Ieri si leggeva che il Governo Berlusconi, attraverso Tremonti, programmavano che l’inflazione, in Italia, avrebbe raggiunto l’1,7%.
Un scherzo, ho pensato. Invece no, fanno sul serio.
Vediamo perché: come si vede in questo grafico, l’inflazione in Italia non scende sotto il muro del 2% dal 1999 al 2005, raggiunge poi l’1,9% alla fine dell’anno, per risalire al 2,1% alla fine del 2006 e al 2,8% alla fine del 2007. Non solo: l’ultimo dato relativo all’inflazione su base annua (maggio 2008) vedeva un aumento del 3,6%.
3,6% è più del doppio rispetto all’1,7%. Di solito i governi tendono a sottostimare l’inflazione programmata: ma si tratta di differenze minime, anche perché negli ultimi anni, grazie all’euro, l’aumento dei prezzi è rimasto pressoché stabile. Quindi programmare l’inflazione era più facile.
Ma negli ultimi tempi c’è qualcosa che ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi: il petrolio. Se guardiamo questo grafico, noteremo che nel 2006 (quando l’inflazione era al 2%) il prezzo del petrolio era a circa 70$ al barile. L’ultima rilevazione, invece, è di 134$, quasi il doppio (e oggi l’inflazione è quasi al 4%, il doppio di 2). Insomma, con il raddoppio del prezzo del petrolio e dell’inflazione effettiva, il governo sottostima così tanto l’inflazione programmata? La risposta sembra essere sì.
Perché lo fa? Ci sono vari motivi: la macroeconomia insegna che se un Paese si attende un’inflazione più bassa (inflazione attesa), questa convinzione influirà sull’inflazione reale, abbassandola. Al contrario, se l’inflazione attesa è alta, anche l’inflazione reale sarà alta, a parità di altre condizioni. Perché è così importante l’attesa? Semplice: perché influenza gli aumenti salariali. Se il Governo si aspetta un’inflazione programmata dell’1,7%, sarà disposto ad aumentare i salari, diciamo, del 2%, i quali poi influenzeranno l’inflazione, portandola al 2%, a parità delle altre condizioni. Ho semplificato, ma è più o meno così.
La mossa del Governo, quindi, è in generale normale: è una mossa per raffreddare i prezzi. Il problema è che in questo caso è molto strana, per non dire dannosa. Nell’ultimo anno i prezzi dei beni di largo consumo (ovvero quelli comprati dalla maggior parte delle persone, di solito con un reddito medio-basso – ad esempio il pane) sono aumentati molto più dell’inflazione. Già adesso molte persone non arrivano alla quarta settimana del mese. In una situazione del genere il Governo punta a risparmiare sugli stipendi, senza però avere alcun controllo sull’inflazione (perché le altre condizioni di cui sopra, tipo il prezzo del petrolio, non stanno a guardare), e anche perché i consumatori non si attendono un’inflazione bassa, anzi i consumatori sono pessimisti. I consumatori, già oggi, non riescono a spendere (se lo fanno sono indebitati), eppure l’inflazione si è impennata. E non soltanto i consumatori non si attendono un’inflazione tanto bassa: il governatore della Bank of England si aspetta un’inflazione sopra il 2% per buona parte del 2009.
Forse Tremonti dimentica che c’è gente che fa la fame, oggi, senza programmarla. Forse non è il caso di fare esperimenti sulla pelle della gente. Forse non è il caso di mettersi a proteggere il premier per salvarlo dai suoi processi, bensì di cominciare a pensare a coloro che gli pagano lo stipendo.