Il tempo di sconfiggere il cancro e partiamo con il decreto sviluppo

MelkgeschirrIn questi giorni si parla di decreto sviluppo, ovvero di una legge che dovrebbe far ripartire l’economia italiana.

In verità se ne parla da mesi. Si parla, ma non si fa nulla, si continua a rimandare tutto (e poi dicono che le agenzie di rating non hanno ragione a declassarci).

Nell’attesa mi sono andato a rivedere le biografie dei nostri ministri, ovvero di coloro che hanno potere decisionale, ovvero ancora chi dovrà decidere in che modo l’Italia dovrà svilupparsi.

Già conosciamo del caso assurdo di Giulio Tremonti, ministro dell’Economia non laureato in Economia, bensì in Giurisprudenza, via diritto tributario. Ma gli altri?

Ebbene, di tutti i ministri di Silvio Berlusconi, solo uno ha una laurea con qualche attinenza con l’Economia, ed è Renato Brunetta, laureato in scienze politiche ed economiche. Ma, addirittura, il ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani, ha un “semplice” diploma di maturità classica (tuttavia non stupisce che si stato scelto proprio lui: amico di Berlusconi, il ministero che dirige è anche quello delle Comunicazioni, ovvero delle Televisioni, il che lo rende il ministero per lo Sviluppo Economico del patrimonio di Berlusconi – si rammenti la vicenda delle frequenze che invece di essere affittate in cambio di un sacco di soldi vengono regalate a Berlusconi stesso).

Andiamo un po’ meglio coi sottosegretari (mi limito ai ministeri Economia e Sviluppo): Casero, Giorgetti (Economia) e Polidori (Sviluppo Economico) sono laureati in economia (un totale di un ministro con competenze vagamente economiche e tre sottosegretari in ministeri economici con competenze adeguate almeno sulla carta).

Insomma c’è da piangere. E c’è da piangere soprattutto quando Tremonti, forse l’uomo più sopravvalutato della storia economia italiana, afferma che il problema è che non esiste un driver per la crescita come lo fu l’automobile. E dire che ormai non si contano più gli studi su un driver della crescita che ha dimostrato di creare innumerevoli posti di lavoro, oltre che di prodotto interno lordo: si chiama internet. Tutti investono in questa tecnologia, noi rimaniamo fanalino di coda europeo, mentre i fondi stanziati dall’Italia vengono mano a mano tagliati.

Addirittura qualche mese fa Eric Schmidt, uno dei capi di Google, venne in Italia appositamente per dirglielo: guarda che se investite in banda larga e ultralarga, il PIL fa bunga bunga. Ma niente.

Forse continuano a rimandare poiché si aspettano che la tecnologia inventi un driver per la crescita nei prossimi giorni. Forse Tremonti sta aspettando che inventino le astromobili che ci porteranno dal nostro garage direttamente su Marte, via spaziostrada costruita da Impregilo.

Il tempo di sconfiggere il cancro e siamo pronti.

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