Come sapete da un anno e qualcosa (( Per ovvie ragioni, quanto segue non si riferisce a ciò che è successo prima di tale periodo: io non c’entro. )) lavoro per l’edizione italiana di International Business Times (( Anche se gli aggiornamenti latitano per via delle ferie agostane, seguiteci su Twitter e Facebook perché ne vedremo delle belle in autunno. )) . Come sapete (ne ho parlato qui) la capogruppo, IBT Media, ha comprato Newsweek l’anno scorso. Come forse non sapete, quella italiana è l’unica edizione non in lingua inglese (abbiamo USA, Regno Unito, Australia e India) o con contenuti non tradotti dall’inglese (Cina e Giappone) che sia sopravvissuta a una recente purga che ha cancellato l’edizione tedesca, quella coreana e quella messicana.
Il motivo di questo “successo” rispetto alle edizioni chiuse, secondo me, è dovuto al fatto che noi di IBTimes Italia agiamo in totale indipendenza rispetto alla casa madre e non ne seguiamo le linee guida, né la filosofia di fondo. Ovvero, a differenza non solo delle altre testate del gruppo ma anche della stampa mainstream italiana (e non solo, guardate che fine sta facendo Linkiesta per via della disperazione), il nostro principale obiettivo non è scrivere di ca**ate e di gattini pur di fare visite.
Perché queste precisazioni? Un sito abbastanza seguito (anche da noi a IBT), Bufale Un Tanto Al Chilo, ha scritto che “International Business Times [è una] testata internazionale che ci è toccato sbufalare più di una volta, visto che pubblicano TUTTO senza fact checking“. (Più tardi nel pomeriggio Butac ha modificato la pagina: grazie mille!).
Facendo una ricerca sul sito, però, trovo che i siti della nostra piccola galassia sbufalati da Butac sono solo:
- Newsweek;
- quello inglese;
- e quello australiana.
Sono tutte testate con cui IBTimes Italia non ha niente a che fare, da cui non riceve direttive o anche solo consigli e da cui ci limitiamo, al massimo, a tradurre qualche articolo (di solito depurandolo dalle s***nzate: ad esempio, uno degli ultimi diceva che l’ebola è una pandemia, e noi, dopo un generoso facepalm, l’abbiamo tradotto correttamente – l’ebola è un’epidemia, attualmente). (( Tutte le edizioni, comunque, fanno capo ad un direttore responsabile (editor-in-chief) che si chiama Peter Goodman, il quale riconosce l’indipendenza dell’edizione italiana, almeno per ora. ))
Lo stesso Butac, peraltro, quando ha citato l’edizione italiana, l’ha fatto per qualcosa di positivo, vedi qui. Insomma, da come scrive Butac, sembra che anche noi italiani pubblichiamo TUTTO senza fact-checking (il che è una piccola bufala). Non è colpa di Butac (purtroppo la gestione del marchio è carente da parte dei nostri capoccia), ma è come dire che lo Huffington Post è un pessimo giornale pensando che l’edizione USA sia come quella italiana.
Da qui la mia decisione di scrivere questo pezzo di chiarimento: anche se abbiamo lo stesso nome, IBTimes Italia è solo un parente alla lontana delle altre edizioni. Lo dico con onestà, come al solito: l’edizione australiana è sempre stata un deposito di immondizie; l’edizione UK non si è mai fatta troppi scrupoli a fare la FOX di Canary Wharf; quella statunitense (insieme a Newsweek) ha deciso di abbassare drasticamente la qualità del contenuto con l’obiettivo di fare più visite.
È una scelta che noi di IBTimes Italia non abbiamo approvato e che non seguiremo. Ho passato le ultime settimane a scrivere una guida allo stile e una al contenuto che condannano le worst practice del mestiere, dalla cosiddetta “lingua di plastica” alle notizie-bomba-che-non-lo-erano: abbiamo imparato, a differenza di altri giornalai del panorama italiano, che si possono fare visite anche sulle bufale, semplicemente sbufalandole, come fanno quelli di Butac (e altri). Ma forse per i giornalai è troppa fatica fare un po’ di indagine, mentre noi proviamo a fare il nostro mestiere per bene invece di cercare visite facili.
Insomma, se sbagliamo, lo facciamo in buona fede: non rincorriamo nessuno, né i partiti, né un certo Paese del mondo, né i lettori, non abbiamo l’obiettivo di fare visite a tutti i costi, e anzi, nell’ultimo anno abbiamo aumentato la qualità dei nostri pezzi (e diminuito la quantità), senza però essere puniti dalle visite. Questo ci conferma che il prodotto che offriamo è quantomeno promettente e vogliamo continuare su questa strada.
Certo, su IBTimes troverete anche notizie “leggere”: non inseguiamo i lettori per forza, ma non siamo neppure ipocriti, le visite ci servono, se no affondiamo. Tuttavia abbiamo deciso di affrontare il mondo con onestà intellettuale, ci stiamo impegnando per fare in modo che tutti i collaboratori capiscano questa filosofia e che gli editor facciano adeguato fact-checking. Così sarà, almeno fin quando ci sarò io, perché non sopporterei di lavorare altrimenti.
Ovviamente ogni tanto sbaglieremo, ma per favore, non mescolateci con cugini alla lontana che non hanno nulla a che fare con noi e dei quali non condividiamo né la filosofia né il modo di lavorare.
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