Questa settimana abbiamo parlato delle due mine vaganti della politica italiana: Beppe Grillo e Silvio Berlusconi.
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Grillo: «Le banche fanno salire lo spread per guadagnarci» La cosa strana è che poi ci perdono un sacco di soldi #serviziopubblico
— Giovanni De Mizio (@ToobyTweet) December 13, 2012
(Ma su Facebook è piaciuto molto di più quest’altro)
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Cos’è lo spread e perché è importante per la serie Economics for Dummies. Potrebbe anche interessarvi il nuovo articolo Come lo spread fa aumentare il costo dei mutui
Grillo e la plutocrazia. Nel Movimento 5 Stelle è iniziata una specie di notte dei lunghi coltelli, in cui gli esponenti del partito non allineati alla strategia del leader ne vengono espulsi senza alcun tipo di confronto interno, solo con lettere degli avvocati. Grillo ha efficacemente riassunto questa epurazione preventiva con un “se non sei d’accordo, sei fuori”. L’ex-comico genovese ha poi detto che il suo partito è il più democratico d’Italia, visto che si vota su tutto (programmi compresi), tranne che su una bazzecola di poco conto: la leadership e la gestione del Movimento, le regole che ne gestiscono la vita, e soprattutto la sua trasparenza. La garanzia che le parlamentarie siano state vere elezioni primarie è nulla, visto che la trasparenza sui risultati, come pure sulla conservazione dei dati dei votanti, è mancata. Un partito dovrebbe evolversi e prevedere strutture nuove man mano che cresce. Grillo dovrebbe chiedere a Di Pietro, che da cinque anni almeno parla di togliere il suo nome dal simbolo e trasformare il suo movimento in partito. Non lo ha fatto ed è finito in crisi e in preda agli scandali. Al momento il M5S è in mano a Grillo e Casaleggio, che decidono in che modo vengono prese le decisioni e poi le influenzano con l’indubitabile carisma del primo e le conoscenze markettare del secondo. E gli va bene il Movimento così com’è: passare da forza di opposizione irresponsabile a partito di governo significherebbe ammettere che molte delle politiche proposte sono complottiste o irrealizzabili o non desiderabili, scatenando la delusione della base, e dunque perdendo la propria rendita di posizione.
Berlusconi e il TSO. Il ritorno di Berlusconi ha scatenato reazioni ovvie e reazioni inimmaginabili. Fra le prime, il ritorno sui TG delle mummie fallite e, di conseguenza, il desiderio del centrosinistra di perdere di nuovo delle elezioni già vinte. Fra le seconde, la creazione di un fronte compatto contro il ritorno di un uomo disperato e sempre più solo, perfino nella sua stessa area. L’effetto di spiazzamento ha avuto subito i suoi effetti, con Berlusconi che, nel giro di pochi minuti, si è dichiarato disposto ad appoggiare prima Monti e poi Montezemolo. Il TSO parrebbe urgente, visto che Berlusconi vuole appoggiare il premier che pochi giorni prima aveva affondato. Intanto la barca affonda e i topi di fogna scappano a fondare altri partitelli. Il PPE ha quasi esplicitamente fatto notare che Berlusconi di popolare non ha nulla (l’esempio più mostruoso è quello sui temi etici). Questo fronte unito (ma ancora piuttosto liquido) nell’area moderata contro il premier meno moderato degli ultimi vent’anni ha mitigato la fiammata dello spread che lunedì si era spinto, come previsto, sopra l’area di 360, anche se resta sopra i livelli precedenti l’informale apertura della crisi di governo. Purtroppo però quell'”uomo malato” ancora gode di carisma e consenso su una buona fetta della popolazione (un 15% di capre, diciamo) pronte a negare ogni evidenza, che unito all’altra mina vagante del paragrafo precedente, potrebbe creare grossi problemi durante una già delicatissima campagna elettorale.
Infine, qualche fatto e qualche banalità sulle armi da fuoco negli Stati Uniti.
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