Arriva settembre, mese carico di notizie economiche e politiche che influenzeranno i mercati e l’economia per i mesi a venire. Settembre è, almeno per chi crede nella stagionalità dei mercati, un mese tradizionalmente negativo (in media) per le borse, e le notizie che arriveranno copiose comporteranno con buona probabilità una robusta dose di volatilità e quindi di rischio. Nonostante le incertezze, tuttavia, va detto che la situazione, almeno a livelli generali, si sta stabilizzando: il PMI cinese ha dimostrato che il piano di stimolo varato dal governo sembra stare dando qualche frutto anche se le piccole imprese continuano a soffrire, e anche la situazione europea sembra vedere miglioramenti, sebbene le cose cambino di molto da stato a stato. Buoni dati anche da Stati Uniti e Giappone, mentre i Paesi emergenti soffrono, tuttavia molto potrebbe cambiare nel giro di brevissimo tempo.
In Europa saranno principalmente due gli eventi che verranno seguiti con molta attenzione, a cominciare, nella settimana che comincia il 2 settembre, con il meeting di politica monetaria della Banca centrale europea. L’evento più importante, tuttavia, avverrà venti giorni dopo, quando gli elettori tedeschi saranno chiamati a rinnovare il Bundestag: quasi certa una vittoria di Angela Merkel, meno sicuro se sarà in grado di governare con il suo alleato dell’ultima legislatura, ovvero il partito liberaldemocratico. Le opposizioni, stando ai sondaggi, sembrano lontane, ma è possibile che siano chiamate al governo in una Grande Coalizione, in particolare il Partito socialdemocratico, nel caso in cui l’attuale cancelliera non dovesse riuscire a trovare una maggioranza. Pesa soprattutto l’incognita del partito Alternative für Deutschland, nato per raccogliere il consenso dei tedeschi che non accettano di pagare la crisi altrui, in particolare quella greca, nonostante sia stata proprio la politica tedesca degli ultimi anni ad essere in certa parte responsabile. A parole quasi tutti i partiti dello spettro tedesco sembrano insofferenti ai salvataggi, tuttavia bisognerà capire dopo le elezioni se si tratta di un semplice inseguimento degli elettori (da tradire usando buonsenso a urne chiuse) o se i politici tedeschi saranno effettivamente irresponsabili, continuando ad essere d’ostacolo alle riforme europee per il proprio tornaconto.
Negli Stati Uniti, invece, nella settimana entrante, verrà letto con estrema attenzione il rapporto sul lavoro rilasciato, come ogni primo venerdì del mese, nella giornata del 6 settembre. La Federal Reserve riunirà il 18 settembre successivo il suo comitato per le operazioni sul mercato aperto, che decide la politica monetaria a stelle e strisce: se tale rapporto dovesse confermare la ripresa del mercato del lavoro statunitense è possibile che l’Istituto possa decidere di avviare il cosiddetto tapering, ovvero il rientro dalla politica accomodante che oggi va avanti a colpi di 85 miliardi di dollari freschi al mese. Le conseguenze, come osservato nel Termometro Finanziario della settimana scorsa, saranno importanti in molte parti del globo.
Il 9 di settembre è atteso inoltre il ritorno dei parlamentari statunitensi nelle aule del Campidoglio: uno dei topic sarà sicuramente quello relativo alle mosse da compiere nei confronti del conflitto siriano. Una escalation del conflitto rischia di far schizzare al rialzo il prezzo del petrolio, di aumentare l’incertezza e quindi di stroncare i barlumi di ripresa economica (per non parlare del rischio di ampliamento geografico del conflitto). Inoltre i parlamentari USA avranno tempo fino al 30 settembre per raggiungere un accordo sul bilancio ed evitare lo shutdown del governo, ovvero, in soldoni, la sospensione delle attività governative per mancanza (contabile) di fondi.
Sempre il 9 di settembre sarà annunciata la stima preliminare del Pil giapponese, in base al quale il governo guidato da Shinzo Abe dovrà decidere se aumentare l’imposta sulle vendite. La scelta è particolarmente difficile: l’aumento delle imposte rischia di deprimere la ripresa economica, tuttavia non aumentarle rischia di far sfuggire ulteriormente di mano la situazione dei conti pubblici giapponesi. Il governo spera in un forte aumento del Pil in modo tale da poter decidere l’aumento delle imposte con il cuore più leggero.
Non bisogna dimenticare che il 5 e il 6 settembre si riuniranno i capi di Stato e di governo dei paesi del G20 a San Pietroburgo in Russia: si parlerà di tasse lavoro e ripresa economica, ma probabilmente verrà trovato spazio anche per la questione siriana.
L’Italia, invece, rimandata in sostanza ad ottobre la soluzione della questione Imu, avrà modo di trastullarsi con la discussione circa la decadenza di Silvio Berlusconi.
Fra gli altri market mover relativi alla sola settimana dal 2 all’8 settembre vanno ricordati i PMI di vari paesi europei, fra cui l’Italia (lunedì e mercoledì), l’ISM statunitense (martedì e giovedì), il Beige Book della Federal Reserve (mercoledì), le riunioni delle banche centrali di Giappone, Inghilterra ed Eurozona (giovedì) e la produzione industriale tedesca (venerdì).
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