Settimana in rialzo per le borse europee, ma con segnali che lasciano presagire almeno un inizio settimana all’insegna della prudenza se non delle prese di profitto in attesa dell’evento macroeconomico della settimana, ovvero le elezioni presidenziali e parlamentari negli Stati Uniti.
Gli ultimi sondaggi danno Barack Obama in vantaggio, che potrebbe permettersi anche il lusso di perdere in un paio di grandi Stati come Florida, Ohio e Pennsylvania e vincere comunque la corsa pescando fra i toss-up states più piccoli. È anche vero però che questa manciata di Stati potrebbero smentire i pronostici e portare alla Casa Bianca il repubblicano Mitt Romney.
Dal punto di vista economico il cambiamento sarebbe decisamente importante, anche se Romney, specie in materia fiscale, non sembra avere risposte ad alcuna domanda, avendo cambiato idea già diverse volte su diversi topic, fino a fare ricorso a pure e semplici menzogne pur di attaccare l’avversario, come nel caso della delocalizzazione della produzione delle Jeep, immagine rimasta ferma nei discorsi di Romney anche dopo fact check che l’hanno smentita.
Unica linea ferma nella politica economica di Romney pare essere quella del taglio delle tasse, agendo dunque sul lato dell’offerta, come da (fallimentare) tradizione repubblicana da Reagan in poi. Il problema è che le tasse sono già a livelli bassissimi, e pure da molti anni, specie per i più ricchi grazie ai tagli di imposte decisi da Bush e confermati da Obama fino alla fine dell’anno. Non si capisce come abbassandole ancora (e a chi?) si possa far ripartire una crescita anemica nonostante sia la politica fiscale che quella monetaria siano già fortemente espansive. Appare evidente che lo stimolo all’offerta, in questa congiuntura economica, non ripaga.
La linea economica di Obama pare invece stare dando qualche effetto, se si considerano le ultime notizie dal mercato del lavoro, timidamente positive: una rielezione dell’attuale presidente potrebbe favorire uno nuovo stimolo al mercato del lavoro. La linea Obama, insomma, agirà sul lato della domanda (una posizione più corretta rispetto a quella repubblicana), sostenendo quindi i consumi.
Altro pericolo per l’economia USA è però l’inflazione. Una vittoria di Obama permetterebbe a Bernanke di proseguire la politica monetaria espansiva, anche a costo di attivare una spirale inflattiva che sarebbe comunque piuttosto modesta, secondo diversi analisti. Al contrario una vittoria di Romney porterebbe alla Fed nel 2014 un uomo molto più attento all’inflazione e quindi a una politica restrittiva che però rischia di soffocare la già debole ripresa senza che i nuovi tagli di imposte possano compensarne l’effetto, essendo, per l’appunto, già a livelli minimi.
Scenari dunque diversi ma con un problema comune. Sia con Romney che con Obama è molto probabile che vedremo il debito pubblico salire almeno nel 2013. Perché ciò non determini una tragedia di dimensioni epocali sarà necessario che il prossimo presidente riesca a riportare il Paese a una crescita robusta nel più breve tempo possibile. Un percorso complicato che inizia dal già noto problema del fiscal cliff.
Quanto all’agenda macroeconomica della settimana prossima, lunedì negli USA verrà rilasciato l’ISM manifatturiero che dovrebbe risultare in contrazione, ma comunque sopra i 50 punti che separano l’espansione da una futura contrazione. Martedì un dato simile verrà rilasciato per Italia, Spagna, Francia, Germania e UE, per quanto riguarda i servizi. Purtroppo è previsto che il PMI resterà sotto la soglia dei 50 punti per tutti i Paesi. In Germania conosceremo anche il dato sugli ordini all’industria, atteso ancora in contrazione.
Mercoledì (oltre al nome del prossimo presidente USA) sarà reso noto il dato sulla produzione industriale tedesca, attesa ancora in ribasso su base mensile. Giovedì si terrà la riunione mensile della BCE e della BoE, che renderanno note le proprie linee di politica monetaria, che non dovrebbero mutare rispetto agli ultimi mesi. Gli USA renderanno invece noti la bilancia commerciale, che dovrebbe confermare il deficit dell’ultima rilevazione, e i jobless claims: per quest’ultimo dato è previsto che i nuovi americani ad aver richiesto un sussidio di disoccupazione dovrebbero essere 370mila, in lieve rialzo.
Venerdì la Cina renderà noto l’indice dei prezzi al consumo: l’inflazione dovrebbe avere attenuato la propria corsa, dando così spazio a nuove manovre espansive se il Congresso previsto nelle prossime settimane confermerà la linea di sviluppo attuale. Giornata di indice dei prezzi al consumo anche per la Germania, che dovrebbe vedere prezzi sostanzialmente fermi su base mensile. L’Italia pubblicherà il dato sulla produzione industriale, che dovrebbe tornare in contrazione su base mensile.