Fare o non Fare per Fermare il Declino (parte 1)

Il terzo punto riguarda le tasse, e si prevede un taglio della pressione fiscale di 5 punti in 5 anni. I problemi qui sono tre:

  1. è troppo alta;
  2. è troppo concentrata sul lavoro dipendente;
  3. è troppo confusa.

Il programma di Fare prevede quindi di abbassare IRPEF, IVA, IMU (rendendola, tra l’altro, una tassa esclusivamente locale) e IRAP (magari abolendo quest’ultima) ed eliminare le eccezioni fiscali, tentando di riequilibrare il carico fiscale: per esempio, nonostante un’aliquota altissima, lo Stato incassa relativamente poco dall’IVA, a causa delle eccezioni. Rimando al sito per i dettagli, qui mi limito a osservare che siamo un po’ troppo ottimisti, specie in rapporto all’IRAP, che è l’imposta più odiata da certe aziende perché evaderla è più difficile (con l’IRAP si paga la sanità), per cui temo che il taglio delle tasse sarà necessariamente più mite. Non penso sia un caso che manchi un approfondimento tecnico relativamente a questo punto.

Ad ogni modo la politica fiscale è prevista più espansiva nel 2013 (quando le cose andranno ancora male) e meno negli anni successivi (quando le cose andranno meno male). Siamo anticiclici per bene, insomma (espansivi in recessione, retrittivi in espansione), non come certi governi degli ultimi undici, che in tempi di vacche magre spendevano a secchiate e in tempi di vacche grasse spendevano a carriolate.

Il quarto punto parla di liberalizzazioni. Si comincia parlando di ovvietà: liberalizzare (nel senso vero del termine) significa creare ricchezza reale e posti di lavoro, per cui capite perché io sono favorevole ai carri armati contro caste e corporazioni, associazioni votate all’impoverimento di chi casta non è, veri e propri tumori della società.

Tutte le proposte hanno in comune lo spezzettamento delle aziende pubbliche per linee di business (ad esempio, si deve separare Bancoposta dalle Poste), quindi la loro vendita attraverso gare pubbliche.

Sono proposte commoventi e vi invito a leggerle. Sono poco d’accordo solo su alcuni punti:

  • Non credo sia obbligatorio privatizzare tutto: credo, piuttosto, che i servizi pubblici debbano essere affidati attraverso gare pubbliche a regole certe e con la maggiore trasparenza possibile. Se la gara la vince l’ente pubblico, io sono soddisfatto: deve vincere il migliore, pubblico o privato che sia;
  • Non sono sicuro che sia così efficiente privatizzare le reti (non tutte, almeno) in presenza di monopolio naturale;
  • Per le privatizzazioni si guardi cosa scritto più sopra: a chi? E con quali regole? Devono essere privatizzazioni vere, non robaccia come quella di Telecom, solo per dirne una (ma in questo Paese in cui sono tutti coraggiosi, ma solo coi capitali pubblici, è davvero possibile?);
  • Penso che la RAI vada privatizzata, ma un canale deve rimanere di servizio pubblico finanziato attraverso il canone; ma soprattutto ciò deve avvenire insieme o al più dopo lo smantellamento del duopolio.

Curiosità: Fare chiede la rimozione del tetto alla raccolta pubblicitaria, peccato che quel tetto, previsto dalla Gasparri, mi risulti tendere ai confini dell’universo.

(Continua qui)

Se l’articolo ti è piaciuto, puoi incoraggiarmi a scrivere ancora con una donazione, anche piccolissima. Grazie mille in ogni caso per essere arrivato fin quaggiù! Dona con Paypal oppure con Bitcoin (3HwQa8da3UAkidJJsLRfWNTDSncvMHbZt9).

8 Comments

  1. Grazie dell’analisi, utilissima; inoltre condivido le tue perplessità su alcuni punti. Temo/credo che infine voterò Fare, nella speranza che prima o poi i maggiori partiti vengano contaminati da questo modo di fare politica basato su proposte più o meno dettagliate, invece che su vaghe carte d’intenti (o agende…). Ma come giustamente fai notare, è un’impostazione coraggiosa, ma probabilmente perdente.

    1. Sinceramente mi auguro che qualcuno ci finisca alla Camera, anche se temo colpi più teatrali che altro, alla Pannella.

      Ma almeno direbbero qualcosa di diverso.

Comments are closed.