Sono ormai quattro mesi che il ministro dello Sviluppo Economico verrà nominato la settimana prossima (sinora ho contati quattro di questi annunci). Si tratta di un ministero fondamentale per un Paese come l’Italia che rischia di chiudere il 2010 con una crescita sottozero, probabilmente unico Paese fra quelli avanzati.
Ma per Berlusconi quel ministero non è altro che un tovagliolo da mettere sotto alla gamba del tavolo del suo traballante governo. È una carta da giocare, un posto importante da affidare a chi fornirà sostegno alla minoranza di governo (offerto prima a Fini, poi a Casini, etc.).
Per questo motivo il nodo dovrebbe sciogliersi a breve: a fine settembre ci sarà un voto di fiducia che permetterà di capire quali saranno le sorti di questo governo. Se Berlusconi trova i deputati che lo sostengano, è probabile che affiderà a qualcuno di quell’area tale ministero (anche ai finiani, eventualmente, o a qualcuno a loro gradito). In caso contrario, il governo cade e il ministro dello Sviluppo Economico verrà nominato (proposto) direttamente dal prossimo premier.
La telenovela, per me, sta per raggiungere la sua conclusione, in qualche modo. Resta, in ogni caso, la sensazione che noi italiani non siamo altro che burattini e che il nostro denaro e il nostro futuro vengono giocati in una partita fra privati cui interessano solo le proprie televisioni e i propri intrallazzi vari. Perché questo è Berlusconi, questo è il suo governo.
Per questo lo Sviluppo Economico da fondamentale è diventato irrilevante. Alla faccia di precari, disoccupati, cassintegrati e tutti quelli che sono in bilico.
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