si firma giovedì (18) o falliamo.

18 settembre 2008: Sacconi comincia la giornata con un sano ultimatum: il futuro è appeso a un filo ed è tutta colpa di piloti e CGIL. Cgil, Anpac, Unione Piloti, Anpav, Avia e Sdl fanno una controproposta per andare incontro alla CAI. Federmanager e Aerquadri (altre corporazioni, come se non fossimo già pieni di sindacati, caste e confindustrie varie) protestano perché non sono stati convocati. L’Italia dei Valori chiede al governo di smetterla con i continui ricatti. I ministri Sacconi e Rotondi rispondono che non ci sono alternative, mentre Scajola, preoccupato per la minitratta Alitalia che lo trasporta dal giardino di casa sua a Roma tutte le mattine, cerca di gettare benzina sul fuoco: ce la faremo. I sei sindacati di cui sopra inviano la lettera alla CAI (sono le 12:30) per richiedere un incontro. Sacconi, noncurante della buona volontà dei sindacati che vogliono continuare a trattare, si appella a loro perché firmino. La CGIL, allora si fa due conti: ma tutti sti ultimatum a che cacchio servono se l’offerta della CAI scade il 30 settembre? Di cosa ha paura la CAI? Tutti i debiti che si accumulano fino al 30 settembre verranno pagati dagli italiani, è un punto cardine del piano Berlusconi. Proprio Berlusconi dice di andare avanti senza CGIL. Intanto la lettera alla CAI arriva. Fantozzi ricomincia a fare pressioni e manda in cassa integrazione dei lavoratori. Si viene a sapere cosa vogliono le sei sigle sindacali: trovare un accordo con CAI, perché, soprattutto per i piloti, i contratti sono troppo sommari e vogliono dire tutto e non vogliono dire niente. I sindacati, intanto, ribadiscono che sono disposti a tagli di stipendi pur di salvare Alitalia se la CAI respinge la proposta di trattare. Berlusconi è ottimista. Epifani chiede a Colaninno di continuare a trattare. Berlusconi attacca Epifani, CGIL e sinistra. La CAI ritira l’offerta. Berlusconi attacca Epifani, CGIL e sinistra. Matteoli è stupefatto per l’atteggiamento dei piloti che chiedevano di trattare (non è stupefatto dal proprio, invece, perché lanciare ultimatum e allarmismi falsi è una cosa positiva per una trattativa delicata). Berlusconi attacca Epifani, CGIL e sinistra. Epifani chiarisce che la CGIL ha detto alla CAI che era disposta a firmare la parte di propria responsabilità, e che il problema riguardava il contratto dei piloti, su cui la CAI è sempre stata irremovibile. Berlusconi attacca Epifani, CGIL e sinistra.

Avete notato che la CAI si fa avanti, non tratta e poi si ritira? Avete notato quante volte sono stati lanciati ultimatum e allarmismi? Che Sacconi e Fantozzi ogni due giorni dicevano “o si firma fra due giorni o falliamo”? Che il Governo non esitava ad attaccare i sindacati, invece di essere superpartes (si guardi Napoleone Brunetta)? Avete notato che i piloti erano favorevoli a un aumento di produttività a parità di stipendio, purché si decidesse una volta per tutte di NON fare concorrenza alle low cost, battaglia persa in partenza e che ha portato Alitalia alla situazione in cui è ora? Avete notato la disponibilità di TUTTI i sindacati a trattare, pur contro l’irremovibilità della CAI (che avrebbe dovuto trattare, se fossimo in un Paese normale funzionerebbe così) e gli ultimatum del Governo (che avrebbe dovuto mediare, se fossimo in un Paese normale funzionerebbe così)?

Fatevi due conti, e vediamo di chi è la colpa maggiore.

UPDATE (19:00, 21 settembre 2008): segnalo questo articolo uscito poco fa su la Repubblica. In sostanza afferma che il Governo ha praticamente lasciato perdere le sigle dei sindacati autonomi (come l’ANPAC), e pretendeva di andare avanti senza più della metà dei piloti. E, meraviglia delle meraviglie, la CGIL conta fra i propri iscritti, solo 50 piloti su oltre 2 500.

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